L'intervista pubblicata da "la Nuova Periferia", 14 dicembre 2021.
Tra le voci più autorevoli sull'argomento c'è sicuramente quella dell'Onorevole Roberto Giachetti, in forza a Italia Viva e vicepresidente della Camera dei Deputati nel corso della diciassettesima legislatura. È uno dei promotori più noti della raccolta firme andata in scena in questo 2021 per ottenere la possibilità di richiedere un Referendum sul tema dell'Eutanasia Legale. Inevitabile, con lui, non provare ad approfondire alcune sfaccettature del tema.
Onorevole Giachetti, quella della battaglia sul "fine vita" è una vicenda che affonda le sue radici negli anni passati. Guardandosi indietro, quanti passi avanti sono stati percorsi fino ad ora?
«È innegabile che qualcosa si è mosso. Come hanno dimostrato la sentenza di assoluzione di Marco Cappato e Mina Welby del 2020, o il caso recente di "Mario" ma anche la straordinaria partecipazione alla raccolta firme per il referendum. Mi pare ci sia una presa di coscienza forte in tutto il paese, gli italiani chiedono che si legiferi su questi temi e la politica, o meglio il parlamento, deve fare la sua parte necessaria».
Il caso di "Mario", il paziente marchigiano cui è stato riconosciuto un diritto che chiedeva da anni, è destinato a fare giurisprudenza e storia. Lei si è battuto a lungo per questo genere di diritti, come ha vissuto questa sentenza?
«Ovviamente l'ho vissuta con "soddisfazione" per l'ennesimo segnale che arriva su questa battaglia di civiltà, ma al tempo stesso ribadisco che davvero il tempo è scaduto: non possiamo permetterci più di restare attaccati alle sentenze dei giudici, ignorando le nostre responsabilità e quello che è il compito del Parlamento. Questa sentenza è un ulteriore passo avanti e un ulteriore monito per noi parlamentari. Portiamo questo tema dentro le aule, poniamolo al centro del dibattito, discutiamone, ognuno rispondendo alle proprie posizioni politiche e morali, ma prendiamoci la responsabilità di votare una legge perché questo è il nostro ruolo».
Durante i banchetti per la raccolta firme per la proposta del referendum avrà incontrato molte persone, di diversi territori e dalla più varia estrazione sociale. Ha notato un cambiamento di sentimento comune rispetto a temi quali eutanasia e, più in generale, fine vita?
«I numeri parlano chiaro, sono state raccolte oltre un milione e 200mila firme dall'associazione Coscioni che sono state convalidate dalla Cassazione lo scorso giovedì 9 dicembre, la maggior parte cartacee; però è interessante anche notare che molte persone hanno avuto la possibilità di sottoscrivere la raccolta firme in modo digitale. Io credo che in questi anni i casi e le sentenze che abbiamo citato sopra abbiano sicuramente squarciato un velo su temi delicati che in passato in qualche modo venivano evitati del tutto o rappresentavano un tabù per parte di quello che siamo soliti chiamare "il paese reale". Tanto hanno fatto le battaglie di associazioni e di singoli, ma certo un'informazione istituzionale più approfondita non avrebbe guastato e non guasterebbe».
Più volte lei è stato protagonista di inviti e appelli ai suoi colleghi della Camera affinché si procedesse a legiferare su questo tema. È mai possibile che debbano essere sempre e solo i "processi" a dover indicare la strada attraverso le decisioni dei giudici?
«Mi pare di aver anticipato la domanda e averle già risposto, ma aggiungo che in uno dei miei interventi alla Camera, proprio all'indomani della sentenza che assolveva definitivamente Mina Welby e Cappato, mi appellai al Presidente Fico ricordandogli come nel suo primo discorso da Presidente della Camera avesse chiesto a tutti i parlamentari di essere promotori e farsi garanti nel portare in aula e votare le tante leggi di iniziativa popolare, e avevo chiesto a lui di impegnarsi proprio per calendarizzare la proposta di legge del 2013».
Quanto è stata, soprattutto a livello locale, la mobilitazione di gruppi consiliari e di volontari che si sono mobilitati direttamente sul territorio per portare avanti queste istanze dei cittadini?
«Sicuramente ci sono stati tanti volontari che hanno lavorato senza tregua per tenere alta l'attenzione e in vari consigli comunali d'Italia sono state presentate mozioni da esponenti politici di diversi partiti che impegnavano le amministrazioni locali a farsi promotrici di iniziative di sensibilizzazione su questo argomento, e questo lavoro e impegno è stato fondamentale perché ha fatto diventare importante questo tema».
Quali saranno i prossimi passi da compiere necessariamente è che cosa si aspetta per i prossimi tempi alla luce del grande riscontro che è stato ottenuto con la raccolta firme dei mesi scorsi?
«Andiamo per gradi: a inizio legislatura nel 2018 questo Parlamento si è trovato in eredità la proposta di iniziativa popolare per la legalizzazione dell'eutanasia, quella che le ho citato prima. Le commissioni riunite Giustizia e Affari sociali hanno atteso gennaio 2019 per incardinare il dibattito e abbinarla a altre sette proposte parlamentari. Poi solo una lunga serie di rinvii fino a luglio di quest'anno quando finalmente le Commissioni hanno adottato un testo unico su cui iniziare a discutere, faccio notare che questo scatto c'è stato nel momento in cui la raccolta firme per il referendum era nel suo pieno. Da luglio ad oggi sono stati depositati in Commissione emendamenti, acquisiti i pareri di Governo e relatori e giovedì 9 dicembre finalmente è stato approvato dalle commissioni con i voti favorevoli di tutto i centro sinistra e M5S il testo base che arriverà in Aula per la discussione generale lunedì 13 dicembre, mentre il voto è previsto per i primi mesi del prossimo anno. Con molta probabilità alla Camera sarà approvato, al Senato invece la strada potrebbe essere più accidentata, ma voglio essere ottimista e mi auguro che questa sia la volta buona per un cambio di passo che il Paese merita e si aspetta, diversamente per fortuna ci sarà il referendum e saranno direttamente gli italiani a decidere».