Intervista di Rocco Vazzana, "il Dubbio", 27 maggio 2020.
Nessuna spaccatura politica, solo «una scelta di coscienza e di coerenza». Il capogruppo di Italia Viva al Senato, Davide Faraone, liquida così le polemiche seguite alla decisione dei renziani di non prendere parte al voto sul rinvio a giudizio di Matteo Salvini richiesto dal tribunale dei ministri di Palermo. Risultato: la Giunta perle Immunità di Palazzo Madama "salva" il leader della Lega per 13 voti a 7. La palla passa dunque all'Aula, come accadde per il "caso Gregoretti" che dovrà esprimere un parere definitivo sulla vicenda.
Perché avete deciso di non partecipare al voto?
Per coerenza con il comportamento tenuto sul caso Gregoretti: diciamo adesso ciò che dicemmo allora, abbiamo chiesto un'istruttoria seria che non c'è stata. Noi credevamo sul serio allora e anche questa volta che molti elementi per una valutazione chiara non fossero in possesso della Giunta. Ricorderete che la volta scorsa c'erano le elezioni in Emilia Romagna, la Lega fu condizionata da quello nel votare si all'autorizzazione. Tutta la maggioranza non partecipò al voto. Noi abbiamo mantenuto quella posizione, si chiama serietà. Non so perché Pd e M5S hanno cambiato idea, spero che la loro decisione di allora non fu condizionata dalle elezioni regionali.
Cosa significa che in Giunta su Salvini «non c'è stata un'istruttoria seria»?
Noi non useremo mai la giustizia e il nostro voto in Giunta per le autorizzazioni per consumare vendette nei confronti dei nostri avversari politici. Saremo coerenti sempre, a costo di perdere voti, in una società politica che invece ha completamente perduto il buon senso e pur di guadagnare qualche punto percentuale è pronto a perdere anche la faccia. Siamo garantisti con Bonafede quando Di Matteo dice che si è fatto condizionare dalla mafia nella scelta del capo del Dap, siamo garantisti con Salvini che condanniamo politicamente per le politiche migratorie che ha portato avanti ma oggi dovevamo decidere se mandarlo a processo, non giudicarlo noi, che è un'altra cosa.
La Gregoretti era una nave militare, la Open Arms privata. Sulla vostra scelta ha pesato questa distinzione? O bisogna comunque fare prevalere il principio del soccorso in mare (e dunque dello sbarco) sempre e comunque?
La natura delle imbarcazioni fa sicuramente una differenza. Però, premesso che per noi il soccorso in mare va garantito sempre e prima di tutto, qui andava valutato il tipo di intervento e la scelta, se è stata collegiale e dunque ha visto coinvolto l'intero governo o se invece l'ex ministro aveva agito da solo. In questo caso, stando a quanto emerge dalle carte, la situazione è ancora meno chiara che con la Gregoretti. D'altronde ricorderete che con il primo governo di questa legislatura, quando alleati erano Lega e M5S, non è che trovammo tante sponde noi che protestavamo, anche con gesto clamorosi, contro quella politica migratoria. Le anime belle di oggi allora erano tutte mute.
Lei è salito a bordo della Sea Watch quando Salvini ne impediva lo sbarco. Per portare in salvo i naufraghi la comandante Carola Rackete fu costretta a forzare il blocco. Cosa le è rimasto di quell'esperienza?
Mi è rimasto tanto e anche su quello sarò sempre coerente. Ricordo che con il Conte 2 si era ricominciato a non far sbarcare i migranti e minacciai di salire a bordo un'altra volta, anche in questo caso si chiama coerenza. Non concedo ad un governo amico ciò che nego ad un governo lontano politicamente. Anzi. Anche lì la coerenza di Salvini fu inesistente, nessun garantismo su Carola, ricordo che gridava arrestatela e buttate la chiave. Noi siamo diversi, solidali con i migranti, garantisti con tutti, anche se sono i nostri avversari politici, non cambiamo idea a seconda delle situazioni. Perché in questo Paese, e lo dico davvero, bisogna smetterla di usare la giustizia per fare politica.
Non partecipare al voto significa distinguersi dalla linea della maggioranza. Una scelta politica o di coscienza?
Una scelta di coscienza e di coerenza. Avrei sfiduciato anche Bonafede per gli errori commessi: ricordo che siamo stati i primi a chiedere le dimissioni del capo del Dap e continuo a pensare che la linea di questo ministro non mi piace, non è la mia. Ecco perché nei giorni scorsi abbiamo chiesto a Conte un tavolo tecnico per scrivere la riforma della giustizia indicando per Italia Viva non un politico ma un tecnico stimato come il presidente dell'Unione delle Camere penali Caiazza. Ma non si sfiducia un ministro per la telefonata in diretta di un magistrato da Giletti, altrimenti diventa il processo per talk tv. Un orrore.
La pubblicazione delle chat di Palamara cambia il senso di un eventuale processo a Salvini?
No, però dimostra che serve una profonda riforma della giustizia, emerge un quadro preoccupante, una pericolosissima commistione tra mezzi di informazione, magistratura e politica che tanto fa male al nostro paese. Lo sapevamo, lo dicevamo, ma leggerlo chiaramente in quelle intercettazioni fa certamente imnressione e scuote tut ti. E a questo proposito: non mi piace leggere conversazioni private fra due magistrati sui giornali, così come non mi piace che quegli stessi magistrati parlino in quel modo del ministro dell'interno, anche se politicamente resta distante da me.