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Ferri con le imprese:"Riaprire il 27 per il marmo è la cosa giusta"

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Intervista a Cosimo Ferri, deputato IV su il Tirreno del 25/04/2020

Il deputato di Italia Viva: «Spingiamo sul governo da dentro» Sulle concessioni: «Premi a chi investe sul bene comune» 

Quando si parla della sua idea di riapertura delle aziende in anticipo sul 4 maggio, il deputato di Italia Viva Cosimo Ferri ci tiene a fare una cronologia della sua attività da inizio quarantena. L'impegno per le mascherine per gli operatori sanitari, quello per i tamponi, quello sulle rsa e i soggetti deboli e i farmaci sperimentali sono nell'elenco di attività che da marzo a qui ha messo al centro della sua agenda.

«Ogni momento ha delle priorità, a volte queste convivono, ma prima di tutto viene la salute», spiega lui. E ora che la fase 2 annunciata dal governo - di cui è parte attiva e critica - è nel mirino, Ferri spiega come si sta muovendo il suo gruppo, e non solo, per garantire di riaprire prima.

Onorevole, l'impegno di Italia Viva per una riapertura delle attività connesse all'export per il 27 aprile attraversa fasi alterne di accoglienza e rifiuto da Roma. Ma quel giorno è dietro l'angolo...
«Dopo l'incontro con il presidente della Regione Enrico Rossi sono stato più ottimista, poi cauto. Però mi sembra che dal premier Conte qualche segnali arrivi. Ci si ammala di Covid-19, ma anche del virus economico. Bisogna sostenere la linea condivisa dal governatore di dare il via ai distretti il 27 aprile. Continuiamo a lavorare in questo senso».

Tra i distretti c'è anche il marmo apuano. Contate di farcela?
«Noi speriamo di sì, se le condizioni di sicurezza vengono rispettate e ci sono i presupposti chi può riaprire deve essere autorizzato a farlo. Io ricevo ogni giorno telefonate non solo dai grandi industriali, ma anche dai piccoli. Tutti chiedono uno sforzo. Ci sono i protocolli e vanno rispettati, credo che siano nell'interesse del datore di lavoro e del lavoratore. E chi viola i protocolli viene fermato».

Chi altri deve ripartire?
«Io dico che prima di tutto bisogna alleggerire la burocrazia. Si è accentrato molto, con stazioni appaltanti e molti passaggi che paralizzano».

Quei passaggi sono anche controlli. Non c'è paura che riducendo i controlli ci sia rischio infiltrazioni? Lei da magistrato in aspettativa...
«Io non dico di cancellare i codici antimafia. Quelli vanno tenuti, è ovvio. Quello che abbiamo proposto è un piano choc sulle infrastrutture, dove per ogni opera pubblica ci sia un commissario che abbia poteri di deroga e che garantisca per la validità del procedimento».

E le infiltrazioni?
«Quelle le stimola anche la burocrazia lenta. Dove ci sono rallentamenti chi è onesto e fa la trafila aspetta e spesso perde tempo e introiti. E poi c'è chi si fa dare una mano a tagliare i tempi».

È una sorta di autocritica: il codice appalti fa parte dell'esperienza del governo Renzi.
«Certo, faccio anche autocritica. Io credo che vadano fatti alcuni accorgimenti. Sull'affidamento dei lavori occorre un ampliamento del ricorso della procedura negoziata. E sulle procedure di appalto e l'esecuzione dei lavori serve la verifica della documentazione amministrativa solo per il soggetto aggiudicatario, riduzione dei tempi di stipula del contratto, obbligatorietà delle certificazioni per le imprese solo oltre un certo importo. E ancora: sia premiato chi fa bene e depennato chi fa male. Il controllo sul territorio serve anche a questo».

Lei di recente ha chiesto anche di pensare alle infrastrutture scolastiche prima che si arrivi al nuovo anno scolastico a settembre. Lodevole. Visto che è in vena di autocritica: le risorse alle Province però le ha tolte la legge Del Rio. Sempre governo Renzi.
«Anche qui è giusto farla l'autocritica. Con una puntualizzazione: fu un errore respingere il referendum che lasciò la riforma monca. Venendo all'edilizia: i soldi arrivano, non bastano mai, ma arrivano. Bisogna sfruttarli meglio. Inutile arrivare alla riapertura e avere i soliti problemi al Minuto, al Pascoli, a Carrara eccetera. Pensiamoci ora con investimenti. E a scuola bisogna rientrare, di sicuro in controtendenza rispetto a quanto fatto: fino a ieri chiudevano gli istituti che non garantivano tot iscritti, ora cambi il concetto. Classi più piccole».

Mancano gli insegnanti, viene da dire.
«Con tutti i precari che ci sono? Si assuma, così come si è fatto in questo periodo, giustamente, con operatori sanitari e infermieri».

Tutto sulle spalle del pubblico?
«No, tutt'altro. Il ruolo dei privati in questa emergenza si è visto. Penso a una prima fase quando invocavo presidi e tantissimi, ognuno con le proprie capacità, ha contribuito. Ecco, questo tipo di responsabilità sociale io credo che poi vada premiata sul territorio».

Ha in mente qualcosa?
«Torniamo sul territorio, alla questione delle concessioni sul marmo per esempio. Credo che anche in questo campo si debba introdurre una premialità a chi investe in opere sociali. Al privato che costruisce una scuola, che investe nella sanità pubblica o apre un parco per la città».

Un sistema strano, non solo sul piano organizzativo.
«Pensiamo a una visione strategica, sganciata dalle attività produttive dei singoli ma che pensi al bene comune di un territorio e che dia senso di comunità a chi lo vive».

Un'ultima battuta meno impegnativa: playoff di serie C con sorteggio, favorevole o contrario?
«No al sorteggio, anche lì deve valere la meritrocrazia. Si trovino i modi per farlo».