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Buonajuto: Le nuove norme un rischio per il piano UE

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L'intervista a Ciro Buonajuto di Marco Iasevoli per "Avvenire"

In un territorio da due milioni di abitanti, con la media di 10mila abi- tanti al chilometro quadro, i tempi di realizzazione di una grande opera sono diversi rispetto a quelli che si possono prevedere in una vasta pianura del Nord. Il Pnrr ha un vizio di origine, ovvero non aver differenziato progetti e obiettivi in base ai territori, e se lo sta trascinando. In questo contesto, sul nuovo Codice degli appalti ho un’idea chiara: mette a rischio le opere già avviate».

Ciro Buonajuto, sindaco di Ercolano e vicepresidente dell’Anci, boccia il testo varato martedì in Consiglio dei ministri prima ancora che nel merito, già nel metodo.

Perché, sindaco, è così netto?

Noi abbiamo 11 progetti del Pnrr. Le procedure sono già avviate. E lo dico chiaro e tondo: se le procedure non fossero già avviate, le possibilità divedere le opere realizzate e collaudate entro il 2026 sarebbero pari a zero. Quindi, per chi è nella fase di finalizzazione delle procedere, cambiare le regole degli appalti proprio in questo momento rischia di essere controproducente.

Il ministro Salvini dice il contrario, che il nuovo Codice nasce per velocizzare tutto.
Chi amministra lo sa: resettare e ricominicare le procedure, questa è la vera perdita di tempo.

Non c’è la semplificazione promessa dal governo?

Con 229 articoli e con ormai innumerevoli procedure diverse che i Comuni stanno seguendo su vari fronti, parlare di semplificazione mi pare azzardato.

Con gli allarmi lanciati in questi giorni sul Pnrr, cosa succederà ora?

La previsione è piuttosto semplice, ahimè: sull’altare della concretezza e dell’efficienza sarà sacrificata la visione che c’era dietro. L’obiettivo di ridurre le disuguaglianze tra Nord e Sud inevitabilmente si allontana.

Se avesse potuto scegliere lei in piena autonomia i progetti del Pnrr per il suo Comune, avrebbe scelto quelli che ora sta realizzando?

Alcuni sì, altri decisamente no. Ci voleva una prospettiva per il Meridione nel suo complesso: il Sud ha bisogno di grandi infrastrutture, autostrade, alta velocità, porti, aeroporti per facilitare il turismo. È mancata davvero la consapevolezza della differenza tra territori. Provo a spiegarlo a Roma continuamente: tra Nord e Sud sono diversi i tempi e i disagi anche per fare i lavori su una strada.

Il Mezzogiorno sta rischiano di perdere investimenti? E rischia di perderli per colpa della classe dirigente del Sud?

Il Sud perde investimenti perché la politica da decenni non risolve problemi che ci sono da 40 anni. Sul mio Comune ci sono 7.500 richieste di condoni. Si stima che nei nostri territori il 50% delle abitazioni abbia almeno un abuso. La soluzione? Scaricare tutto magari su un funzionario della macchina comunale. Ma se non c’è una risposta d’insieme a situazioni di questo tipo, come si fa a immaginare che arrivino investimenti? Sarò più chiaro: è possibile investire su un patrimonio immobiliare in cui c’è un’alta probabilità di trovare abusi. Abbattiamo tutto? Non ci sono i soldi. Sa- niamo tutto? Non è giusto. Ecco i nodi ultradecennali da risolvere, ma è più semplice dire che qui non si sanno spendere i soldi.