Intervista a Davide Faraone su «Il Corriere della Sera» del 3-04-2024
di Alessandra Arachi
«Molte famiglie hanno bisogno di aiuto»
Davide Faraone, quel pugno sul tavolo...
«La vita che cambia in un secondo».
Quel pomeriggio Sara era seduta sul pavimento dello studio del medico, giocava.
«Quel medico l'aveva appena visitata. Non ha detto nulla né a me né a sua madre. All'improvviso ha tirato quel pugno sul tavolo con una tale forza che era impossibile non sobbalzare».
Sara invece è rimasta immobile e non si è nemmeno voltata.
«Quel pugno è stata la sua diagnosi: autismo. Aveva due anni e tre mesi».
Adesso sua figlia ha ventuno anni, come è passato questo tempo?
«È stata una lotta e anche una conquista quotidiana. L'autismo è una disabilità che varia da lieve a gravissima, infatti si definisce disturbo dello spettro autistico. Sara sta un po' in mezzo, è grave. Abbiamo potuto lavorare sulla sua disabilità».
Dopo la diagnosi, lo scoramento?
«La notizia che mi è arrivata addosso è stata violentissima. Ma non ho avuto tempo per lo sconforto. I medici ci hanno messo fretta. Dovevamo sbrigarci, prima facevamo, prima intervenivamo e meglio era per la bambina. Ma le strutture pubbliche ci bloccavano, ad ogni richiesta di un professionista c'erano liste di attesa di mesi».
Lei adesso è parlamentare, è stato due volte sottosegretario, prima ancora ha avuto impegni istituzionali nella sua città, Palermo, nella sua regione. Come ha fatto a conciliare il suo lavoro di padre di Sara con tutto questo?
«Abbiamo creato una rete, una squadra. Prima di tutto ci sono la famiglia, gli zii, i nonni, i cugini. Poi gli assistenti sociali, i logopedisti, i terapisti, il neuropsichiatra infantile, l'insegnante di sostegno».
Uno squadrone...
«Sono fortunato, ho disponibilità economiche, ho potuto costruire un welfare attorno a Sara. Ma c'è chi non ha la possibilità e arriva a gesti estremi».
Gesti estremi?
«Arriva a uccidere i figli. Ma non è un assassino, c'è anche chi ha una straordinaria umanità. Penso a un uomo, un lavoratore edile, lo sono andato a trovare in carcere. Sua moglie era morta di cancro e si è visto perso».
Lei ha fondato la Fia, Fondazione italiana autismo.
«Ci occupiamo principalmente di raccolta fondi per la ricerca scientifica».
State facendo una raccolta adesso?
«Si fino al 14 aprile in collaborazione con la Rai abbiamo attivato un numero, il 45585, con un sms si donano due euro per la ricerca scientifica. Fondamentale. Ai tempi di Sara non se ne faceva».
E voi come avete fatto senza l'ausilio della ricerca?
«Un lavoro quotidiano, un impegno continuo. Prima siamo riusciti a farla stare dritta su una sedia. Poi a farle allacciare le scarpe, non era scontato. Poi a contenere le urla continue, gli attacchi violenti. Anche se tutto questo non è sparito».
Che vuol dire?
«Ogni tanto ha le sue crisi, il lato oscuro dell'autismo. In quei casi io mollo qualsiasi cosa e rimango in casa con lei. L'ultima volta è durata venti giorni. Ma non voglio che passi il messaggio che siamo infelici».
La sua felicità?
«Le piccole cose. Quando Sara è nata mi sono immaginato il giorno del suo matrimonio, io che l'accompagnavo all'altare, vestita di bianco. E all'altare vestita di bianco l'ho accompagnata: il giorno della sua prima comunione. Questa è la mia felicità».