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Enews 1033 giovedì 8 maggio 2025

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La nuova Enews di Matteo Renzi                    

Mentre il mondo guarda il comignolo di Piazza San Pietro aspettando di conoscere il nome del nuovo Papa scrivo una enews molto rapida.
Sull’attesa per il nuovo Pontefice abbiamo discusso a lungo ieri a Otto e Mezzo. Qui trovate la puntata integrale, sul canale YouTube. Per metà della trasmissione ho fatto l’aspirante… vaticanista, forte della mia esperienza di boy scout e giovane della Giornata Mondiale della Gioventù di Giovanni Paolo II.

Per l’altra metà invece abbiamo parlato del question time di ieri al Senato.
Qui trovate l’integrale, ancora su YouTube.
Qui invece un reel su Instagram che mostra come Giorgia Meloni si sia sottratta alle domande. È sinceramente sempre più imbarazzante una Premier che viene a rispondere alle interrogazioni parlamentari e poi dice di non aver capito la domanda. Sono scuse puerili che non funzionavano nemmeno al liceo. La prossima volta la Meloni dirà al Preside La Russa che lei si giustifica. Ma al di là di tutto trovo incredibile che quando parlo io ci sia sempre chi mi interrompe. La maggioranza non sopporta che ci sia anche l’opposizione: si trovano meglio quando sono soli e possono battere le mani a piacimento.
In ogni caso io sono molto contento per aver mostrato il vero volto di Giorgia, la donna meno coerente di tutto il Parlamento italiano. È un’operazione verità che è cominciata con L’Influencer e che continueremo fino alla Leopolda, girando con il libro per tutta l’estate.

Sono preoccupato invece di una cosa: a me ieri la Meloni è sembrata sincera quando ha detto di essere convinta che grazie a lei l’Italia è più credibile di quando c’era Draghi e le famiglie stanno meglio di quando c’eravamo noi. Amici, questo è il punto.
Davvero pensiamo che oggi stiamo meglio di cinque o dieci anni fa? Io penso di no. Ma al di là di quello che penso io è su questo punto che ci giocheremo la vittoria o la sconfitta alle prossime elezioni. Su questo, non su altro.

Agenda:

  • Oggi alle 17.30 nell’Aula Magna della Statale di Milano al convegno "Un nome, non un numero" per ricordare con Cristina Cattaneo il lavoro fatto in occasione del naufragio dell'aprile del 2015.
  • Domani alle 10.30 sempre a Milano all'evento "Scelte per tempi difficili" organizzato dalla Fondazione Stelline per parlare del futuro dell’Italia all’Auditorium Assolombarda, con Fabio Massa e Giancarla Rondinelli.
  • Domani alle 15.30 sarò ospite a Tagadà su La7.
  • Domani alle 17 ci vediamo a Roma nella Sala Capitolare del Senato dove festeggeremo insieme la Festa dell’Europa.
  • Lunedì alle 18:30 sarò a Bruxelles (Sofitel Brussels Europe) per un dialogo con Maxime Prévot sul futuro dell'Europa. 

Pensierino della sera.

Mi hanno colpito i dati sulla situazione di insicurezza che vivono soprattutto le donne. E che è collegata in particolar modo alla preoccupazione di molestie sessuali. La trovo una cosa disumana e indecente. Ne ho scritto qui.
Un sorriso
Matteo

PS. Ovviamente la Meloni mi ha attaccato sulle sue pagine social. Cancellando tutto ciò che io ho detto e dicendo solo: “Non farò mai quello che ha fatto Renzi”. Salvo poi dire che ripristinerà Industria 4.0 voluta dal mio governo con i ministri Federica Guidi prima e Calenda poi. Però mi stupisce che Giorgia Meloni cerchi l’aggressione personale e non il confronto civile. Le ho risposto così: “Aula del Senato, ora di pranzo, un normale mercoledì di maggio.
C’è il clima delle grandi occasioni. Accade che per una volta Giorgia Meloni accetti di rispondere alle interrogazioni dei parlamentari nel question time.
Le formulo tre domande sulle riforme: economia, Istituzioni, giustizia.
Abbiamo una Premier che si presenta come la donna della coerenza ma basta avere un po’ di memoria per ricordare che non c’è in questa legislatura nessuno più cambiacasacca di lei.
Pacatamente chiedo conto dei cambi di linea sulle privatizzazioni, sul presidenzialismo, sul giustizialismo.
Quando parlo io, al solito, dai banchi di maggioranza partono ululati, mugugni. Non riescono ad accettare l’idea che possa esistere l’opposizione.
Vivrebbero bene solo in un’Aula in cui sono soli, liberi di battere le mani a piacimento. E dire: “che brava signora Premier”. Quando parlo io invece interrompono. Cercano di innervosire. Ma ormai li conosciamo. E stavolta si innervosisce Giorgia. Non mi risponde perché – testuale – “mi è sfuggita la domanda”. Quando non sa che dire, dice di non capire la domanda.
Sul cambio di linea sulle privatizzazioni nessuna risposta.
Sul premierato dice che va avanti ma intanto sono dodici mesi che la riforma è bloccata.
Sulle preferenze dice che le metterà ma intanto studia i capolista blindati e i collegi del provincellum.
Sul resto non risponde: su Bibbiano, sulle Regioni, sul bicameralismo, sul CNEL. Scena muta. Dice solo: “Mi sono data una regola. Non fare mai quello che ha fatto lei, caro Renzi”
Che lei non faccia quello che ho fatto io è certo!
Noi abbiamo fatto Industria 4.0; lei l’ha bloccata con Urso.
Noi abbiamo tolto l’IMU prima casa; lei ha aumentato l’IVA dei pannolini.
Noi abbiamo fatto le Unioni Civili; lei ha fatto il decreto Rave Party.
Noi abbiamo messo le Forze armate nelle stazioni; lei ha mandato Carabinieri in Albania.
Noi abbiamo aumentato gli stipendi con gli 80€; lei ha aumentato la pressione fiscale.
Noi abbiamo aiutato le imprese; lei cerca di non scontentare Trump e i suoi folli dazi.
Noi abbiamo ottenuto la flessibilità da Juncker; lei ha ceduto all’ideologia di von der Leyen.
Noi abbiamo fatto il REI; lei ha tagliato i fondi per la povertà educativa.
Noi abbiamo fatto la riforma del Terzo Settore; lei ha tagliato i fondi del cinque per mille.
Noi abbiamo fatto la legge sul rientro dei cervelli; con lei 191.000 persone hanno lasciato l’Italia nel solo 2024.
Noi facevamo i vertici a Ventotene con Merkel e Hollande; lei è tagliata fuori dai primi incontri di Merz.
Per una volta ha ragione la Meloni: lei non fa quello che abbiamo fatto noi.
Perché lei è una influencer che pensa a comunicare ma non a governare.
E quando trova qualcuno che le fa delle domande serie, si stizzisce.
Gliel’ho ricordato in Aula.
Quando io ero Premier lei diceva che preferiva stare con Putin che con il Presidente del Consiglio italiano. Adesso che è Premier lei, io non la ripago con la stessa moneta. Tra Putin e Meloni, io sto sempre dalla parte dell’Italia.
Perché io sono un patriota. Non una populista.
Nel frattempo, guardiamo i numeri: produzione industriale negativa da 26 mesi, stipendi e pensioni ferme, aumentano le bollette e il costo della spesa. Però Meloni dice che va tutto bene. E che da quando ci sono loro l’Italia è tornata a essere credibile all’estero (quando c’era Draghi non ci filava nessuno, secondo lei).
Esco dal Senato. Mi chiede un giornalista: ma secondo te lei crede davvero al fatto che con lei le cose sono migliorate rispetto a tre anni fa? Secondo me ci crede davvero. Ormai lei ha dimenticato la quotidianità delle famiglie, dei mercati rionali, della mancanza di casa.
Mentre salgo in macchina ho un pensiero fisso: bisognerà pur smettere di rassegnarsi. Bisognerà smettere di litigare sul passato. Bisognerà smettere di farsi le pulci. E provare tutti insieme a costruire un’alternativa per un’Italia più giusta e più sicura. Noi ci siamo”.