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Coronavirus, Toccafondi: "Perché la scuola non può chiudere"

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L'intervento di Gabriele Toccafondi, capogruppo di Italia Viva in Commissione Cultura alla Camera.

Caro direttore,
voglio partire dalla conclusione dell'intervento di Alessandro Artini, presidente dell'Associazione Nazionale presidi Toscana, che ieri avete ospitato sulle vostre colonne. «L'emergenza funziona da cartina di tornasole e mostra tutto ciò che fino ad oggi non ha funzionato».

Condivido completamente questa frase ed aggiungo che è vero anche il suo contrario ovvero che proprio nell'emergenza è possibile rendersi conto di chi tiene alla natura stessa della scuola e chi invece la vede semplicemente come un luogo di lavoro. C'è un concetto che sta alla premessa del mio ragionamento e che dovrebbe essere scontato, anche se evidentemente i fatti di questi giorni ci dicono che non lo è: la scuola è fatta per i ragazzi.

È innanzitutto un percorso educativo, e non semplicemente nozionistico. I ragazzi, a maggior ragione in questo momento, hanno bisogno di questo percorso educativo. Per questo, sono rimasto anch'io esterrefatto dalle dichiarazioni e dai documenti dei sindacati, che prima in alcuni casi hanno «diffidato» alcuni dirigenti scolastici dal fare didattica a distanza, e poi hanno chiesto il ritiro della nota del Miur del 17 marzo sulle indicazioni riguardanti le lezioni a distanza.

Mi è sembrata una posizione lunare, di un altro pianeta. Perché su questo pianeta invece, dal primo giorno di emergenza e di chiusura delle scuole, tutto il personale scolastico, insegnanti, dirigenti e uffici scolastici regionali, si sono mossi e hanno cercato di rimanere accanto ai ragazzi, con i mezzi che avevano, talvolta anche «artigianali». E l'hanno fatto atto senza attendere un giorno, una circolare, una nota o un decreto. Poi è arrivato anche il Ministero, prima con il dpcm che chiudeva le strutture alle lezioni in sede ma non alla didattica, successivamente ha rilevato e diramato alle scuole tutti gli strumenti di didattica a distanza possibili, dopo con la nota del 17 marzo sono state indicate le linee guida della didattica a distanza, ed infine con il decreto Cura Italia ha stanziato 85 milioni.

I dati dell'Ufficio Scolastico Regionale toscano confermano che dopo il primo slancio degli insegnanti, in questi giorni le scuole stanno attivando una vera organizzazione centralizzata di lezioni a distanza. Nell'98% delle scuole toscane, statali e paritarie, infatti, è già attiva una delle tante piattaforme a disposizione degli insegnanti. Staccare la spina significherebbe abbandonare i ragazzi a sé stessi. Significherebbe, in fondo, pensare la scuola come un luogo asettico, neutrale, burocratico, in cui si memorizzano solo nozioni, formule, regole e significherebbe pensare agli insegnanti come semplici dispensatori di istruzioni per l'uso. Sappiamo che non è così.

I ragazzi invece hanno bisogno di confronto, dialogo, rapporti. Hanno bisogno di adulti, di maestri che aiutino loro a scoprire il senso delle cose, e la scuola è parte di questa scoperta. Per questo adesso più che mai la scuola non può «chiudere». L'edificio chiude certo, ma il rapporto, tra allievi e docenti non può chiudere. In questo momento di emergenza nazionale, ognuno sta facendo la propria parte.

In una situazione mia vista prima, ognuno è chiamato a dare una mano, ad usare buon senso e ragionevolezza. Ognuno. Almeno tutti quelli che vivono su questo pianeta.