Intervista di Pietro De Leo, "il Tempo", 5 febbraio 2020.
«La prateria c'è, ma bisogna saperla individuare e conquistare». Roberto Giachetti, deputato ed esponente di primissimo piano di Italia Viva, sfodera ottimismo rispetto alle prospettive di un progetto di ispirazione liberaldemocratica. Tema che Il Tempo, ieri, ha approfondito con Carlo Calenda. «Bene innanzitutto che se ne parli - spiega Giachetti - lo spazio alternativo ai sovranisti e ai massimalisti è molto e c'è anche un elettorato, circa il 40%, che non si riconosce nell'attuale offerta politica».
Chi potrebbe farne parte?
«Oltre a noi, Azione di Calenda e +Europa, c'è tutto un universo liberale e riformista. Ci sono i socialisti, i radicali di Marco Pannella con le loro battaglie importanti sulla giustizia. Potenzialmente ci sarebbero anche i Verdi, se compissero la virata verso il riformismo anche qui, come già è avvenuto in Europa. E poi penso, ad esempio, ai molti di Forza Italia che non accettano l'abdicazione al sovranismo. E a quella parte di Pd disorientato dall'abbraccio con il Movimento 5 Stelle. Credo che tutto questo possa arrivare a rappresentare un buon 15%».
Calenda, però, vede come ostacolo a questo progetto la vostra presenza al governo. Come risponde?
«Ecco, questa è la parte su cui non sono d'accordo con Calenda. Vero è che c'è una differenza tra chi è al govemo e chi non è al govemo. Ma è altrettanto vero che adottammo quella scelta per affrontare una fase di emergenza, e che la permanenza in questa maggioranza spesso ci fa sentire tutto il peso di quella scelta».
Senza dubbio. Ma come si scioglie il nodo, allora?
«Guardando in prospettiva. Costruire un progetto liberaldemocratico e riformista non è una cosa da fare nell'ottica del day by day, della stretta contingenza. Ma della prospettiva. Dobbiamo lavorare a un confronto che sia permanente, che guardi al Paese nel suo complesso, ad un programma di ampio respiro. D'altronde, sul territorio stiamo già cominciando a dimostrare la potenzialità di tutto questo. Lo dimostra l'embrione di accordi che Italia Viva con Azione e +Europa ha messo in campo per il collegio Roma Centro oppure in Puglia. Il primo avvio del motore è andato bene».
Anche nella sedicesima legislatura nacque un Terzo Polo. Ma non ebbe fortuna. Perché questo dovrebbe funzionare?
«Perché dovrà fare esattamente il contrario di quell'esperienza, scaturita da un obiettivo di contrapposizione pura rispetto a Berlusconi. Noi non dobbiamo essere terzi a nessuno, né essere moderati, ma riformisti radicali. Per questo è doveroso costruire una proposta seria. Se metti su una cosa in cinque giorni muore subito».
Quindi l'ottica al 2023.
«Sì, al programma per l'Italia da sottoporre ai cittadini nel 2023. Non dobbiamo fare un partito riformista, ma una rivoluzione rifomista, cosa ben diversa. E cosa più faticosa. La prateria esiste, ma il percorso per arrivarci è lungo e non può essere diversamente. Non dobbiamo fare un percorso figlio delle furbizie o delle scelte tattiche. Bisogna crederci».