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Coronavirus, Scaramelli: "Io, malato, vivo giorni da incubo"

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intervista di Maurizio Bologni, "Firenze - la Repubblica", 17 marzo 2020.

«È arrivato di notte, tra venerdì 6 e sabato 7 marzo. Mi sono svegliato di colpo con una fitta lancinante alla testa, prolungata, insopportabile. Ho messo la testa sotto il cuscino, l'ho tenuta schiacciata lì sotto per ore, non sono più riuscito a chiudere occhio. Quella notte il Covid-19 è entrato nella mia casa. Ha colpito me, mia moglie, nostra figlia Maddalena di 13 anni, risparmiato solo Lorenzo che di anni ne ha 8. È una situazione surreale, allucinante». Stefano Scaramelli, classe 1976, già sindaco Pd di Chiusi e ora esponente di Italia Viva, consigliere regionale e presidente della Commissione sanità, è stato il contagiato numero 105 in Toscana. «Era solo 10 giorni fa. Ora i contagiati sono migliaia. Neppure in guerra c'erano ogni giorno così tanti morti», dice.

Scaramelli, ritorniamo ai primi i giorni?
«Sabato 7 stava male anche Maddalena. Ho telefonato al medico di famiglia Lunedì il tampone».

Quali sintomi?
«Fitte insopportabili alla testa, ma poi dolori fortissimi anche a spalle, gambe, ossa, tosse e malessere generale. Febbre fino a 38. Per fortuna non accusiamo problemi respiratori, ma viviamo nel terrore che possano arrivare da un momento all'altro. Se succede, ci hanno spiegato, bisogna subito chiamare il 118 ed essere trasportati in ospedale perché il quadro clinico può precipitare in mezzora».

Come ha contratto il coronavirus?
«Non siamo riusciti a capirlo. Ma di una cosa sono certo: non lo ho trasmesso. Ho visto decine di persone prima di scoprire di essere ammalato, e le ho segnalate tutte alla Usl, ma nessuno ha accusato sintomi o è risultato positivo. Il virus morirà dentro di me. E questo dimostra quanto sia importante arginarlo con l'isolamento».

Come si vive in casa, senza impaurire un bambino di otto anni che non si può coccolare?
«Si vive al limite della follia, con l'ossessione dell'igiene. Non è facile sorridere quando il dolore ti spacca la testa in due. A Lorenzo abbiamo fatto credere che è un gioco, la disinfezione, il lavaggio delle mani, il risiko ognuno con propri dadi e pedine, il ritorno alle vituperate posate di plastica monouso. Lui ieri mi ha detto: "Babbo chiudi la finestra, che il virus non entra". Lorenzo crede che il virus sia fuori, non dentro casa e dentro di noi. Prendiamo anche il lato buono della situazione: conoscersi meglio, rinsaldare relazioni, complicità. Sabato Maddalena stava malissimo. Piangeva. Ci siamo abbracciati forte. Non lo facevamo da tanto».

Il cibo e le medicine?
«Ce li portano al cancello negozianti e volontari. Ci suonano e se ne vanno. Noi scendiamo a prenderli».

Il giorno più brutto?
«Venerdì pensavamo di esserne usciti. Poi sabato a me sono tornati i dolori, a Maddalena febbre alta e mal di testa. Ho temuto il peggio. C'è ancora da combattere. Non è uno scherzo. Siamo tutti vulnerabili, muoiono anche i giovani. Attenersi alle regole significa dare prova di civiltà. Se potete, rinunciate anche alla spesa. E chiudetevi in casa».