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Enews 1032 martedì 6 maggio 2025

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La nuova Enews di Matteo Renzi                    

Buongiorno e buona settimana a tutti.
Sono giorni di attesa per l’elezione del nuovo Papa. Vedremo nelle prossime ore chi sarà il successore di Francesco. Nel frattempo, trovo imbarazzante quella politica che cerca di mettere il becco nel Conclave. Ho criticato la scelta di Donald Trump di prendersi gioco del mondo cattolico, qui. Nella prossima enews commenteremo il profilo del nuovo Pontefice.

E venerdì 9 maggio alle 17:00 a Roma nella Sala Capitolare del Senato parleremo di Europa ricordando Schuman, ricordando De Gasperi (qui il link per tesserarsi a Italia Viva) e parlando di futuro. A proposito state seguendo il profilo di Meritare l’Europa su Instagram? Lo trovate qui.

Mi limito per questa enews, invece, a una considerazione più di politica stretta. Trump sta avendo un benefico effetto sulla sinistra di tutto il mondo.
In Canada e in Australia sembrava scontata la vittoria della destra: la guerra commerciale aperta dalla Casa Bianca ha provocato un ribaltone dei sondaggi. E due amici come Mark Carney e Anthony Albanese hanno vinto sfide che sembravano già perse.

Attenzione, però. Per vincere la sinistra non deve schiacciarsi sulla parte più radicale ed estremista. La prima cosa che ha fatto Carney è stata eliminare alcune battaglie ideologiche di Trudeau. Tony Blair, il simbolo della sinistra che vince, ha criticato il dogmatismo del Green Deal. E credo che se la piattaforma dell’alternativa fosse schiacciata troppo a sinistra, un domani, la Meloni vincerebbe a mani basse.
Ecco perché rivendico con forza lo spazio per una battaglia riformista nel centrosinistra. Se la sinistra diventa solo la CGIL, con il suo referendum contro il JobsAct e le sue battaglie contro i riformisti, allora la Meloni vincerà a mani basse.
L’ho spiegato in questa intervista al Corriere della Sera proprio sui temi del JobsAct.

 

Non mi stupiscono le posizioni di chi come Schlein e Landini sono contro il JobsAct esattamente come erano contro il JobsAct Meloni e Salvini. Dai Cinque Stelle a Forza Italia tutti hanno dato un racconto del JobsAct volutamente falso. Cos’era il JobsAct? Lo slogan di una politica economica, quella del mio governo e di quello Gentiloni.
Cosa c’era dentro questa politica economica? Tante cose. Alcuni decreti legislativi sul mercato del lavoro, la decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato, il divieto di dimissioni in bianco, la NASpI, la prima misura della storia repubblicana sulla povertà (REI), gli 80€ per il ceto medio, Industria 4.0 e il superammortamento, l’abolizione dell’Irap sul costo del lavoro, la cancellazione dell’IMU prima casa, una grande riduzione di tasse per i lavoratori del mondo agricolo, incentivi fiscali per chi voleva tornare o venire in Italia.
Queste scelte sono scelte che hanno segnato una stagione positiva per l’economia italiana.
Io le difendo tutte, per forza: erano le mie riforme. Le ho pensate, le ho volute, le ho votate. Ovvio che ora le difendo.
Cosa fa la CGIL? Vuole mettere il lavoro al centro del dibattito. E per farlo polemizza con le mie riforme anche perché la Meloni di riforme non ne fa: lei fa i tweet, non le riforme. E dicono: votate contro il JobsAct. Ma in realtà votano contro singole norme. E sia chiaro: se passa il referendum, non torna l’articolo 18. Torna la legge Monti. Ok?
Questa è la verità. Di cui nessuno sembra interessarsi. Ne ho parlato in questo confronto con Landini al Tg1.

Mi colpiscono i miei amici riformisti del PD cui la segreteria ha detto: o votate sì o non avete spazio nelle liste alle prossime elezioni. Il fatto che il PD abbia detto di votare sì è la prova certificata che il PD non è più quello di prima. E a me va benissimo che sia così: siamo venuti via dal PD perché non sentivamo più quella come casa nostra.
Il PD è cambiato. Bene. Per vincere il PD ha bisogno anche dei riformisti di centrosinstra.
Se non c’è una componente di riformisti le prossime elezioni le vince la Meloni.
Allora la cosa è semplice: noi siamo diversi dal PD.
Se vogliamo insistere sul passato: io difendo il mio passato. Deve essere un messaggio forte e chiaro amici miei. Difendiamo le politiche economiche di dieci anni fa come difendiamo la scelta di Mario Draghi; difendiamo le unioni civili come le battaglie per il Terzo settore; difendiamo gli investimenti in valori, cultura e scuola come difendiamo la battaglia per la flessibilità. Ok? Io non ho nessun motivo per cambiare idea sul passato.
Se qualcuno vuole l’abiura ha sbagliato persona.
Io non sono uno che abiura per dieci seggi in Parlamento, chiaro?
Io voterò NO al referendum sul JobsAct. E non cambio idea su nulla, anzi sono orgoglioso delle mie battaglie. Ma il ragionamento che serve per chi fa politica è diverso.
Giorgia Meloni non è il passato, purtroppo.
Giorgia Meloni è il presente dell’Italia. E secondo me non è capace di guidare il Paese. Si può dire o parte la solita cantilena del vittimismo sessista? Io non la ritengo capace. E domani al question time (ore 13.50, Senato) glielo ricorderò gentilmente di persona.
Voglio evitare che Giorgia Meloni sia il futuro dell’Italia.
Per farlo c’è solo un modo: costruire una coalizione di centrosinistra dove ci sia spazio per i riformisti come per i più radicali. Altrimenti vince la Meloni.
Guardate il Regno Unito. Quando i leader di sinistra radicale hanno voluto espellere i riformisti (è successo con Ed Miliband e con Jeremy Corbyn), ha vinto la destra. Quando i leader di sinistra hanno tenuto insieme tutti, con Blair e Starmer, hanno vinto i laburisti.
Ma guardate anche l’Italia, amici miei. In Liguria non ci hanno voluti, e hanno perso. Scommettiamo che stavolta a Genova vinciamo? Casualmente non hanno messo veti, stavolta. Scommettiamo che finisce diversamente dalle regionali? O dalla Basilicata?
Ieri intanto a Trento il centrosinistra ha vinto anche grazie alla lista riformista e Roberto Sani, colonna di Italia Viva con Donatella Conzatti, è entrato in Consiglio Comunale.
Ricapitolando: no, io non sono come quelli che pur di fare un altro giro tradiscono le proprie idee. Non tradisco il mio passato. Ma non voglio tradire il futuro dei miei figli e dunque non penso sia giusto che rimangano al governo i Lollobrigida, i Salvini, i Giuli. Prima li mandiamo a casa, prima facciamo un servizio al Paese.
Ai riformisti dico: le porte di Italia Viva sono aperte. Noi vogliamo costruire una coalizione in cui il peso delle nostre idee conti. Senza di noi si perde, lo abbiamo visto. E non perché noi siamo chissà che. Ma perché una coalizione eccessivamente spostata a sinistra è la migliore alleata possibile di Giorgia Meloni.
Tutto qui. Leggo le vostre opinioni: [email protected]
Un sorriso,
Matteo

PS. Io non abiuro le mie idee, mai. Ho sempre detto: porte aperte per chi vuole studiare in Italia. E ho sempre detto: a casa chi si macchia di delitti odiosi, come la molestia sessuale. Per questo ho detto chiaramente la mia sulla vicenda della ragazza circondata al Concertone. Qualcuno mi ha detto che i nostri valori sono altri. Eh no, amici: io sto dalla parte di quella ragazza e di tutti quelli che vanno a un concerto per divertirsi. Non per farsi mettere le mani addosso. Questa idea che la sicurezza sia di destra e il buonismo di sinistra non mi ha mai convinto. La sicurezza è di tutti.

Quanto ai valori: ricordate la storia della nave drammaticamente affondata nel Mediterraneo dieci anni fa? Io sono quello che firmò per andare a raccogliere i cadaveri e dar loro sepoltura mentre altri dicevano: ma non buttiamo via così i soldi degli italiani. Sono orgoglioso di averlo fatto. E sono orgoglioso di essere giovedì alle 17.30 a Milano a un convegno che ricorda il lavoro straordinario fatto da un team di professionisti guidato dalla professoressa Cristina Cattaneo che – tra le altre cose – ci fece scoprire la straordinaria storia del giovane adolescente del Mali che aveva cucito nella sua camicia la propria pagella. Ricordate? Ne ho parlato qui