La coscienza rende umani e civili

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Per vivere serenamente, tra le altre cose, occorre sentire la coscienza pulita. Abbiamo sempre una certa stima di noi stessi, che dipende pure dalla necessità di essere coerenti con quel che ci viene presentato come “corretto” dal contesto in cui viviamo.

In parte, la società indirizza e giustifica le nostre scelte, consentendo al conformista di sentirsi sempre dalla parte giusta. Se le norme sociali favoriscono un certo comportamento, difficilmente lo si ritiene scorretto. Ci comportiamo bene, perché ci è stato insegnato come farlo. I cattivi sono gli altri ed è bene averne paura.

 

Le categorie che dividono in maniera netta la cattiveria dalla rettitudine, sono tanto comode quanto pericolose. La cosa che più inquieta, infatti, è che il confine tra bene e male appare estremamente permeabile. Lo si nota, in particolar modo, quando si verificano certe situazioni, in cui siamo autorizzati a commettere atti che verrebbero normalmente considerati tabù.

In determinate circostanze, possiamo comportarci con convinzione anche in modi che avremmo definito scorretti fino a poco prima e che ci avrebbero fatto pensare di essere in torto. Di essere cattivi. Se il contesto legittima e fomenta un determinato atteggiamento, allora questo basta a far sì che la cattiveria sia giustificata e non sembri più tale. 

 

Al di là delle personali opinioni politiche sulle forze di potere del nostro Paese, è innegabile che ci sia un forte scarto ideologico tra quella che è stata la scorsa linea di governo e quella che ora si sta assestando.

Il clima d’odio diffuso, scaturito principalmente dalla connivenza dell’esperienza gialloverde, dovrà necessariamente fare i conti con un nuovo modo di porsi dell’attuale classe politica, che ha già palesato la ferma volontà di contrastare l’aggressività dilagante. Se chi è al potere detta la linea, nel suo operare determina pure i buoni valori.

 

Quello che si presenta, a conti fatti, come un governo di sinistra, sta già calcando la mano sulla ripresa dell’empatia, dell’inclusione e di quelle virtù che, ora, non esitiamo a giudicare positive. Se nei mesi scorsi gli stessi valori sono stati messi da parte, non è stato per una svalutazione improvvisa degli stessi, quando per il fatto che altri fattori, trattati in un determinato modo, hanno finito per schiacciare e delegittimare conseguentemente i primi.

 

La volontà di difendere il proprio territorio, ad esempio, non è di per sé sentimento ignobile. Semmai lo diventa nel momento in cui calpesta la dignità della persona e viene strumentalizzata per strutturare una lotta alla miseria. Però non c’è bisogno di pulirsi la coscienza se si appoggia l’idea di lasciare annegare i profughi in mare, nel momento in cui lo Stato dice che è giusto che l’Italia venga prima.

 

Questi atteggiamenti hanno trovato terreno fertile nel malcontento esacerbato di una cittadinanza spaventata, ma questa non è stata in alcun modo costretta ad agire come in gran parte ha fatto. Dire che le persone sono diventate più cattive durante il periodo politico in cui Salvini, in particolare, ha tenuto le redini, non rispecchia la realtà dei fatti.

 

L’inversione dei valori è avvenuta, ma nessuno ha chiesto alle persone di comportarsi in un certo modo. È bastato dire loro che quell’atteggiamento non era più considerato scorretto. Privata del suo carattere mostruoso, la cattiveria assume i tratti di una peculiarità fin troppo umana.

Negli scorsi mesi ci si è limitati a puntare i riflettori su quella parte più sporca di noi stessi per cui, adesso e comunemente, ci vergogniamo. La cattiveria latente del singolo si è specchiata nel fare dei molti e se ne è compiaciuta. I cattivi fanno paura, è vero, ma fanno paura perché i cattivi siamo noi, nelle giuste circostanze. Le circostanze sono mutate, ma noi siamo sempre gli stessi. A Cosenza, qualche giorno fa, un uomo ha colpito all’addome un bambino di colore, perché si era avvicinato a suo figlio. Non può essere sufficiente un cambio di governo per far sì che le persone riseppelliscano il proprio rancore e superino la paura. Io ho ancora paura. Ho ancora paura di noi.

 

di Lidia Marassi