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Faraone: "Si doveva riaprire subito. La pandemia è diventata carestia"

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Intervista di Simona Brandolini, "Corriere del Mezzogiorno", 7 maggio 2020.

«Prima di tutto voglio esprimere la mia vicinanza alla famiglia dell'imprenditore: è una vicenda che deve farci tutti riflettere su ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi. La pandemia che si trasforma in carestia. Il lockdown che getta le persone che lavorano nella disperazione. Non voglio rivedere lo stesso film del 2008, dobbiamo prevenire le tragedie».

Davide Faraone, siciliano alla guida dei senatori di Italia Viva, partito che, Renzi in testa, s'è attirato anche molte critiche per aver posto subito il tema, delicato, della ripresa in piena crisi e che, nonostante sia in maggioranza, denuncia lentezza: «È chiaro che al momento queste risposte sono inadeguate, i tempi del governo non combaciano con quelli delle imprese e dei lavoratori. E la risposta non può e non deve essere l'assistenzialismo: noi lo diciamo da fine marzo che bisogna riaprire, che non bastano i bonus, perché l'unico contrasto alla crisi è il lavoro e il lavoro lo creano le imprese, non i Dpcm».

Come è possibile che nonostante gli annunciati bonus e altre misure del governo, si assista quasi a una paralisi? Non si riescano a pagare neanche le casse in deroga?
«Non tutto è fermo però. E vero che le lentezze sono adesso intollerabili: noi avevamo chiesto il 100% delle garanzie statali alle banche negli anticipi di liquidità alle imprese. In questo modo avremmo evitato fogli, moduli ed aperture di pratiche che ovviamente rallentano le erogazioni. Nel frattempo sta accadendo che gli imprenditori che possono stanno anticipando la cassa integrazione ai dipendenti e quelli che non riescono si portano il peso di non sapere come fare per dare lo stipendio ai propri dipendenti. Per noi le cose da fare subito sono: dare investimenti a fondo perduto, sospendere i pagamenti, le bollette e gli affitti alle imprese. Non possiamo in questo paese fare le barricate perché il Mes sia senza condizioni e poi mettere duemila paletti a chi tenta di sopravvivere lavorando».

Lei è meridionale; si poteva fare di più per le imprese, i piccoli artigiani, i commercianti?
«Si poteva e si doveva riaprire subito in sicurezza: lo ha detto Matteo Renzi a fine marzo. Chi può garantire il distanzia mento sociale, chi ha le protezioni individuali per i lavoratori deve riaprire subito. Ci hanno insultato e dato degli irresponsabili. Tutto volevamo tranne essere delle cassandre. Non ci hanno ascoltato, i danni sono enormi: perdiamo 1 miliardo al giorno con il lockdown, quote di mercato e clienti che vanno all'estero, nei paesi dove nulla si è mai fermato. In più: sono state fatte scelte incomprensibili a colpi di Dpcm».

Per esempio?
«I supermercati sì e i ristoranti al mare, magari con i tavoli distanziati, no; le librerie sì e i parrucchieri no. Discriminazioni incredibili quando andava solo detto: se siete in grado di garantire il distanziamento e le misure di protezione, aprite».

Tra i settori più a rischio c'è il turismo. Inutile ricordare l'importanza strategica per il Mezzogiorno.
«Il turismo è il vero dramma: la stagione è iniziata e non si sa nulla. Come e dove si potrà andare in vacanza, quali settori culturali, quali spettacoli dal vivo e concerti o fiere saranno possibili. L'Italia ha il primato europeo per numero di imprese nel settore: 416.080, numero che incide per il 6,8 % sul totale delle attività economiche del Paese e produce un fatturato fin qui in crescita di circa di 96 miliardi di euro ed occupa milioni di persone. Ora gli alberghi rischiano di andare in mano alla malavita. Non ci possiamo permettere questo tsunami. Il governo deve invertire subito la rotta e capire che siamo nella Fase 2, non nella Fase i e 1/2. Oltretutto ci sono regioni a contagio zero, dove la ripartenza è davvero obbligatoria».

Battaglierete affinché venga rispettato il vincolo di destinazione alle regioni del Sud del 34 per cento degli investimenti?
«Assolutamente sì, quelle risorse non si toccano. Però al Sud dobbiamo impegnarci a spenderle presto e bene: ci sono i finanziamenti, ma non i progetti e questo è intollerabile. Modello Genova, zero burocrazia e tempi rapidi per far partire i cantieri per tutte le opere pubbliche così nessuno si sognerà di rimettere in discussione il vincolo del 34 per cento».

Un'ultima domanda: Italia Viva è al governo ma spesso si trova all'opposizione soprattutto in materia economica. Lei pensa che questa sia un'alleanza destinata a finire presto?
«Italia Viva non alimenta polemiche, fa battaglie di merito. E fino a quando questo governo sarà al servizio dell'Italia e darà risposte concrete ai bisogni dei cittadini, noi ci saremo».