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Colaninno: "Draghi al Quirinale o ancora Premier per almeno un anno"

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L'intervista pubblicata dalla "Gazzetta di Mantova", 21 gennaio 2022. 

Draghi al Colle o premier almeno per un altro anno: sono queste le uniche due opzioni possibili per il parlamentare mantovano di Italia Viva Matteo Colaninno a meno di una settimana dal voto del Parlamento riunito in seduta comune. Ce lo spiega in questa intervista che parte dagli scenari di governo per arrivare alle infrastrutture necessarie al territorio come il raddoppio ferroviario, di cui è stato promotore, che è ormai instradato e, per il prossimo futuro, il Tibre. Non senza un passaggio sul salvataggio della Corneliani «merito della determinazione delle sue lavoratrici che non hanno mai mollato».

Siamo alla vigilia dell'elezione del Presidente della Repubblica e il quadro è ancora abbastanza confuso...
«Intanto vorrei dire che mi spiace molto che si sia concluso il settennato del presidente Mattarella e ammetto che in me c'è anche un dispiacere personale e particolare. Il mio auspicio è che il prossimo mandato sia in totale continuità di valori con questi sette anni. Il Presidente della Repubblica è il punto estremo delle garanzie costituzionali: con la sua imparzialità, i suoi poteri e prerogative, con la sua autorità morale, guida lo Stato, congiunge e ricongiunge la nazione soprattutto nei momenti più delicati e difficili. Da lunedì inizieremo le votazioni in Parlamento in seduta comune e mi auguro che il consenso arrivi per la migliore personalità politica. Servono notevoli capacità, esperienza e mano ferma. Inoltre mi auguro da politico che appartiene al gruppo parlamentare di Italia Viva, che ha determinato le condizioni per la nascita del governo Draghi, che alla fine Draghi continui a servire la Repubblica. È oggi la persona migliore che l'Italia può spendere, è tra i primissimi punti di riferimento in Europa e sul piano internazionale. Gli è riconosciuto ovunque prestigio, competenza e affidabilità».

Quindi Draghi al Quirinale per lei?
«Ci sono due opzioni secondo me: o sette anni di garanzia per l'Italia con Draghi al Quirinale oppure Draghi continui a fare il presidente del consiglio almeno per un anno. Fuori da queste opzioni andiamo incontro a una perdita netta».

Dal centrodestra dopo Berlusconi si parla anche di figure come Gianni Letta, Maria Elisabetta Casellati, Letizia Moratti o Marcello Pera...
«Come prevede la Costituzione, il Presidente della Repubblica deve avere il più ampio consenso e non deve essere una figura divisiva. Dopo di che, se esiste una personalità proposta dal centrodestra in grado di accogliere un ampio consenso il Parlamento deciderà».

Da questa votazione dipende anche quale governo ci porterà alle elezioni: quali gli scenari?
«Da una parte siamo in mezzo alla quarta ondata pandemica con i costi insostenibili della questione energetica. Dall'altra il 2021 si è concluso con l'Economist che ha definito l'Italia il Paese dell'anno non solo perché il Pil è cresciuto del 6,2%, ma anche perché credo ci sia stata una lettura in profondità della svolta politica che l'Italia ha compiuto. Questo Parlamento nasce nel 2018 con una maggioranza sovranista e populista con esponenti che pensavano alla possibilità di uscire dall'Europa. Oggi quello stesso Parlamento ha dato fiducia all'ex presidente della Banca centrale europea Draghi con un governo di ampia maggioranza. È stato uno straordinario progetto politico di Italia Viva con il governo che ha ribaltato la nostra condizione da ultimi tra i Paesi europei a primi della lista. Abbiamo di fronte un anno importantissimo e non possiamo fallire. A partire dai flussi che arrivano dall'Europa due volte all'anno e sono tra i 20 e i 25 miliardi in funzione della progressione delle riforme e del Pnrr. E abbiamo venti contrari da gestire come la questione energetica, con il governo che sta mettendo in campo risorse enormi per mitigare l'impatto, l'esplosione dei costi delle materie prime, dei trasporti, l'inflazione che supererà il 5% a breve. È evidente che la prossima settimana avrà impatti di lunghissimo periodo e di governo connessi alla scelta del Presidente della Repubblica. Impatti che diventano determinanti rispetto a temi di così ampia portata. Lo snodo della prossima settimana è cruciale per gli assetti di governo».

Un Mattarella-bis avrebbe risolto le cose?
«Sarebbe la situazione ottimale, ma il presidente Mattarella è stato molto chiaro a questo proposito».

Prima citava il Pnrr: al momento buona parte dei progetti mantovani sono ammessi ma non finanziati. La preoccupa?
«È una condizione che deve preoccuparci e vanno messe in campo forze e sinergie perché ci sia effettività nei trasferimenti. Dopodiché a Mantova sono arrivati 165 milioni da fondi del Pnrr sul tema del raddoppio ferroviario portando così a 500 milioni le risorse disponibile da spendere. A dicembre il raddoppio è partito con la conferenza di servizi, c'è un commissario governativo bravissimo, Chiara De Gregorio, e le sue capacità sono garanzia per la realizzazione del progetto. Per me poi è molto importante che tutte le forze politiche siano favorevoli e stiano aiutando. La ferrovia è una priorità, l'attuale servizio è insostenibile e le vostre cronache lo testimoniano quotidianamente. Solo una grande infrastruttura come questa cambierà radicalmente il servizio. Naturalmente l'attuale assetto parlamentare, di governo nazionale e locale apre anche ad altre possibilità per Mantova».

Ovvero?
«Credo si possa ragionare con il presidente della Regione, con le Province di Mantova e Cremona e con i sindaci per gestire anche l'occasione dell'apertura del corridoio strategico del Brennero, che porterà flussi di traffico e merci che possono essere un'opportunità enorme ad esempio per Valdaro ma anche con problematiche da gestire. In questo senso credo possa essere valutata la combinazione tra Ferrovia, autostrade e Tibre già sostenuta dal documento firmato da quattro presidenti di Provincia e ventisette parlamentari. Il Tibre darebbe prospettive europee e di strategia industriale».

Concludiamo con una vertenza che l'ha vista coinvolta in uno dei momenti cruciali e oggi ha intrapreso un nuovo cammino di rilancio: Corneliani.
«Mi ha fatto molto piacere la visita del ministro Giancarlo Giorgetti in fabbrica quale momento simbolico del salvataggio. Nella fase più buia dell'estate 2020 il sindacato convocò la ministra Elena Bonetti ed io e quell'iniziativa che abbiamo preso quella mattina insieme al ministro Stefano Patuanelli, portando la crisi in prefettura a Mantova, crediamo che abbia contribuito a evitare il disastro. Essere stati un tassello importante ci riempie di gioia, ma il denominatore comune di tutte le fasi di questa vicenda è stato il non mollare mai delle lavoratrici: è questo che ha creato le condizioni per arrivare sin qui passo dopo passo. Grazie a loro, tutti ci siamo sentiti chiamati a fare il massimo e ognuno di noi ha cercato di farlo per la sua parte. In una fase in cui il lavoro è in condizioni di stress, possiamo guardare con il sorriso a questa vicenda che ha ridato vita a un'azienda storica salvando il lavoro a centinaia di famiglie».