Intervista alla parlamentare di Italia Viva, di Errico Novi, "Il Dubbio", 6 novembre 2020.
«Come prima cosa chiamiamo l'Antitrust». Sembra una battuta. «No, dico sul serio serio: chiamiamo l'Antitrust nel senso di introdurre una legge che vincoli l'authority a sanzionare tutti quelli che violano l'equo compenso. Innanzitutto chi, come banche, assicurazioni e grandi imprese, nonostante la legge sia chiara, insistono nello sfruttamento del lavoro intellettuale». Silvia Fregolent, deputata di Italia Viva, è stata scelta non a caso da Renzi come responsabile del Tavolo professioni per la Leopolda: è sabauda, avvocata e concreta.
Parla chiaro anche a proposito dell'ultimo avvilente caso segnalato dall'avvocatura — e raccontato ieri dal Dubbio — di una compagnia assicurativa, straniera ma operante in Italia, che ha pensato bene di aggirare i parametri forensi, a cui dovrebbe attenersi, secondo la legge sull'equo compenso, nello stipulare convenzioni con i legali fiduciari.
Precisamente, ha individuato una decina di avvocati (su 250) e ha proposto a ciascuno di scaricargli addosso una gran parte del contenzioso dietro un onorario a forfait, alto ma in realtà modesto vista la quantità di lavoro richiesto; col risultato che gli avvocati in questione, se vorranno ottenere la somma pattuita, o dovranno sottopagare qualche giovane collega a cui delegare gran parte delle liti oppure dovranno dividere con altri il carico e, appunto, la solita retribuzione da schiavismo organizzato.
Che le pare, onorevole Fregolent? Si può tollerare che un "committente forte" si faccia beffe fino a questo punto della legge?
No. Anche se non c'è mai limite alla fantasia delle violazioni, in realtà si tratta di una cosa ricorrente. Naturalmente è favorita anche dalla nuova, incontrollabile realtà delle società di capitali costituite sì con professionisti ma in realtà controllate dalle corporation. Ma non è una dinamica irrisolvibile.
Basterebbe che lo Stato si facesse rispettare. Orlando e Salvini, al Festival del Lavoro di fine ottobre, si sono impegnati a proporre una legge condivisa per rafforzare l'equo compenso. C'è il delirio sul covid, per carità: ma visto che anche voi di Italia viva siete nella maggioranza, cosa intendete fare? Si resta agli annunci?
Sa, io credo che quando poi si tratta dimettersi contro i committenti forti, come li si definisce nella legge sull'equo compenso, un po' di tremarella scatta. Voglio proprio vedere. Siano concreti, il nostro alleato Andrea Orlando e il leader d'opposizione Matteo Salvini.
E secondo lei come potrebbe, una modifica delle norme sull'equo compenso, risolvere l'enormità raccontata dal Dubbio? Multe dell'Ivass alle assicurazioni che ricattano i legali?
Tanto per cominciare, qui si tocca un tasto molto dolente: mi occupai di reclamare dall'Ivass, l'ente che controlla le compagnie assicurative, interventi per riportare un minimo di equilibrio nei premi chiesti dalle società nelle varie regioni, spesso mostruosamente diversi. Mi risposero: non abbiamo poteri per intervenire.
E quindi come si fa?
Via più semplice: si chiama in causa l'Antitrust. Perché una storia come quella raccontata dal suo giornale ha un connotato chiarissimo: è una smaccata violazione delle regole sulla concorrenza. Di fatto la compagnia in questione ha attratto i legali fiduciari in un accordo parallelo dietro la richiesta vincolata di aderire a un prezzo unitario per causa, ribassato rispetto ai parametri forensi. Ovvio che chi non avesse aderito avrebbe perso di fatto il lavoro. Nella sostanza è così. Bene: è appunto una violazione della concorrenza. Interviene l'Antitrust e sanziona. Semplice. Niente Ivass, anche perché è preferibile individuare un unico garante che faccia rispettare l'equo compenso da parte di qualsiasi committente. Non possiamo avere vigilanti diversi a seconda che si tratti di una banca, di una assicurazione o di una grande impresa.
Ottima idea, onorevole. Il punto è che l'Antitrust è culturalmente contraria all'equo compenso.
Non può esserlo. E comunque lo Stato può dare all'Antitrust gli strumenti e gli indirizzi perché operi in una determinata direzione.
Quindi l'eventuale legge di Orlando e Salvini dovrebbe stabilire questo?
Assolutamente sì. Mi sembra una strada percorribile, semplice, chiara e giusta. Oltretutto la legge sull'equo compenso fa riferimento ai parametri, i parametri forensi nel caso degli avvocati, che sono riferimenti flessibili. Non sono fissi, prevedono riduzioni a seconda del caso. Sì, ma la nuova formulazione del decreto 55 del 2014, aggiornato proprio da Orlando tre anni fa, ha doverosamente reso i minimi inderogabili, almeno per il giudice che liquida. A un professionista credo si possa almeno riconoscere il minimo previsto all'interno di un range in cui i parametri appunto prevedono anche compensi superiori. Ma il punto vero è decidere cosa vogliamo fare coi professionisti. Ecco, voi della maggioranza cosa volete fare coi professionisti? Dobbiamo renderci conto che il riferimento non sono i grandi studi a cui i ministeri chiedono le consulenze milionarie. Non sono le società di capitali, i legali che fanno consulting per le grandi imprese. La maggioranza degli avvocati, e parlo di loro per la mia estrazione, se li sogna, i compensi milionari. E sempre più numerosi saranno coloro che si vedranno costretti ad accettare un onorario basso pur di averne uno. Non si può assistere a uno spettacolo simile senza dire nulla.
Solleciterete un cambio di passo, come Italia viva?
Lo sollecitiamo da tempo. Non ha idea della battaglia che abbiamo condotto sui finanziamenti a fondo perduto, i bonus e altre zone d'ombra lasciate in questi mesi dal governo sulle professioni. Sa cosa ci rispose Roberto Gualtieri, ministro del Pd, quando chiedemmo di non escludere dal bonus dei 600 euro i professionisti iscritti anche a una seconda cassa previdenziale?
Cosa disse?
Io non do il bonus da 600 euro ai milionari. Ecco, l'idea del professionista dalle consulenze superpagate è evidentemente uno stereotipo duro a morire.
Bonus track: al Senato discutono su una legge che elimini la responsabilità del professionista, e anzi lo rimetta in termini, se si ammala seriamente in prossimità di una scadenza: si può trovare il modo di applicarla anche agli avvocati?
Non è semplice. È molto interessante, la proposta, credo che potrà tutelare soprattutto i tributaristi, coloro che producono per conto del cliente adempimenti in favore della pubblica amministrazione. L'avvocato opera in favore del cliente, non del potere pubblico, e comunque un meccanismo di rimessa in termini finirebbe per aprire contenziosi infiniti sulle prescrizioni. Mi pare che ai professionisti si debbano offrire meno alchimie normative e più soldi. Ecco, se l'avvocata ha una gravidanza difficile e non può andare in udienza non è che le devi rinviare il processo: devi offrire delle detrazioni in modo che possa permettersi di affidare quel particolare incarico a un collega senza perdere il cliente. Soldi, detrazioni: ecco di cosa hanno bisogno i professionisti. Certamente non di annunci lasciati nel vuoto.