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Boschi: "Solo chi ha qualcosa da nascondere teme la commissione sulle fake news"

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Boschi: "Solo chi ha qualcosa da nascondere teme la commissione sulle fake news"
Intervista di Lidia Baratta, Linkiesta, 18 ottobre 2019

Mancano poche ore al fischio di inizio della Leopolda numero dieci, quella che quest’anno sarà anche l’evento di consacrazione ufficiale del neonato partito Italia Viva di Matteo Renzi. Maria Elena Boschi, che dalla Stazione Leopolda ha cominciato la sua carriera politica come volontaria all’accoglienza, non vuole svelare nulla.

Dal suo studio a due passi dalla Camera, però, monitora il numeri di iscritti all’evento. «Posso solo dire che i preregistrati attraverso il sito superano già il doppio di quelli dell’anno scorso», dice. Ma mentre è partito il countdown per la presentazione del simbolo (scelto tramite il sondaggio online) e della carta dei valori (coordinata da Gennaro Migliore e Lisa Noja) del nuovo partito, la sua prima battaglia in Parlamento targata Italia Viva è sulle fake news.

È lei la prima firmataria della proposta di legge sulla istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta contro la disinformazione, per indagare sulla diffusione “seriale” di notizie false nei cinque anni appena passati, soprattutto in occasione degli appuntamenti elettorali. Compreso quindi quello del 2016, anno del fallimento del referendum costituzionale voluto da Matteo Renzi. Cosa che ha già fatto storcere il naso a qualcuno, non solo all’opposizione ma anche nella maggioranza di governo. Nelle commissioni Cultura e Trasporti della Camera la discussione sul testo è appena cominciata, gli emendamenti ancora non sono stati presentati, ma gli animi sono già in fibrillazione. Soprattutto sulla parte del testo che riguarda le indagini su eventuali influenze straniere nelle campagne elettorali. Che sia la Lega sia i Cinque Stelle non avrebbero visto di buon occhio. «Aspettiamo che le posizioni vengano ufficializzate», dice Boschi, «però nel dibattito molti sono preoccupati di questa parte sulle influenze esterne. Non capisco. Se tutti sono convinti che non ci siano state queste influenze, meglio, diciamocelo che non ci sono. La domanda è: “Chi ha paura della verità?”».

Onorevole Boschi, perché avviare il lavoro politico di Italia Viva con una proposta contro le fake news?
Quando a luglio ci siamo incontrati a Milano con i comitati di azione civile, uno degli impegni presi era stato proprio quello di presentare una proposta di legge per la costituzione di una commissione di inchiesta sulle fake news. Chiaramente, siamo al lavoro per cercare di dare risposte alle priorità delle persone, da evitare che aumenti l’Iva al Family Act, ma non possiamo tralasciare nemmeno un tema che riguarda la libertà dei cittadini e la democrazia. L’obiettivo però non è solo capire come la disinformazione incida sulle campagne elettorali, ma anche come possa agire negativamente sulla vita delle singole persone.

Si riferisce agli attacchi ai politici con notizie false?
Non solo. È un tema che riguarda tutti noi, che può rovinare la vita delle persone prima ancora che le carriere politiche. Pensiamo alla diffusione di notizie false che possono distruggere la reputazione di una qualunque persona. Ma anche, in ambito commerciale, la reputazione di un’azienda o il successo di un prodotto. C’è poi un dibattito che riguarda almeno tutto il mondo occidentale, in Europa e negli Stati Uniti, su come le fake news incidano non solo nella vita quotidiana delle persone ma anche nei processi politici, nei momenti elettorali. Un tema che è di attualità per tutti. Sembra paradossale che solo in Italia non se ne parli. Oggi, alle porte del 2020, il fatto che il Parlamento italiano nemmeno si interroghi su questi temi è un errore. Sarebbe come se alla fine dell’Ottocento non si fossero interrogati sulla rivoluzione industriale.

Cosa dovrebbe fare quindi la Commissione d’inchiesta?
La Commissione intanto chiede di capire cosa sia successo negli ultimi cinque anni in Italia, non solo quando ci sono stati momenti di confronto elettorale. Per essere chiari, noi non pensiamo che il referendum del 2016 lo abbiamo perso perché ci sono state le fake news o perché Paesi stranieri hanno tramato contro di noi. Il referendum lo avremmo perso comunque: il voto dei cittadini è stato netto. Però, per esempio, può essere interessante chiedersi come mai dei siti russi riportavano notizie false durante la campagna referendaria del 2016 su eventi che organizzavamo noi.

Quali risultati si aspetta?
Intanto analizziamo quello che è successo. La Commissione può anche arrivare a dire che che le fake news non hanno inciso in nessun modo sui risultati elettorali o che non ci sono gruppi organizzati dietro ad alcuni attacchi mirati verso delle personalità. O magari che la diffusione di campagne di disinformazione, come per esempio sul tema dei vaccini, sono del tutto casuali. Ad oggi non sappiamo quale sarà il risultato. Vedremo. Però penso che sia legittimo chiederselo, verificarlo. Perché se invece ci sono gruppo organizzati che investono denaro per campagne di disinformazione sui vaccini, giocando con la salute delle persone, penso che sia doveroso saperlo.

Le altre forze politiche come hanno preso la proposta?
Penso che sia interesse di tutti interrogarsi su questi temi, conoscere la verità. Di fronte ad alcuni tentativi di rallentare la approvazione della legge, di prendere tempo, di cambiare delle parti, mi preoccupo. Non è una proposta di legge in cui chiediamo di mettere il bavaglio ai giornalisti o chiudere i social network, ci mancherebbe. È solo una commissione di inchiesta per capire cosa è successo. Chi ha paura della verità? Credo che sia interesse dei cittadini sapere come le fake news incidano sulle nostre vite.

Che tempi prevede?
Noi vorremmo tempi molto rapidi perché la commissione abbia poi più tempo per lavorare. La proposta di legge in sé è molto semplice. La vera discussione è solo sull’oggetto della Commissione di inchiesta, sul perimetro di lavoro. Alcuni gruppi, tra cui il M5s, hanno chiesto di sentire una fila infinita di esperti che non si chiamano nemmeno per la legge di bilancio. Mi pare esagerato, francamente. La proposta è stata calendarizzata alla Camera per novembre, mi auguro che poi entro la fine dell’anno si possa votare al Senato. Il punto vero è il lavoro che dovrà fare commissione di inchiesta. Se la approvassimo a fine legislatura non avrebbe senso perché non avrebbe il tempo necessario per svolgere il proprio lavoro. Peraltro la commissione dovrebbe, poi, presentare delle proposte per capire come migliorare il quadro normativo, il rapporto con le piattaforme digitali, immaginare delle forme di sensibilizzazione perché i cittadini maturino un senso critico sulle moltissime informazioni che hanno a disposizione.

Si parlerà anche di questo alla Leopolda?
Ne abbiamo parlato molto lo scorso anno. Quest’anno ci concentreremo di più sulla presentazione del nostro piano Green, sulle linee di un nuovo piano industriale e sul Family Act a cui ha lavorato la ministra Bonetti. Sarà anche l’occasione per presentare la nostra carta dei valori.