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Gozi: «Con il caso Qatargate l' Europarlamento ha rinunciato al suo ruolo»

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Intervista a Sandro Gozi per «Il Dubbio» del 22-02-2024

di Simona Musco

"Credo che in tutta questa vicenda il Parlamento europeo abbia sacrificato troppo presto, in modo troppo sbrigativo e gravemente superficiale, il proprio prestigio e le proprie prerogative”. È tranchant il giudizio di Sandro Gozi sulla gestione politica dell'affaire Qatargate. Un giudizio che l'eurodeputato di Renew Europe aveva già espresso pubblicamente, qualche giorno fa, in Commissione Affari costituzionali, quando alla presenza della ministra degli Esteri del Belgio, Hadja Lahbib, aveva evidenziato la necessità di fare autocritica, affrontando finalmente, a viso aperto, la questione.

Il suo intervento in commissione Affari costituzionali è stato tra i pochi a mettere in dubbio, in maniera pubblica, il rispetto delle garanzie nel caso Qatargate. Cosa non la convince di questa vicenda?

“Mi preoccupa molto il modo sbrigativo e per niente approfondito con cui è stata determinata la flagranza di reato e con cui la stessa è stata invocata per revocare l'immunità. Ricordiamo che fu il padre dell'ex vicepresidente Eva Kaili, e non Kaili direttamente, ad essere stato trovato con una valigia piena di soldi. E io voglio ricordare che l'immunità parlamentare non è una garanzia per l'eletto, è una garanzia per gli elettori, per la democrazia. In questo modo, innanzitutto, abbiamo creato un precedente pericoloso: una nozione molto larga di flagranza di reato, che vale anche per altri Paesi. Le faccio un esempio: sono un deputato europeo oppositore di un governo di estrema destra in Europa, vado a visitare quella capitale, sono in un hotel e nell'hotel i servizi segreti lasciano un chilo di droga. È evidente che la mia immunità viene immediatamente revocata. E non è una cosa molto diversa da quello che è successo in questa vicenda, tra l'altro preparata con attività dei servizi segreti, violando anche in questo caso le prerogative parlamentari, alla luce di quanto si legge sui giornali. Quindi dal punto di vista della tutela delle prerogative parlamentari sono molto, molto perplesso. L'altro aspetto è che non c'è assolutamente un approccio condiviso e neppure un minimo comune denominatore nel modo in cui i 27 Stati membri trattano l'immunità dei parlamentari europei. Mi sembra ci sia una geometria variabile e anche questa è una questione che dobbiamo assolutamente affrontare, di cui nessuno parla, ma che è fondamentale per la democrazia europea, a maggior ragione in vista del prossimo allargamento, che determinerà ancora più diversità. Ed è per questo che in commissione Affari costituzionali mi è sembrato doveroso sollevare le mie fortissime perplessità sul modo in cui una prerogativa costituzionale come l'immunità parlamentare è stata trattata in un Paese fondatore qual è il Belgio e il modo in cui non è stata difesa da un'istituzione a cui appartengo, che è il Parlamento europeo.”

Lei ha parlato dei servizi segreti: dai verbali che anche il Dubbio ha potuto visionare ci sono le prove che gli 007 sono entrati in Parlamento in borghese, di fatto facendo dossieraggio sui parlamentari. Nessuno, però, a parte Giuliano Pisapia, proprio dalle colonne di questo giornale, si è indignato.

“Lo trovo gravissimo. E sono molto deluso dal silenzio del Parlamento, a partire da quello della presidente, che credo che su questo avrebbe dovuto reagire. Credo che in tutta questa vicenda il Parlamento europeo abbia sacrificato troppo presto, in modo troppo sbrigativo e gravemente superficiale, il proprio prestigio e le proprie prerogative.”

Il Parlamento europeo ha subito scaricato Eva Kaili: non è stata affrettata e contraria al principio di presunzione di innocenza la scelta di revocarle la vicepresidenza?

“Ripeto: il Parlamento ha agito in maniera troppo sbrigativa. E lo ha fatto in un momento in cui sembrava ci fosse un rischio sistemico di corruzione, rischio che poi non si è avverato, dato che di questa inchiesta rimangono gli stessi quattro nomi iniziali, ai quali va riconosciuta comunque la presunzione di innocenza. Il punto, però, è che non c'è un sistema di corruzione e di questo ovviamente sono molto soddisfatto. Proprio per questo credo che dovremmo avere più coraggio nel difendere le prerogative. Quello che mi ha sorpreso e deluso è stato vedere una deriva direi forse peggiore di quella a cui assistiamo in Italia. Ci sono due giornali belgi che si fanno la concorrenza a chi pubblica più carte, carte che dovrebbero rimanere nel segreto istruttorio, e ciò è certamente molto sorprendente e preoccupante, dato che accade a qualche centinaia di metri dal Parlamento europeo, nella capitale europea, in uno Stato membro fondatore. Continuiamo a leggere due diverse versioni della vicenda e mi chiedo come mai ci sia tutto questo silenzio da parte del Parlamento europeo, posto che è la magistratura a dover stabilire come sono andate le cose. Ma siamo di fronte ad una messa in scena, con continui risvolti clamorosi, come la candidatura del giudice istruttore Michel Claise. Insomma, tutto quello che è accaduto non è rassicurante.”

Kaili ha investito la Commissione Juri per valutare la violazione della sua immunità, ma la pratica è in stallo da otto mesi. Quali sono le ragioni? Ne ha parlato con il suo collega di partito, Adrián Vázquez Lázara, presidente di Commissione?

“Guardi, non lo so, non è certamente una decisione di partito. Questa è una decisione istituzionale e ignoro le ragioni per cui non si sia proceduto. Ma credo che bisognerebbe procedere speditamente e fare chiarezza il prima possibile.”

Al netto delle responsabilità penali rimane un fatto: il Parlamento è permeabile alle influenze esterne. Quali meccanismi auto difensivi possono evitare ingerenze straniere nei processi democratici?

“Questo, se posso usare un gioco di parole, è il risvolto positivo del Qatargate: fatte salve le critiche che ho mosso, credo che il Parlamento europeo abbia avuto il merito di reagire in fretta per risolvere le proprie vulnerabilità. Questo ci ha permesso, ad esempio, di accelerare sull'adozione di una nuova legislazione sulla pubblicità politica online e di inserire, su mia iniziativa, il divieto per gli attori non europei di finanziare le campagne elettorali online, a partire dai tre mesi precedenti all'avvio ufficiale di una campagna elettorale. Questa è una risposta concreta. Se io sono influencer e faccio pubblicità ad un politico devo dichiarare se lo faccio perché con quel politico ho un contratto di servizi e sponsor. Poi ci sono delle risposte anche rispetto alla cyber security: il Parlamento europeo è stato molto ingenuo fino ad oggi e stiamo spingendo per creare una cultura della cybersicurezza, che vuol dire anche una maggiore cooperazione per proteggerci dai cyber attacchi. Da ultimo, abbiamo preteso più trasparenza e regole più stringenti su tutti quelli che possono essere i conflitti di interesse in cui un deputato si può trovare quando è relatore di un certo provvedimento. Credo che tutto questo sia molto positivo e non è stato non a causa del Qatargate, ma grazie al Qatargate.”

In vista delle elezioni europee, è possibile che riformisti e liberali italiani si mettano insieme in un'unica lista per correre insieme alle europee? Ci sono ancora trattative in corso per tenere insieme Italia viva, Azione e +Europa?

“Io continuo a sperare che il buon senso prevalga. E continuo a sperare che la politica prevalga, perché non c'è nessuna motivazione politica vera per non avere una lista comune, Renew Europe, in Italia. Credo che ci dovrebbe essere un'assunzione di responsabilità da parte delle forze che hanno creato Renew, o che sono arrivati in Renew in tempi molto più recenti, come Azione, per capire che in queste elezioni europee ci giochiamo il futuro dell'Europa e ci giochiamo il futuro dell'Italia in Europa. Di fronte alla crescita delle estreme destre, le motivazioni personali, o anche i dissidi, devono cedere il passo alla posta in gioco. Le elezioni europee non sono il momento per un regolamento di conti, sono il momento per fare i conti con la storia. Che adesso ha un'accelerazione enorme. Di fronte a tutto questo, le ragioni che vengono invocate per non fare una lista comune sono assolutamente risibili e quindi spero che prevalga il buon senso.”

 E se ciò non accade?

“Io sono segretario del Partito democratico europeo, ci sono delle forze Italia che appartengono al nostro partito, come Italia viva, e faremo di tutto per portarle la vittoria. Noi, intanto, ribadiremo la nostra proposta, come democratici europei Renew, nella nostra Convention europea l' otto marzo a Firenze.”