L'intervento su "il Sole 24 Ore", 12 ottobre 2022.
Con le elezioni del 25 settembre la maggior parte degli italiani sembra aver archiviato quasi con indifferenza l'era Draghi. Del resto, è abbastanza comune nel nostro Paese dimenticare velocemente lo scampato pericolo dopo crisi profonde dalla nostra vitale (ma indebitata e vulnerabile) economia allorché viene finalmente riacciuffata la ripresa. Basti pensare a come è stata pressoché completamente rimossa dalla memoria collettiva la tempesta dei debiti sovrani del 2011 e tutto quanto ne è seguito, inclusa la lunga e faticosa traversata nel deserto dell'austerità che abbiamo dovuto affrontare per lasciarci alle spalle l'incubo dello spread arrivato a livelli record.
Quando Draghi ha preso la guida del Paese a inizio 2021, eravamo nel pieno di un'altra recessione epocale: c'erano simultaneamente la pandemia da sconfiggere, i mercati da tranquillizzare, il Pnrr da disegnare e portare all'approvazione dell'Europa e un'economia in ginocchio da rilanciare.
In un anno e mezzo Draghi ha centrato contemporaneamente tutti e quattro gli obiettivi ed è riuscito dove probabilmente nessun altro avrebbe avuto analogo successo, alla guida di un esecutivo di unità nazionale con anche molti ministri capaci.
Gli italiani però hanno la memoria corta e tutte le volte che superano una grande crisi poi si comportano come se ciò fosse accaduto quasi unicamente per una sorta di stellone fortunato che mai ci abbandona piuttosto che per gli sforzi e i duri sacrifici fatti, dimenticando regolarmente anche le nostre criticità, a cominciare dall'elevato debito pubblico.
Tuttavia, quello che ha fatto il governo Draghi in un anno e mezzo non trova precedenti nelle fasi di uscita dalle passate recessioni della nostra economia. Ed è bene ricordarlo e sottolinearlo a futura memoria, non soltanto a parole, ma soprattutto con il supporto dei numeri.
Mai era accaduto in questo secolo, dopo le tre successive crisi della concorrenza asimmetrica asiatica (1999-2002), dei mutui subprime (2008-2009) e del debiti sovrani (2011-2013), che la nostra economia ripartisse come questa volta. Merito di riforme già avviate precedentemente, come quella renziana della fiscalità degli investimenti del Piano Industria 4.0, che aveva rafforzato la competitività della nostra manifattura già prima della pandemia, ma merito anche e principalmente del governo Draghi, che ha gestito con successo la campagna vaccinale ripristinando la normalità nelle attività sociali ed economiche, ha fatto decollare un Pnrr fino a quel momento impantanato e da ultimo ha anche eretto con prontezza importanti argini a difesa del potere d'acquisto delle famiglie di fronte ai rincari dell'energia e all'impennata dell'inflazione. Basti pensare che, come indicano i dati Istat, grazie alle diverse misure anti-inflazione adottate, il potere d'acquisto degli italiani è rimasto sostanzialmente invariato nel secondo trimestre del 2022 rispetto ai primi tre mesi dell'anno, nonostante il forte aumento nominale dei prezzi.
Ma soprattutto, non era mai successo prima che l'Italia balzasse in testa alle graduatorie della crescita economica mondiale come durante gli ultimi 18 mesi. Le ultime revisioni statistiche operate dall'Istat hanno mostrato una dinamica del Pil italiano perfino migliore di quella tratteggiata dalle stime preliminari. Infatti, prendendo come riferimento i Paesi del G7, negli ultimi 6 trimestri l'economia italiana è quella cresciuta di più assieme a quella britannica (che però partiva da valori assai più depressi dei nostri), con un aumento cumulato del Pil italiano rispetto al quarto trimestre 2020 del 7,9% (si veda la tabella). Per inciso, la nostra economia è progredita a un tasso superiore perfino rispetto a quella cinese e coreana. Qualcuno potrebbe obiettare che tale forte crescita dell'Italia è stata un mero "rimbalzo" dopo la profonda caduta subita dal nostro Pil durante la pandemia. Ma non è stato così. Il nostro Paese ha riguadagnato i livelli precrisi con maggiore reattività e intensità di altre economie, tra cui ad esempio la Germania o la Francia, che pure avevano avuto dei lockdown meno severi del nostro. Sicché, a consuntivo, l'Italia risulta oggi terza nel G7, dopo gli Stati Uniti e il Canada (entrambi meno rallentati dal Covid-19), per incremento del Pil rispetto al quarto trimestre 2019, antecedente lo scoppio della pandemia. Mentre l'economia del Regno Unito è l`unica del G7 a non aver ancora riguadagnato i livelli precrisi, come sottolineato anche dallo Uk Office for National Statistics. L'Italia è altresì il Paese del G7 il cui Pil ha fatto registrare la migliore variazione congiunturale (+1,1%) e tendenziale (+5%) nel secondo trimestre 2022, a dimostrazione di una significativa capacità di tenuta della nostra economia, nonostante l'impatto negativo della guerra russo-ucraina e dei rincari dell'energia e dell'inflazione. E l'Italia figura ora anche seconda nel G7 per crescita acquisita nel 2022 dopo i primi sei mesi dell'anno (+3,6%) alle spalle del Regno Unito (che però, come detto in precedenza, è ancora molto in ritardo rispetto al quarto trimestre 2019).
In definitiva, l'Italia di Draghi è stata la sorpresa assoluta del 2021-2022. Così come a inizio 2021 nessuno scommetteva sulle capacità di ripresa del nostro Paese, il cui Pil avrebbe poi stupito tutti crescendo del 6,7% (ultima stima Istat, ulteriormente rialzata di un decimale), anche a inizio 2022 le previsioni per la nostra economia apparivano alquanto modeste. Il Fondo monetario internazionale, nel suo World Economic Outlook di aprile 2022, ci attribuiva addirittura una previsione di crescita nel 2022 soltanto del 2,3%, la più bassa del G7 assieme a quella della Germania. Ma poi nei primi sei mesi del 2022 l'Italia è nuovamente stata protagonista di uno sviluppo inaspettato e risulta oggi in testa nel G7 nella graduatoria della differenza tra la crescita acquisita e le previsioni di inizio anno (ormai completamente superate nei fatti). Adesso, con il boom del turismo estivo e la tenuta dei consumi garantita dalle misure contro l'inflazione, potrebbe perfino accadere che il Pil italiano aumenti di qualche decimale anche nel terzo trimestre. Sarebbe un ulteriore grande risultato, anche se alcuni prevedono semplicemente una crescita zero. Ma, comunque andrà, l'Italia archivierà il 2022 con un risultato molto positivo, anche al netto di un'eventuale frenata nel quarto trimestre dovuta al sempre più difficile contesto internazionale.