Europa estero

Garavini: "L'Europa rialzi la testa"

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L'intervento della parlamentare di Italia Viva, pubblicato sul numero di giugno 2020 della rivista "Air Press".

L’Europa è viva. Più viva che mai. La proposta della Commissione di istituire il programma di Recovery Fund, Next Generation UE, è la risposta che ci voleva. Certifica quanto l’Unione Europea sia preziosa, anche e soprattutto nelle situazioni di difficoltà. Dimostra che è possibile un percorso di ricostruzione solidale. Solidale verso l‘Italia - che è il Paese che ne approfitta di più - e verso quei paesi che, come noi, hanno sofferto maggiormente dell‘emergenza coronavirus.

In questo modo l’Europa pone le premesse per vincere una delle sfide più ambiziose: trasformare in opportunità la difficile crisi causata dalla pandemia sanitaria. E costruire un'Europa ancora più unita ed integrata. Adesso bisogna adoperarsi affinché le risorse a disposizione vengano spese al meglio. Per investimenti in crescita e sviluppo. Così da creare posti di lavoro. Rafforzando anche la ricerca. Per compiere uno scatto in avanti, in termini di modernizzazione.

In tutto questo è importante non dimenticare che l’Europa può avere un futuro post coronavirus solo nella misura in cui riesce a svilupparsi in pace ed in sicurezza. E se ci chiediamo che cosa sia utile fare per trasformare la crisi attuale in opportunità, sarebbe un errore non parlare di difesa e di politica estera - ed in particolare di difesa e di politica estera europea. Cominciamo allora con un’analisi franca. Alle nostre porte abbiamo degli scenari geopolitici complessi, che mettono in pericolo la nostra sicurezza, essenziale per raggiungere quella prosperità post coronavirus che tutti auspichiamo. Ecco perché tra le misure da mettere in campo per la ripresa non può mancare una strategia comune di sicurezza estera che dia all‘Europa una capacità vera di realizzare processi di pace. Così da affrontare al meglio quelle situazioni difficili che abbiamo nella sfera geopolica di nostro interesse. Ad esempio in Libia, in Siria, nel Mediterraneo orientale. Conflitti che possono avere ripercussioni strategiche sul nostro Paese e sull‘intero continente.

In tema di approvvigionamento energetico. Ma anche per la tutela da attentati terroristici o rispetto ai flussi migratori. È necessario quindi che l‘Unione europea acquisti peso e protagonismo nella politica di difesa e di sicurezza, e che diventi attore di politica estera a tutela degli interessi dell‘intero continente. Non per diventare artefice di aggressioni, ma per essere in grado di essere forza di pace e di stabilizzazione. Per questo proprio in questa fase politica di rilancio dell‘Europa non può che ripartire anche il processo per l‘implementazione di un esercito comune europeo, un tassello fondamentale per dare all‘Europa quella capacità di sicurezza e pace che è alla base di tutta la prosperità. L‘emergenza coronavirus ha reso ancora più evidenti i limiti e le crisi delle alleanze geopolitiche storiche, nel contesto internazionale attuale. Da un lato l‘America-first di Donald Trump fa sì che gli Stati Uniti rinuncino sempre più frequentemente a quel ruolo di garante della sicurezza mondiale che avevano svolto in passato. Intervengono sempre meno in scenari di crisi internazionali, per noi vicini e strategici. Lasciando che delle potenze con grandi ambizioni come la Russia o la Turchia, nel tentativo di imporre la loro sfera di influenza, giochino un protagonismo autoritario a poche migliaia di chilometri dalle nostre frontiere. Nel frattempo anche la Cina cerca di insinuarsi in Europa come potenza economica. Rileva sempre più spesso aziende in difficoltà a prezzi stracciati. E coltiva una martellante azione di proselitismo nei diversi paesi occidentali, presentandosi, anche durante la pandemia, con la rassicurante narrazione del generoso benefattore.

L‘Unione Europea non può restare inerte di fronte all‘evolversi di queste tendenze. Bisogna che l‘Europa si attrezzi per essere attore di pace. E non passivo spettatore delle guerre altrui. Ecco perché è necessario che la difesa europea e la sicurezza estera giochino un loro ruolo nella ripresa post covid. Tanto più perché investimenti in questo settore vanno nella direzione da noi auspicata: sono un impulso per la ricerca, la modernizzazione, la crescita ed il lavoro. Ogni euro investito in difesa produce 2,6 euro di indotto. Con ricadute notevoli sul fronte economico. Inoltre gran parte delle scoperte realizzate dal comparto della difesa, hanno avuto straordinarie ricadute nel settore civile. Giusto per fare alcuni esempi: i navigatori satellitari, come pure l‘uso di internet, o quello dei droni, sono nati da ricerche legate al mondo militare. Tutte innovazioni che hanno poi avuto un uso duale, con vantaggi inestimabili. Bene quindi la lettera congiunta dei quattro ministri della difesa di Italia, Francia, Germania e Spagna, che nei giorni scorsi si sono rivolti alla Commissione europea con l‘invito ad aumentare gli investimenti per la difesa e la sicurezza nell’Unione Europea, nell‘ambito della cooperazione Strutturale permanente Pesco.

Le misure che si andranno ad adottare nei prossimi mesi ed anni per uscire dalla crisi prodotta dal covid-19, sono destinate a segnare il futuro del nostro Paese e di tutta l‘Europa. Affinché possa essere un futuro di pace, all’insegna di una Unione Europea che sia ancora di più modello di integrazione e di sviluppo, difesa e sicurezza europea non possono che essere pilastri portanti della ripresa post covid.