Estratto dell'intervista di Francesco Cerisano, "Italia Oggi", 28 maggio 2021.
Sì all'accollo statale dei debiti dei comuni ma solo dietro la precisa garanzia che, una volta risanati i conti, gli enti non riprendano a indebitarsi. «Perché non deve passare il messaggio che lo Stato tenda a penalizzare chi ha avuto comportamenti virtuosi». E in quest'ottica la capacità di riscossione delle imposte può rappresentare «un'efficace e significativa cartina di tornasole» per distinguere chi è stato efficiente da chi lo è stato meno.
Modificare la disciplina del pre-dissesto in modo che diventi davvero una opportunità per risanare i conti delle amministrazioni e smetta di rappresentare, come accade ora, un rinvio a lungo termine del momento in cui le criticità vengono affrontate e risolte. Come? Rendendolo «più appetibile», per esempio eliminando i vincoli sul personale e consentendo il ricorso al debito per finanziare investimenti. E ancora, riformare il Tuel per superare quella sorta di «responsabilità oggettiva dei sindaci» che oggi rischia di tenere lontani dalla vita pubblica molti aspiranti primi cittadini. Sono le priorità del sottosegretario al ministero dell'interno, Ivan Scalfarotto, al quale è stata affidata la delega per riprendere il percorso di riforma del Tuel. Un percorso che non potrà non tenere conto delle condizioni di grande difficoltà finanziaria, aggravate dalla pandemia, in cui si trovano molti enti, ancora più a rischio dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato l'utilizzo del Fondo anticipazioni liquidità e il ripiano trentennale del debito.
Sottosegretario, la recente sentenza della Consulta ha rilanciato il tema della difficile gestione del disavanzo dei comuni. Un tema spesso affrontato dalla politica con scelte emergenziali, di corto respiro, anziché strutturali. Cosa ne pensa della soluzione su cui Mef e Viminale stanno lavorando d'accordo con Anci e Upi?
C'è da dire che la Corte Costituzionale si è espressa su questa materia con una serie di sentenze, ultima la 80/2021, in modo estremamente chiaro. Sono sentenze che certamente aprono un problema oggettivo su un principio però condivisibile - quello dell'equità intergenerazionale nella tenuta dei conti pubblici per cui non si può far pagare alle generazioni future la responsabilità dei nostri errori di ieri e di oggi - che la politica dovrebbe affrontare strutturalmente invece di costruire interventi episodici che sembrano più idonei a gestire i sintomi che a rimuoverne la causa. Io credo che la politica debba avere il coraggio di affrontare il problema anche prevedendo un intervento della finanza pubblica nazionale, ma solo con condizionalità ben precise inerenti meccanismi automatici di riscossione dei tributi locali e di controllo della spesa corrente in affari generali.
Sul dissesto e pre-dissesto il viceministro Castelli punta a trovare una soluzione stabile, attraverso l'attivazione di una cabina di regia che resti costantemente aperta, per evitare di riproporre lo schema seguito in tutti questi anni, ossia l'intervento in extremis con norme ad hoc per salvare questo o quel comune. Cosa ne pensa?
La Conferenza Stato-Città ha proprio pochi giorni fa costituito un tavolo tecnico-politico per discutere insieme a Anci e Upi queste tematiche e trovare soluzioni che tengano insieme il necessario rispetto delle sentenze della Corte Costituzionale con l'esigenza di fare in modo che i nostri comuni siano messi in condizione di operare e di svolgere quel ruolo, dal valore inestimabile, che rivestono nell'architettura istituzionale della Repubblica e nella vita dei cittadini. Certo, il filo rosso deve essere proprio quello dell'approccio strategico e non solo tattico, non solo la gestione dell'emergenza, ma la valutazione attenta dei problemi per l'individuazione di soluzioni praticabili e di lungo respiro. Credo che un foro in cui le prospettive dello Stato centrale e delle autonomie locali sono rappresentate contemporaneamente, dando la possibilità ai vari livelli istituzionali di collaborare lealmente tra loro, sia il luogo adatto per adottare decisioni positive e fruttuose.
Da più parti si chiede che la riforma del Tuel ormai considerata ineludibile parta proprio dalle regole per i comuni in dissesto e pre-dissesto. Su cosa si dovrà intervenire per evitare gli errori del passato?
Io penso ci sia lo spazio per rivedere significativamente la disciplina. Abbiamo innanzi tutto bisogno di elementi che individuino potenziali crisi in uno stato ancora iniziale, quando il problema non è già conclamato. Il pre-dissesto va poi ripensato e riportato alla sua funzione originaria: fu creato per guarire ed evitare le situazioni problematiche, si è trasformato invece in un rinvio a lungo termine del momento in cui le criticità vengono affrontare e risolte. Il dissesto deve essere reso più «appetibile» allentando alcuni dei vincoli che tuttora sono previsti per la «good bank», in primis quello del personale, e permettendo l'accensione di debito in misura sostenibile per realizzare gli investimenti. Il concetto è chiaro: il dissesto, soprattutto per i sindaci neoeletti, non deve essere uno stigma, la zavorra che impedisce a un'amministrazione appena eletta - magari proprio in nome del rinnovamento - di realizzare il proprio programma, ma il modo più trasparente per permettere la ripartenza.
Chi lo desidera può leggere l'intervista completa a questo indirizzo.