Intervista di Andrea Spadoni, "Giornale di Pistoia", 16 settembre 2022, ripubblicata su "InBisenzioSette", 23 settembre 2022.
Sa scrivere e comunicare, è giovane e social, per i suoi valori è pronta a dare battaglia su ogni fronte e nelle ultime settimane l'abbiamo vista spesso - e a suo agio - davanti alle telecamere delle televisioni nazionali. Benedetta Frucci, 33 anni, originaria di Ambra in provincia di Arezzo, è sicuramente una delle novità positive del contesto politico toscano e tra i candidati più interessanti, in corsa per un posto in Parlamento, il prossimo 25 settembre. È candidata con Italia Viva nel listino plurinominale. L'abbiamo scelta come donna della settimana perché - secondo noi - ha molto da raccontare.
Tra pochi giorni si vota. Per te è la prima volta da candidata. Cosa ti aspetti?
«È un'esperienza totalizzante. Considero un grande privilegio essere candidata nel territorio dove sono nata e cresciuta, stare fra le persone, percepirne l'entusiasmo e ascoltarne i suggerimenti e i problemi. In questi anni abbiamo assistito all'esplosione dell'antipolitica: non ho timore di dire che invece la politica è un'arte nobile, da esercitare però con serietà e competenza».
Però i cittadini sembrano sempre più insofferenti alla politica, infatti l'astensionismo cresce...
«È importantissimo colmare questa distanza sempre maggiore fra persone e istituzioni: l'astensionismo che abbiamo visto diventare piano piano primo partito è sintomo di quanto sia necessario ricostruire un rapporto con l'elettorato. Allo stesso modo penso che sia necessario intervenire con una riforma costituzionale. Il modello da seguire dovrebbe essere quello dei sindaci: i cittadini votano e decidono chi li governerà per 5 anni. Perché non possiamo fare lo stesso per l'elezione del Premier?».
Cosa pensi della comunicazione politica di questo tempo? I social network sembra abbiano ridotto tutto a una veloce fruizione delle informazioni e una netta polarizzazione. Ma così non rischiamo di non approfondire mai anche questioni cruciali per il paese?
«I social network sono una grande opportunità. Hanno permesso a un numero enorme di persone in tutto il mondo di connettersi fra loro, scambiarsi idee, informarsi. Non credo che si debba e si possa bloccare il cambiamento, ma dobbiamo imparare a gestirlo, perché i social media sono diventati anche il luogo della disinformazione, delle fake news, dei condizionamenti esteri sulla politica interna. Da liberale non credo che la risposta possa essere la censura: è con la formazione che si sconfigge la disinformazione. Bene Instagram e Twitter quindi, ma stimoliamo le persone a leggere libri e giornali. Il pensiero breve non può sostituire il pensiero complesso».
Giusto, ma quali potrebbero essere gli strumenti?
«Uno degli interventi piu importanti in questo senso è stato il bonus cultura che Matteo Renzi volle per i 18enni: perché con la cultura, al contrario di quanto sostiene Giulio Tremonti, si mangia. Non solo perché siamo il Paese dell'arte, della letteratura, della bellezza, ma anche perché la cultura è cibo per l'anima. È attraverso lo studio che si diventa elettori e cittadini consapevoli».
Come ti sei avvicinata ad Italia Viva?
«I miei genitori, fin da piccola, mi hanno abituata a sviluppare un pensiero autonomo, incoraggiandomi alla discussione e al confronto. Da studentessa di giurisprudenza avevo una passione particolare per il diritto pubblico e parlamentare per cui è venuto naturale scegliere un percorso professionale in ambito istituzionale. La mia adesione ad Italia Viva è arrivata contestualmente alla sua nascita e a un momento di forte disorientamento: dove era finita la rivoluzione liberale promessa dal centrodestra? Era stata sacrificata sull'altare del sovranismo? Matteo Renzi al contrario parlava di temi che erano sempre stati miei: dal garantismo, a un fisco più giusto e meno oppressivo, all'attenzione al lavoro nel momento in cui perfino la Lega sventolava con orgoglio la bandiera del reddito di cittadinanza. E lo faceva da leader, non da follower, avendo il coraggio di prendere posizioni a volte scomode, ma giuste».
Come è nata la possibilità di candidarsi alla Camera?
«Faccio parte di quel gruppo di giovani a cui i dirigenti di Italia Viva e di Azione hanno deciso di dare la possibilità di misurarsi. Vado fiera di far parte di uno schieramento che non usa i giovani solo per fare sterile propaganda, che non cerca di catturare il loro voto proponendo antistoriche patrimoniali e mance, ma che dà loro una possibilità».
Merito di Renzi?
«L'aspetto più bello di Matteo Renzi e di tutto il gruppo di Italia Viva è che davvero viene data attenzione ai giovani, davvero il merito prevale sulle logiche conservative. Ad esempio ogni anno, dal 2019, organizziamo una scuola di formazione politica per under 30: sono giorni di formazione e confronto bellissimi».
Si parla molto in Italia della questione delle donne, del ruolo in società, nel mondo del lavoro e ovviamente in politica. Sembra ci sia in atto un cambiamento e quindi sempre più spazio per le donne anche in ruoli di rilievo. Che ne pensi?
«Penso che ci sia ancora molto da fare in Italia per arrivare a una vera parità di genere. Non credo che la soluzione sia additare qualunque uomo di essere intriso di cultura patriarcale, come fa un certo femminismo estremista. Credo poco alle rivolte giacobine e molto di più alle rivoluzioni gentili, poco alle dirette Instagram e più alle leggi pubblicate in Gazzetta Ufficiale. Le posizioni talvolta esasperate come quella di Laura Boldrini rischiano semmai di provocare un rigetto della questione femminile che è invece fondamentale. Sostegno alla maternità, asili nido gratuiti, interventi sul gender pay gap. Nel nostro programma proponiamo di completare il Family Act voluto da Elena Bonetti. Fatti, non parole».
Cosa pensi della leadership di Giorgia Meloni e della possibilità che possa essere la prima premier donna?
«Mi auguro che Giorgia Meloni non sia Premier, ma che con un buon risultato del Terzo Polo si riesca a riportare Mario Draghi alla guida del Paese. Al di là di questo, penso che un Presidente del Consiglio donna costituirebbe un vero e proprio sfondamento di quel soffitto di cristallo di cui parlava Hillary Clinton, che ci tiene prigioniere e non ci permette di avanzare nelle istituzioni e nel mondo del lavoro. Se sarà capace di svestire i panni dell'ultraconservatrice e di aiutare davvero le donne a superare le difficoltà che incontrano nella società, sarà un'ottima cosa. Il fatto di essere giovane mi consente di non avere preclusioni ideologiche: Giorgia Meloni va trattata con il rispetto che si deve all'avversario, non con l'astio che si riserva ai nemici».
Quanto è difficile emergere oggi per un ragazzo che cresce in provincia?
«Noi viviamo in una realtà fortunata, quella della Toscana, dove le istituzioni sono presenti, dove scuola e servizi sociali funzionano. Anche qui però ci sono sacche di nuova povertà sociale ma anche culturale ed educativa che affiorano con drammaticità. Per qualcuno emergere è difficile, per questo ritengo fondamentale investire nell'educazione e nella scuola. Io ho avuto la fortuna di contare sul sostegno della mia famiglia, ma comunque una volta arrivata a Roma ho lavorato per non gravare su di loro. So cosa vuoi dire fare dei sacrifici e anche per questo non sarò mai favorevole al reddito di cittadinanza: lo Stato deve creare le condizioni per consentire a un giovane di studiare e realizzare i propri sogni, non trattarlo come una scommessa persa in partenza e accontentarlo con un sussidio».
Oggi è difficile trovare un giovane appassionato e attivo in politica, in Italia. Anzi, sempre meno si informano e vanno a votare. Anche prendendoti come esempio, quali sono gli strumenti per avvicinare i ragazzi alle istituzioni?
«Il problema della distanza dei giovani dalla politica è reale, ma siamo così sicuri sia colpa loro e non dei partiti, che sono spesso chiusi e conservativi? Quanti partiti danno la possibilità ai ragazzi di mettersi in gioco? Quanti li ascoltano davvero? Bisogna portare la politica in mezzo ai ragazzi. Ben vengano quindi Tik Tok, la lettura dei quotidiani nelle scuole, ma anche i momenti di formazione e confronto come le scuole politiche giovanili».
Tra le tante tue attività, porti avanti anche un bellissimo podcast sulla giustizia. Perché ti appassiona questo argomento?
«Quella per una giustizia giusta è la mia battaglia principe: leggendo storie di errori giudiziari ho deciso che era importante raccontarle, far capire alle persone che la cultura del sospetto è sbagliata, che può capitare a chiunque di essere accusato ingiustamente.Ho iniziato la mia campagna elettorale parlando di questo argomento nonostante sia consapevole che non porti consensi immediati. Credo che in Italia ci sia un'emergenza democratica: abbiamo un potere dello Stato, il giudiziario, sbranato dall'influenza delle correnti. Io voglio magistrati che applichino il diritto, non che declinino le loro idee politiche con le sentenze. Magistrati che, al pari di ogni cittadino, se sbagliano pagano. Invece abbiamo giudici che vengono promossi nonostante abbiano rovinato la vita delle persone, come nel caso del togato che condannó Enzo Tortora. E poi serve più meritocrazia: deve andare avanti chi è bravo, non chi è iscritto alle correnti».