economia elezioni 2022

Fortis: "Le riforme liberali spingono lo sviluppo"

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L'intervento su "il Sole 24 Ore", 23 agosto 2022.

"È singolare come a ogni avvio di campagna elettorale i politici italiani "riscoprano" l'importanza dei ceti produttivi, del popolo delle piccole e medie imprese, degli artigiani, dei piccoli negozianti e delle partite Iva. E si lancino nelle promesse più disparate per accattivarsi le simpatie di questa importante fetta di elettorato", scrive Marco Fortis, oggi, dalle colonne de "il Sole 24 Ore".

La promessa più ricorrente, sottolinea il professore, "è quella di una rivoluzionaria riduzione della pressione fiscale, presentata sempre come una manovra tutto sommato facile da realizzare, quasi che il nostro Paese avesse margini finanziari amplissimi e non invece ristrettezze conclamate di bilancio a causa del suo elevato debito pubblico".

Una promessa che è un cavallo di battaglia del centro-destra. Tuttavia, spiega Fortis, "nella storia del nuovo secolo non è mai accaduto che governi di centro-destra, come i governi Berlusconi II, III e IV, o esecutivi con una importante quota di partiti di centro-destra nella compagine di maggioranza, come il governo Conte I sostenuto dalla Lega, siano riusciti a ridurre il tax rate".

Fortis espone i dati Istat e ci spiega che "durante i governi Berlusconi II e III (dal 2001 al 2006) il valore medio annuo del tax rate è salito dal 39,9% al 40,1% del Pil. Durante il governo Berlusconi IV (dal 2008 al 2011) è passato dal 41,2% al 41,3 per cento. Durante il governo lega-stellato Conte I (dal 2018 al 2019) il tax rate è addirittura balzato dal 41,7% al 42,3% in un anno".

Allo stesso modo, dati alla mano, Fortis ci dice che "negli ultimi venti anni prima del Covid-19 gli unici governi che siano riusciti a ridurre il tax rate senza pregiudicare i conti pubblici, anzi migliorandoli, sono stati i governi liberal-riformisti di Renzi e Gentiloni".

Fortis ci presenta anche i dati di questi governi: "il governo Renzi (dal 2014 al 2016) ha ridotto il tax rate di 1,2 punti percentuali (senza contare gli 80 euro, stimabili in un ulteriore calo indiretto della pressione fiscale dello 0,6%) rispetto al massimo storico del 43,4% del governo Letta, abbassando il rapporto al 42,2 per cento. Il governo Gentiloni (nel 2017) ha ulteriormente ridotto il tax rate di 0,4 punti, portandolo al 41,8 per cento".

"Coloro che oggi propongono acrobatiche flat tax senza copertura (o che le avevano già promesse in passato) alla prova dei fatti non hanno mai realizzato nelle loro esperienze di governo alcun risultato concreto in termini di riduzione delle imposte e delle tasse, il che non depone certo a favore della loro credibilità in questo campo", scrive Fortis.

Passando ai risultati economici conseguiti, come già detto nell'articolo "Riforme, sviluppo da 78 miliardi per l'Italia", Fortis ribadisce che "solo con le riforme e con politiche mirate per lo sviluppo l'Italia è riuscita a tornare a crescere negli ultimi anni".

"Nelle fasi recenti di maggiore espansione della nostra economia - cioè durante i governi Renzi, Gentiloni e Draghi - il rilancio e la difesa del potere d'acquisto delle famiglie e l'aumento degli investimenti sono stati messi al primo posto tra gli obiettivi da raggiungere. I risultati conseguiti si sono fondati su programmi e interventi non soltanto efficaci, ma anche compatibili con lo stato delle nostre finanze pubbliche", prosegue Fortis.

Fortis passa poi ad analizzare il caso di due settori pilastro dell'economia italiana per i quali sono disponibili dati puntuali trimestrali sul valore aggiunto: l'industria manifatturiera e l'aggregato commercio, trasporti, alloggio e ristorazione.

Fortis ci spiega che "durante i governi liberal-riformisti (Prodi II, Renzi, Gentiloni, Draghi) il valore aggiunto complessivo di manifattura, commercio, trasporti e magazzinaggio, alloggio e ristorazione è cresciuto in Italia di 149 miliardi di euro a valori concatenati 2015, prendendo come riferimento gli ultimi dodici mesi dei governi precedenti (il 2020 nel caso del governo Draghi)".

Invece, "i governi di centro-destra (Berlusconi II, III e IV) hanno fatto registrare un arretramento del valore aggiunto complessivo dei due settori di 26,9 miliardi, mentre durante i governi dell'austerità il calo è stato di 20,6 miliardi. Infine, durante il Conte I, il valore aggiunto di manifattura, commercio, trasporti e turismo è cresciuto di appena 5,4 miliardi".

Dunque, scrive Fortis, "anche se tutti i partiti nei loro proclami dicono di voler sostenere i ceti produttivi e di essere i più autentici paladini dell'Italia che lavora, la storia degli ultimi 22 anni dimostra che i canti di molte sirene che ancora oggi tengono banco nell'agone politico in passato non hanno affatto generato la crescita promessa". "Dopo anni di ripetute delusioni, di fronte alla nuova ondata di promesse irrealizzabili a cui stiamo assistendo in questi giorni - conclude Fortis - gli unici parametri non ingannevoli a cui gli elettori dovrebbero guardare per orientare le loro scelte di voto dovrebbero essere, oggi più che mai (soprattutto dopo aver visto il presidente Draghi all'opera): credibilità, competenza, idee chiare e coraggio e capacità di tradurle in azioni efficaci di politica economica".