L'ex presidente della Consulta, nell'intervista odierna a "la Stampa", boccia l'ipotesi di una task force per la gestione del Recovery Fund, 9 dicembre 2020.
La task force per la gestione del Recovery Fund è una soluzione «rococò», uno strumento che sta «in una terra di nessuno» e di cui «non si capisce la natura»: non usa mezzi termini, oggi, il professor Sabino Cassese, nell'intervista rilasciata al quotidiano "la Stampa".
Cassese non nasconde le proprie perplessità sull'ennesimo comitato di esperti proposto dal Premier Giuseppe Conte e fa presente che il ricorso ai gruppi di lavoro e la pioggia di Decreti del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm) è la dimostrazione che «si governa improvvisando» e se non si rischiano i «pieni poteri» di cui parla Matteo Renzi, sicuramente si può dire che nelle mani del premier si stanno accentrando «troppi poteri».
«Ho letto il testo di un ennesimo decreto legge, che è stato sottoposto all'approvazione del Consiglio dei ministri e non ancora approvato. Si tratta di un articolo unico con molti commi. Istituisce una struttura tra terra e cielo, in una "no-man's land", di stile rococò, ispirato ad aperta sfiducia nell'amministrazione pubblica», ha spiegato il professor Cassese, esprimendo le sue perplessità sulla forma stessa della task force, entro il contesto del nostro dettato costituzionale. «Sta in una terra di nessuno e non se ne capisce la natura. Vien definita struttura di missione. Per avere un'idea della sua distanza dai ministeri e dallo Stato, ricorderò che i ministeri possono attivare "tavoli di confronto" con la struttura di missione, come se questa fosse un sindacato con cui si contratta. Ha poi una specie di suo Parlamento, denominato Comitato di responsabilità sociale, con categorie produttive, università e società civile», ha sottolineato, difatti, Cassese.
Nel nostro Paese, «a partire dai capi dei governi, si disprezza la burocrazia, alla quale si fanno risalire tutte le colpe dello Stato», ha, inoltre, notato l'ex presidente della Consulta. Insomma, ha spiegato il professore, «si governa improvvisando».
Per quanto riguarda la gestione diretta dei servizi segreti da parte del Presidente Conte, il professore ha spiegato che «è legittimo e vi sono precedenti. Se la delegasse e si dedicasse al coordinamento dell'azione amministrativa sarebbe meglio».
Per quanto riguarda l'ipotesi che ci si stia avviando verso i "pieni poteri", evocati da Matteo Renzi, il professor Cassese ha spiegato che: «pieni poteri no, troppi poteri sì. Ma vi sono anche altre avvertenze che bisognerebbe fare: procedere rispettando le regole di trasparenza; esser più chiari nello scrivere norme dettate per tutti i cittadini (sa che, nonostante la diversa interpretazione del ministero dell'Interno, le prescrizioni dell'ultimo decreto legge, sul Natale, non hanno sanzioni?); riporre maggior fiducia negli uffici pubblici, anche perché si dichiara periodicamente che non funzionano, ma nulla è stato fatto nel passato biennio per farli funzionare meglio».
A chi parla di applicare il «modello Genova» al Recovery Plan per aggirare procedure ritenute troppo complicate, il professore Cassese, in conclusione, risponde che «si dichiara l'emergenza anche quando un evento era prevedibile e previsto. Si ricorre alla protezione civile perché non si sa semplificare».
Chi lo desidera può leggere l'intervista integrale a questo indirizzo.