Intervista a Maria Elena Boschi per «Il Corriere della Sera» del 29-10-2025
di Adriana Logroscino
Dietro i siti sessisti c’è l’obiettivo di «far soldi» e quello di «screditare le donne». Per Maria Elena Boschi, capogruppo di Italia viva alla Camera, nonché una delle donne «spogliate» dall’AI sull’ultimo sito scoperto, anche la strategia di contrasto deve essere duplice.
Onorevole Boschi, come ha scoperto di essere finita su quel sito?
«Come sempre, per caso. Qualcuno ha sentito della denuncia di Francesca Barra ed è partito il tam-tam. Mi ha avvertito un conoscente».
Per lei non è la prima volta.
«Infatti no. Mi è capitato spesso. La prima volta quando ho giurato da ministra, undici anni fa, e ha iniziato a fare il giro, anche fuori dai confini italiani, la foto falsa del mio sedere col tanga a vista. È stato molto sgradevole, traumatico anche. Ma la cosa peggiore è che, nonostante fosse una immagine artefatta, in tanti ci hanno creduto e ancora credono sia vero. La ferita resta».
Come ci si difende?
«Innanzitutto denunciando. E non solo in sede penale. Sto valutando di chiedere i danni, magari anche con un’azione collettiva: è un tentativo di fermare, colpendolo nei portafogli, chi anima questi siti con la chiara intenzione di far soldi. Poi bisogna rendere più consapevoli i consumatori di questo genere di immagini. Insomma mettendo in campo tutte le azioni legali possibili».
Ha presentato una proposta.
«Abbiamo suggerito di ispirarci al modello di altri Paesi: obbligare a citare in modo chiaro che si tratta di immagini artefatte e costringere gli utenti a dare le loro generalità e rivelarle. Chi è morbosamente attratto, sapendo che rischia di finire in una lista pubblica con i nomi indicati, di sicuro userebbe maggior prudenza e verificherebbe meglio se le immagini sono vere e se le donne sono d’accordo».
Non pensa che «spogliare» le donne, con l’aiuto della tecnologia, sia una strategia per screditarle, ridimensionarne le ambizioni?
«Sicuramente è così. Spogliare, accostare a una ballerina di lap dance - a me è successo anche questo - serve a sminuire sotto il profilo professionale. E infatti anche quando me ne sono occupata nel Consiglio d’Europa, in Commissione pari opportunità, saltava agli occhi, le vittime di queste mistificazioni sono soprattutto donne. E a volte a utilizzare questi sistemi sono anche i canali unofficial di reti che fanno politica. Con obiettivi politici».
Il problema macro, quindi, è il sessismo. Cosa pensa dell’azione del governo per contrastarlo?
«Penso che con le limitazioni alla educazione sessuo-affettiva nelle scuole, con l’allentamento delle regole contro le pubblicità sessiste, abbia assunto la direzione opposta rispetto a quella che avrebbe dovuto. L’Italia è indietro rispetto alla gran parte del resto d’Europa su questo tema. Un ulteriore arretramento non si spiega se non con le ovvie ragioni ideologiche. Invece non c’è motivo di aver paura della formazione sessuale e affettiva, certo facendo attenzione a chi si affida la formazione. Ma famiglie e scuola devono essere alleate in questa azione. O si preferisce che i ragazzi si informino sui social?».
