Caffè europeo #20

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COP26: i traguardi climatici del futuro

La COP26 è la conferenza internazionale sui cambiamenti climatici che riunisce 197 paesi appartenenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Dopo la prima conferenza a Berlino nel 1995, siamo arrivati questanno alla ventiseiesima edizione, ritardata di un anno a causa della pandemia. È durante la COP26 o Conference of the Parties (Conferenza delle Parti), tenutasi a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre, che è avvenuta la revisione degli accordi di Parigi. Al vertice di Glasgow, i paesi partecipanti hanno presentato i propri piani aggiornati di riduzione delle proprie emissioni, le cosiddette Nationally Determined Contributions”.

Il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) ha dichiarato che il riscaldamento globale sta provocando cambiamenti crescenti e, in alcuni casi, irreversibili nell'andamento delle precipitazioni, negli oceani e nei venti.

Nell'UE e nel mondo, gli eventi meteorologici estremi quali ondate di calore, inondazioni e incendi boschivi si verificano, infatti, negli ultimi anni con maggiore frequenza e intensità. Laumento delle temperature ed eventi meteorologici più intensi comporteranno, inoltre, costi enormi per l'economia dellUE a causa del loro impatto negativo sulla produzione, in particolare di generi alimentari.

Nel corso della Conferenza gli stati hanno esaminato i progressi compiuti in relazione agli impegni assunti nell'Accordo di Parigi nel 2015 (ovvero di mantenere il riscaldamento globale sotto a 2ºC, di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5ºC e di mobilitare i fondi necessari per riuscirci).

L'UE ha anche rinnovato la sua ambizione in materia di clima in conformità all'accordo di Parigi, impegnandosi a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 e facendo di tale obiettivo un obbligo giuridico attraverso la normativa europea sul clima.

 

Tra i punti più importanti con cui si è concluso il vertice COP26:

        • l'impegno dei paesi sviluppati ad aumentare i contributi finanziari al fine di raggiungere l'obiettivo di 100 miliardi di USD all'anno di fondi ai paesi in via di sviluppo per la lotta ai cambiamenti climatici
        • l'adozione dell'impegno globale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra
        • la messa a punto del codice di Parigi

 

È fondamentale che insieme agli strumenti legislativi e ai dossier scientifici si gestisca la trasformazione dell'industria dell'UE per affrontare la transizione senza subirne le conseguenze sociali ed economiche, allo scopo di:

        • stimolare una crescita economica sostenibile
        • creare posti di lavoro
        • produrre benefici per la salute e l'ambiente a vantaggio dei cittadini dell'UE
        • contribuire alla competitività mondiale a lungo termine dell'economia dell'UE promuovendo l'innovazione nelle tecnologie verdi

La scienza ci suggerisce condizioni e tempi: una responsabile e immediata riduzione su vasta scala delle emissioni di gas a effetto serra e il successivo conseguimento della neutralità energetica possono limitare i cambiamenti climatici e i loro effetti.

Questo è il rapporto sullo stato dellUnione dellenergia nel 2021: una spesa per ricerca e innovazione di energia pulita al di sotto dei livelli del 2010, limpennata dei prezzi, laumento delle importazioni nette, 31 milioni di persone in povertà energetica. Il lavoro da fare al Parlamento europeo è indubbiamente ancora tanto: i prossimi passi sono sicuramente lapprovazione delle proposte legislative del pacchetto Fit for 55, la riduzione della dipendenza da paesi terzi, diversificando lapprovvigionamento e aumentando lo stoccaggio, ma soprattutto incrementando la produzione di energia da fonti rinnovabili. Di fronte a questo quadro risulta cruciale risolvere il problema burocratico delle procedure di autorizzazione per il dispiegamento delle rinnovabili.

 

Pausa caffè con Silvia Fregolent, deputata di Italia Viva alla Camera, componente della VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)

 

D: Cara Silvia, qual è stato il ruolo dellItalia nella COP26?

 

R: LItalia è stata tra i paesi che hanno insistito maggiormente sulla necessità di mettere in campo azioni efficaci e rapide per contrastare i cambiamenti climatici. Sia in occasione della Pre-cop” che del G20, che si sono svolti nello scorso mese di ottobre rispettivamente a Milano e Roma, è stata infatti promossa una rete trasversale di sensibilità ed obiettivi condivisi che ha di fatto sollecitato lopinione pubblica e la comunità internazionale sullimportanza di intervenire. Da lì è apparso evidente a tutti che il fallimento del summit di Glasgow avrebbe causato una catastrofe planetaria.

 

D: La COP26 segna un passo in avanti nella lotta ai cambiamenti climatici. Possiamo ritenerci soddisfatti? Cosa si sarebbe potuto fare di più?

 

R: Va premesso innanzitutto che nulla era scontato, anche perché in occasione delle precedenti Convenzioni sui cambiamenti climatici, ci sono stare nazioni che si sono sempre battute per ottenere accordi al ribasso. Va poi ricordato che i diversi paesi hanno impatti differenti sullinquinamento prodotto. Solo per fare alcuni esempi lintera Unione Europea produce circa l8 per cento del totale delle emissioni globali mentre la Cina sfiora il 30 per cento e gli Stati Uniti circa il 18 per cento. Ci sono quindi aspettative ed obiettivi condizionati da punti di partenza oggettivamente distanti. Detto questo credo che il vertice di Glasgow abbia prodotto risultati positivi: mi riferisco in particolar modo ai limiti dellutilizzo delle fonti energetiche di nazioni come India e Cina ed il contenimento laumento delle temperature entro 1,5 gradi. Questi obiettivi però devono essere seguiti da politiche concrete e la recente dichiarazione degli Stati Uniti di produrre il 40 per cento dellenergia da fonti petrolifere, resa nota una settimana dopo Glasgow, non depone a favore della serietà degli impegni assunti.

 

D: Come possiamo assicurarci che gli accordi presi a Glasgow abbiano un effetto positivo sul settore industriale e sul tessuto economico italiano?

 

R: Questa sarà la vera sfida del futuro. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNNR) prevede già lo stanziamento di ingenti risorse per contrastare i cambiamenti climatici: sono previsti ad esempio 56,7 miliardi di euro per creare città sostenibili, resilienti ed inclusive che mettano al centro la qualità di vita delle persone e delle aziende. Occorrono però altri interventi ed ulteriori finanziamenti per evitare che i processi della transizione ecologica producano effetti negativi sulloccupazione e sul PIL nazionale. Mi riferisco in primo luogo alla necessità di promuovere intere filiere di produzione Made in Italy (contrastando quindi le delocalizzazioni estere) e di garantire un approvvigionamento congruo di materie prime al nostro sistema industriale. Dobbiamo evitare che paesi come la Cina, che continua ad acquisire naturali e tecnologiche, rileghino lEuropa ed il nostro paese ad un ruolo marginale.

La transizione ecologica deve essere infatti una opportunità di sviluppo sostenibile virtuoso ed inclusivo e non una forma di decrescita felice.

 

 

Un EUforico abbraccio

Silvia e Riccardo - Italia Viva chiama Bruxelles