Intervista a Maria Elena Boschi di Marco Iasevoli, "Avvenire", 28 giugno 2020.
Ciò che impedisce di dare le risposte alle paritarie è un «residuo ideologico» in M5s che porta a considerare «i denari dati a questi istituti come soldi regalati ai ricchi». Per Maria Elena Boschi, capogruppo di Italia Viva alla Camera, il problema sulle scuole paritarie è politico, non economico. «L'ho ripetuto ancora pochi giorni fa al premier - rivela l'ex ministra delle Riforme - sono in gioco la libertà d'educazione, il sostegno alle famiglie e migliaia di posti di lavoro».
Per il sito noisiamoinvisibili.it, già 64 istituti paritari hanno chiuso. E siamo solo all'inizio della conta... Perché non vi convincete a misure più incisive?
La domanda va rivolta a tutta la maggioranza tranne che a Italia Viva. Noi siamo infatti in prima fila per dare una mano alle paritarie. Così come abbiamo fatto per trovare le prime risorse nel dl-Rilancio nonostante la contrarietà di altri al governo. E lo facciamo non per un calcolo ma perché è giusto. Purtroppo c'è ancora un residuo ideologico nel M5s. Noi pensiamo che la libertà di educazione vada difesa. Dire che dobbiamo aumentare il finanziamento della scuola statale è giusto e del resto quando al governo c'eravamo noi abbiamo stanziato molte risorse, non solo sull'edilizia. Ma i denari per le paritarie non sono soldi regalati ai ricchi come pensano i seguaci delle ideologie: sono un concreto sostegno alle famiglie. E in questa fase di crisi servono ad evitare che migliaia di persone che lavorano nella paritarie perdano il posto. Noi combattiamo per liberare più risorse e l'ho segnalato con forza ancora pochi giorni fa al premier a nome di Italia Viva.
La chiusura delle paritarie aggraverà la situazione della scuola statale. Si può correre ai ripari? Come?
Semplice. Aumentando i finanziamenti per la scuola anche non statale. Abbiamo aumentato il debito per quasi 90 miliardi di euro. Non voglio credere che non si colga l'importanza di dedicare qualche decina di milioni per gli istituti che svolgono un servizio pubblico. E senza i quali salterebbero conti e spazi anche delle scuole statali.
Nella maggioranza c'è unità su questo tema?
Tutti i partiti vedono l'urgenza ma molti si fanno accecare dall'ideologia. Vedo la funzione di Italia Viva proprio in questo: far prevalere la realtà contro ogni sguardo ideologico. Lavoriamo per le scuole paritarie - tutte non solo le 0-6 - come per lo sblocco dei cantieri e per il Family act con l'obiettivo di dare una mano al Paese.
È quello delle paritarie uno dei dossier rimasti in sospeso. Ce ne sono altri molto rilevanti: ha ragione chi teme che questo governo sia in pericolo per le azioni che non compie?
Diciamo che entriamo nella fase decisiva. Governare durante la grande paura del Covid è per certi aspetti più semplice. Oggi governare restituendo una speranza è compito più arduo. Ma è ciò che serve. Quindi noi siamo al fianco del governo ma chiediamo di passare dalle chiacchiere ai fatti. Il premier sa che può contare sulle nostre proposte, sulle nostre idee, sulla nostra voglia di uscire dalla crisi. Basta piangersi addosso, ripartiamo.
Renzi ha proposto un patto per la legislatura e per il Colle, che però pare impossibile se non c'è anche un patto politico che vede questa maggioranza unita, ad esempio, nelle Regioni: come si sblocca questo stallo?
Sono due piani diversi. Mia nonna avrebbe detto: "Non mischiamo le pere con le mele". Infatti una cosa è lavorare per evitare che ci sia un presidente della Repubblica sovranista, magari alla Orban o che ci porta fuori dall'Europa. Altra è fare accordi locali. Detta in altro modo: noi possiamo stare insieme ai Cinquestelle per eleggere un europeista al Colle, ma certo non possiamo stare insieme ai Cinquestelle per rieleggere la Raggi a Roma.
Le scadenze si avvicinano: Mes, Autostrade, IIva. Avete attivato un "conto alla rovescia" oltre il quale non si può più attendere?
Niente conti alla rovescia, questo non è un quiz televisivo ma il governo del Paese. Ma certo è che non ci sono più i margini per rinviare ancora provvedimenti che servono. Su tutti il piano shock: se sblocchiamo i cantieri, la gente torna al lavoro. Perché se continuiamo con i soli sussidi finiscono i soldi e non riparte l'Italia.