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Cappello: "Un modello Milano per lo smartworking"

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Intervista di Alessia Gallione, "Milano - la Repubblica", 31 gennaio 2022.

È una chiamata alla città, quella che lancia l'assessora alle Politiche per il lavoro, Alessia Cappello: «Imprese, sindacati, ma anche scuole, università, banche, Municipi, singoli cittadini, associazioni e partiti... Scriviamo insieme un nuovo Patto per il lavoro».

L'obiettivo: arrivare all'inizio di aprile a firmare un'alleanza tra Palazzo Marino e le anime più diverse di Milano per trovare soluzioni in grado di (ri)formare e aiutare chi ha pagato le conseguenze della crisi. E non solo. Perché questa volta, dice Cappello, oltre ad allargare la platea di interlocutori, il Comune vuole provare ad ampliare anche gli strumenti «innovativi» da sperimentare sul campo: dal «fondo casa» per i giovani ai primi impieghi, ai protocolli sullo smartworking e sulle pari opportunità.

Assessora, innanzitutto: che cos'è il Patto per il lavoro?
«I contenuti vogliamo scriverli insieme alla città in questi due mesi attraverso incontri, convegni, tavoli e idee che potranno arrivare anche via mail. Le dico che cosa mi piacerebbe che fosse: un insieme di proposte, progetti da sperimentare e azioni molto concrete di politiche attive. Sulle premesse, a cominciare dalla necessità di supportare chi è rimasto ai margini, siamo tutti d'accordo: è quello che con le forze produttive e sociali abbiamo condiviso in una prima stesura del Patto scritta durante lo scorso mandato. Adesso, dobbiamo rilanciare».

La crisi innescata dal Covid ha colpito anche la "ricca" Milano: i livelli di occupazione in città sono tornati ai livelli pre-Expo. Oggi quali sono le priorità?
«Sono tre: aiutare i più fragili ma, ed è questa la chiave ulteriore del Patto, anche porre un'attenzione particolare a giovani e donne».

Partiamo dai giovani. Che cosa avete in mente?
«Se vogliamo continuare a costruire una Milano sempre più attrattiva e internazionale, non possiamo non partire da chi è un pezzo di presente e soprattutto di futuro di questa città. Le nostre università e i nostri istituti professionali sono eccellenti. Chi esce dai nostri atenei spesso non ha difficoltà a trovare uno sbocco professionale, ma se il costo della vita è talmente alto che poi non puoi permetterti di rimanere qui, rischiamo di perdere una generazione di talenti costretta magari ad andarsene in un'altra città o un in altro Paese».

Si riferisce ai prezzi delle case, che continuano a crescere?
«Mi piacerebbe che questo fosse uno degli obiettivi del Patto: trovare un sistema per creare una sorta di "fondo casa" per accompagnare i neo laureati o chi esce dagli istituti tecnici superiori almeno per i primi anni, quando gli stipendi non consentono ancora di avere una piena autonomia. Perché, ad esempio, non coinvolgere immobiliaristi e privati che investono nel social housing? Già oggi ci sono bandi per le giovani coppie o per fasce Isee, ma dobbiamo ampliare ulteriormente l'offerta».

E per l'occupazione femminile, invece, quali sono le risposte?
«Sono diverse perché a essere molteplici sono le necessità. Certo, a Milano l'occupazione femminile è più alta rispetto ad altre città, ma anche qui molte hanno perso il lavoro a causa della pandemia. Ci sono le donne vittime di violenza che possono riconquistare una loro indipendenza anche con il lavoro, c'è chi non riesce a rientrare dopo la maternità, chi ha bisogno di bilanciare professione e famiglia. In questo contesto possiamo immaginare anche un protocollo sullo smartworking».

Che cosa vuol dire?
«Pensiamo agli spazi all'interno degli uffici che si libereranno con la rotazione delle scrivanie: le imprese potrebbero impegnarsi a reinvestire in benessere per i lavoratori, dagli asili nido alle palestre, dai servizi allo psicologo. Anche questo è welfare».

I commercianti individuano proprio nello smartworking che svuota Milano una delle cause della crisi dei consumi.
«Dobbiamo trasformarlo in un'opportunità, senza demonizzarlo. Partendo dalla consapevolezza che quello che stiamo vivendo è lavoro da remoto. Il vero smartworking, strutturato per obiettivi, consente di liberare tempo per viverla, la città».

Per la formazione e il reinserimento, quest'anno arriveranno in Lombardia 100 milioni del Pnrr. Il Comune quali strumenti può mettere in campo?
«Vogliamo essere i registi di questo Patto, mettendo insieme tutti gli interlocutori in un'ottica molto ambrosiana di collaborazione tra pubblico e privato. Possiamo ad esempio mettere a disposizione dati e informazioni per far incontrare domanda e offerta e rendere più capillari sul territorio gli sportelli per il lavoro, andando dove sono le persone».

E alle imprese quali impegni chiederete?
«Le imprese devono essere parte di questo percorso. Lancio un'idea: sul fronte delle pari opportunità, la ministra Elena Bonetti ha costruito una certificazione che dà premialità nei bandi pubblici alle aziende che rispettano certi requisiti. Proviamo a ragionare sullo stesso modello, ma allarghiamolo alle certificazioni per il "buon lavoro" con l'impegno, anche oltre il rapporto con il pubblico, a rispettare criteri di genere, sicurezza, sostenibilità e la garanzia di livelli minimi di stipendio per le varie categorie».