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Boschi difende il Jobs Act: il PD ha voluto e votato la legge. Ora referendum contro se stesso.

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Intervista a Maria Elena Boschi sul QN/Giorno/Carlino/Nazione

di Claudia Marin

La deputata di Italia Viva difende la misura del governo Renzi e attacca il suo ex partito «Con Schlein alla guida i riformisti non hanno più cittadinanza tra i dem. Vengano con noi» E sull'esecutivo: «Meloni è in difficoltà. Ogni giorno è costretta a rimangiarsi qualcosa»
di Claudia Marin ROMA

Maurizio Landini ha lanciato la proposta di un referendum per cancellare il Jobs Act e le norme `precarizzanti`. Schlein si è detta d'accordo. Come valuta l'iniziativa?

«Ho letto il dibattito aperto dal vostro giornale e trovo davvero incredibile come il Pd tradisca la propria battaglia per diventare subalterno all'asse Cgil-M5S - avvisa con nettezza l'ex ministra Maria Elena Boschi, oggi deputata di Italia Viva. 

Il Jobs Act ha creato più di un milione di posti di lavoro. Ha ridotto la precarietà. Ha vietato le dimissioni in bianco delle donne per evitare una pratica barbarica anti-gravidanza. Ha ridotto le tasse sul lavoro. Il Jobs Act è stato una grande vittoria del Pd. Il fatto che oggi tornino indietro è la dimostrazione che con Schlein i riformisti non hanno più cittadinanza in quel partito».

È verosimile ritenere che anche Conte possa aderire all'iniziativa: è in atto uno scivolamento dei dem sui grillini anche in materia di lavoro?

«Non è solo verosimile: ormai è vero. Il Pd di Martina e Zingaretti, non quello di Renzi, faceva ostruzionismo sul reddito di cittadinanza e lottava contro le misure grilline. Oggi si fanno dare la linea da Casalino anche loro. Questo dimostra una volta di più che chi ha creduto al sogno di un Pd alla Blair o alla Obama non ha che una strada: andarsene da quel partito e abbracciare la prospettiva riformista di IV».

Landini si pone, dunque, come il collante politico-sindacale del nuovo fronte anti-governo: non c'è il rischio di una deriva radicale che finisca per favorire la stessa maggioranza?

«La Meloni non sta andando bene. Ogni giorno è costretta a rimangiarsi qualcosa. L'aumento della benzina, il dietrofront sull'immigrazione, la posizione in Europa o sulla Nato, le trivelle, le riforme. Continua a perdere colpi. Però non perde punti nei sondaggi. Perché? Perché se l'alternativa è l'asse Cgil-ConteSchlein, la premier dorme tra tre cuscini. Servirebbe un'alternativa riformista per impensierirla: riformista, non radicale».

Eppure, la stragrande maggioranza del Pd ha sostenuto e approvato il Jobs Act sia in Cdm sia in Parlamento. Siamo all'auto-referendum?

«Mi domando come facciano a non avvertire lo stridore tra l'aver sostenuto, votato, spiegato, difeso quella legge per tanti anni e la posizione della loro segretaria che oggi dice: cancelleremo il Jobs Act con un referendum. Ma come si fa? La paura di perdere il posto in Parlamento è così alta da non avere il coraggio di dire che il Jobs Act è stato un bene per il Paese e un elemento costitutivo della storia del Pd? Non potranno cancellare la storia: ripudiando ciò per cui hanno tanto lavorato, rinnegheranno se stessi».

Perché i riformisti del Pd non si fanno sentire su questo?

«A microfoni spenti, a taccuini chiusi, ti dicono che così non va. Che abbiamo ragione noi a lamentarci della Schlein. Che il referendum contro il Jobs Act è una follia. Poi però quando si accendono le telecamere, tacciono perché hanno paura della segreteria. E dire che quella è la riforma di Poletti, di Padoan, di De Vincenti, di Bellanova: tutta gente che veniva dal Pci-Pds-Ds. Altro che misura renziana».

Nel merito, quali sono stati invece i risultati del Jobs Act?

«Lo ha spiegato benissimo Nannicini, altro uomo di sinistra che possiamo inserire tra i padri di quella riforma, in una intervista al Qn. Più di un milione di posti di lavoro, via la componente Irap costo del lavoro, decontribuzione. Ma al netto dei risultati - che pure sono certificati dall'Istat, non dall'ufficio studi di Italia Viva il punto politico è un altro: con il Jobs Act il Pd era il partito del lavoro, dell'impresa, di chi ci prova. Con il reddito di cittadinanza diventa la brutta copia del M5S e accetta un'economia basata sui sussidi».

Nel caso si arrivasse davvero al referendum anti Jobs Act, Italia Viva si mobiliterà a difesa della legge?

«Certo. Per noi sarebbe un regalo, perché ci consentirebbe di coagulare intorno al nostro schieramento le energie migliori dell'Italia che produce. E dimostrerebbe come sia superficiale e mediocre l'araomentazione di chi dice che il Jobs Act ha creato precarietà: ridicolo prima ancora che falso».

Mobilitazione che potrebbe favorirvi alle Europee: lv correrà con il simbolo Il Centro?

«Lo decideremo nel congresso del 15 ottobre. Ma certo è che se la sinistra diventa il populismo grillino e la destra il sovranismo salviniano, c'è uno spazio al centro che è fantastico. Ci lavoreremo. Nel frattempo, però, ci concentriamo sui giovani. Siamo in partenza per la Sicilia dove staremo per qualche giorno con 500 ragazze e ragazzi under 30 a fare scuola politica. Siamo l'unico partito che fa da quattro anni una scuola simile. E ne siamo orgogliosi. Agli altri lasciamo le polemiche, noi ci prendiamo il futuro».