Intervista a Maria Elena Boschi su Il Tirreno del 06-08-2023
di Alice Benatti
Una proposta di legge pensata per superare ed eliminare le discriminazioni alle quali sono sottoposte molte persone che hanno avuto un tumore in passato, ma che oggi sono considerate guarite dal punto di vista clinico.
Perché anche quando la malattia l'hanno superata del tutto, lo "steccato" costruito intorno a loro dalla società può restare difficile da oltrepassare.
Alla deputata di Italia viva Maria Elena Boschi, prima firmataria della norma che presto sbarcherà in Senato, abbiamo chiesto di definire la portata di questa novità per il Paese.
Onorevole, si aspettava l'approvazione all'unanimità?
«Ci speravo. Pur di avere un risultato condiviso da tutti e una approvazione rapida ho rinunciato anche ad avere il nome sulla legge. L'importante è raggiungere il risultato per tante persone che lo stanno aspettando».
Questa proposta di legge è il primo atto che ha presentato a inizio legislatura. Che percorso è stato?
«Fin dall'inizio ho cercato di coinvolgere i colleghi di maggioranza e opposizione che hanno sottoscritto in modo bipartisan la proposta, proprio perché ha un valore che tutto il Parlamento, insieme, dia una risposta concreta a tante persone che chiedono solo di veder riconosciuto il diritto ad essere come tutti gli altri, dopo una malattia difficile che certo non hanno voluto».
Quanto è sentito questo tema fuori dall'aula?
«Molto. Basta ascoltare le storie vere di tante persone, soprattutto giovani, che si sono visti rifiutare un prestito per l'acquisto a rate dell'auto o hanno dovuto pagare cifre esorbitanti per una assicurazione sulla salute per un viaggio all'estero. Figurarsi quando hanno dovuto chiedere un mutuo per la casa o per aprire un negozio. Persone guarite a tutti gli effetti da una malattia oncologica per la medicina. Ho parlato con alcuni di loro. La delusione, l'amarezza, il senso di impotenza per non poter riprendere pienamente la loro vita era una ferita. Abbiamo cercato di dare una risposta cancellando questa ingiustizia».
Questa battaglia di civiltà, come l'ha definita lei stessa in più occasioni, a quante persone in Italia potrebbe cambiare la vita?
«Ad oggi a circa un milione di guariti invia definitiva, ma spero che con i progressi della scienza saranno sempre più le persone ad avere una speranza dopo una diagnosi di tumore. E non dimentichiamoci che la malattia cambia la vita anche a intere famiglie che così possono tornare a guardare con fiducia al futuro».
In che modo? Quali sono le problematiche riscontrate e come saranno ovviate in concreto qualora la proposta di legge passerà anche in Senato?
«Le persone guarite non saranno più obbligate a fornire documenti, informazioni, sottoporsi a visite mediche per avere accesso a servizi bancari e finanziari, decorso un certo tempo dalla guarigione. E eventuali clausole più onerose rispetto a quelle praticate agli altri saranno nulle. In più sono previste anche politiche attive del lavoro e norme che evitano discriminazioni in caso di concorsi pubblici».
Dopo l'unanimità alla Camera, si aspetta che al Senato la strada del riconoscimento del diritto all'oblio oncologico sarà spianata?
«Mi auguro che al Senato si proceda speditamente, visto che tutti i gruppi hanno già condiviso il lavoro alla camera. Sarebbe un bel segnale».
Si parla di guarigione definitiva da una malattia oncologica dopo 10 anni, 5 dopo quelle dell'età pediatrica. Nella sua dichiarazione al voto ha però ricordato che al ministero della Salute è stato affidato il compito di ridurre questi termini peralcune malattie oncologiche. Quali? E che prospettive ci sono?
«È giusto che siano i medici a individuare i termini sul- la base di dati scientifici. E questo è il lavoro che spetta al ministero perché non si possono stabilire per legge le tempistiche per ogni singola ipotesi. Ci sono neoplasie che hanno tempi più rapidi di guarigione, anche in 203 anni. Per esempio, il tumore ai testicoli o alla tiroide ha tempi diversi rispetto a quello ai polmoni».
La showgirl Carolina Marconi, guarita da un tumore al seno, contesta le tempistiche della legge definendosi "condannata a morte per 10 anni" perché, soprattutto, vorrebbe adottare un figlio ma non può. Come le risponde?
«Capisco Carolina che peraltro è stata generosa e preziosa anche nella raccolta firme. I termini temporali sono quelli che sono stati condivisi con le associazioni più rappresentative di pazienti ma anche con medici come Favo e Aimo e in linea con le leggi di altri Paesi europei. Abbiamo però affidato al ministro, in sede di decreti attuativi, la possibilità di ridurre le tempistiche per alcune neoplasie. E nulla vieta che in Senato si migliori ancora. Partendo sempre dall`interesse del minore nel caso delle adozioni. L'importante è che finalmente la legge ci sia. Se possiamo migliorarla, ci siamo».