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Firenze, Claudio Bianchi: "Fermarsi è necessario alla ripartenza"

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Un articolo di Chiara Marconi.

Raggiunto telefonicamente Claudio Bianchi, Presidente di Confesercenti Firenze, per avere una panoramica sul momento che stiamo vivendo.

La prima cosa che ha tenuto a sottolineare è stata la grande necessità di fermare il nostro impianto economico, di arrestare le nostre abitudini, le nostre vite, rendendole sospese per un tempo limitato, per il bene della salute pubblica. “Fermarsi è necessario alla ripartenza - inizia così - lo è per poter accorciare i tempi in cui torneremo a vedere la luce, se le persone non capiscono che devono restare a casa, per il bene loro, ma anche nostro, se non si capisce questo, il tempo sarà impietoso”.

E continua: "Di quanta liquidità dovremmo aver bisogno se si continua a posticipare il ritorno alla normalità? Capisco che sia uno shock per tutti chiudere i bandoni, restare ognuno a casa propria, continuare a farlo per giorni, ma è l’unica soluzione per non incorrere in un dover scegliere - ha sottolineato questo importante passaggio facendo un parallelo con quello che accade ahimè oggi nel settore medico per mancanza di materiale - "se si continua a far trascorrere il tempo dovremo scegliere chi salvare e chi invece far“annegare, in questo caso si parla a livello economico”.

La situazione che ci prospetta non è delle migliori, secondo Bianchi il 20/30% delle imprese dopo questo stop si fermerà definitivamente, cambierà ci dice anche il tipo di socialità a cui eravamo abituati prima dell’avvento di questo virus.

Si parla di un nuovo modello di socializzazione quindi? “Sì, il modello italiano cui siamo da sempre abituati è basato sull’interazione stretta tra soggetti, tendiamo quotidianamente a questo, lo stesso PIL si basa su questo tipo di legame, dovremmo quindi cogliere la tendenza e riconvertire tutto il nostro sistema”.

"Riuscire a modificare un modello sociale così radicalmente inserito in ogni ganglo non sarà certo facile da scardinare, ma inevitabile al fine della ripartenza per il nostro paese, pesanti saranno gli strascichi, che toccheranno settori economici come quello dell’abbigliamento, del welness, delle stesse palestre. Alla fine di questa epidemia la paura sarà tanta e lo stesso avvicinarsi al prossimo determinerà una nuova visione, anche il nostro modello culturale non sarà più lo stesso, teatro, cinema, musei, tutto opterà per una inevitabile modifica", spiega Bianchi.

In chiusura, lancia un monito nei confronti dell’Europa: in futuro ci sarà ancora l'Europa? Come pensano di valutare la tassazione che deriva dagli acquisti online? Si potrà prevedere un visone più unitaria, della stessa in tutta Europa? "La paura - spiega Bianchi - di un nazionalismo imminente spaventa tutti, la chiusura delle frontiere, la devastante prospettiva di tornare indietro anni luce, di perdere il lento è inevitabile avanzare che fino ad oggi vedevano trasformare le nostre relazioni, verso un mondo invece che traccia i suoi limiti".

Resta la domanda da fare a tutti noi: che tipo di normalità troveremo? Sapremo cogliere il cambiamento? Vorremo lasciarci schiacciare da questo virus? Oppure come invece intuiremo le nuove indicazioni che questo nuovo frangente ci prospetta e sapremo riconvertirci? "Lo stanno già facendo molte aziende - conclude Bianchi - e riusciremo a farlo anche noi, siamo italiani, un popolo di artisti, di ingegneri e sognatori, sapremmo disegnare nuovi orizzonti così come i nostri padri hanno fatto in momenti di estrema difficoltà, insieme uniti vinceremo".