Intervista a Maria Elena Boschi per «Il Dubbio» del 16-12-2024
di Simona Musco
La Presidente dei deputati di Italia Viva: «Con l’avvocato in costituzione un passo in avanti verso una giustizia più giusta. E la separazione delle carriere non è una vendetta contro sentenze non gradite».
Ho fatto questa scelta, prima della mia famiglia, perché per me l'avvocato è colui che non volta la testa di fronte ad una ingiustizia ma tiene la testa ben dritta e la usa, magari per difendere i più deboli di fronte anche al potere. Vivo l'impegno politico in continuità con quell'ideale: eliminare le ingiustizie e accendere una speranza». A dirlo è Maria Elena Boschi, capogruppo di Italia viva alla Camera e avvocata. Che dice: «L'avvocato in Costituzione è un passo verso una giustizia giusta».
Cosa cambierà per il diritto di difesa con l'inserimento dell'avvocato in Costituzione?
«Il riconoscimento esplicito del ruolo dell'avvocato è un elemento di grande forza simbolica. È aggiungere, alla inviolabilità del diritto di difesa, il riconoscimento che questo si attua con una avvocatura libera ed indipendente e con pari dignità dell'accusa di fronte al giudice. L'avvocatura ha dato molto al nostro Paese anche per riaffermare l'importanza dello stato di diritto. Pensiamo al tributo di Fulvio Croce negli anni del terrorismo o degli avvocati uccisi dalla criminalità organizzata. L'inserimento in Costituzione significherebbe un riconoscimento del nostro ruolo perché possa esserci una giustizia giusta».
Molto spesso gli avvocati vengono assimilati ai propri assistiti o ai reati da essi commessi: come si può capovolgere questa cultura basata sul mancato riconoscimento del diritto alla difesa, anche nei casi di reati deprecabili e orribili?
«La sintesi migliore l'ha fatta il presidente Greco prendendo giustamente le difese del collega minacciato per aver assunto la difesa di Turetta: l'avvocato difende l'imputato, non il reato. In un sistema democratico si deve garantire a tutti, anche a chi commette reati disgustosi o non si pente, il diritto alla difesa. Altrimenti, nessuno potrà credere che il processo sia giusto e verrebbe meno anche il valore della condanna. Ciascuno deve essere condannato alla pena adeguata, non ad una pena ingiusta e più severa. Per chi è accusato ingiustamente, è ancora più evidente come sia fondamentale l'avvocato. Altrimenti, potremmo tornare alle prove ordaliche con buona pace di secoli di civiltà giuridica».
Passiamo ad un tema di grande rilevanza: qual è la sua opinione sulla riforma della separazione delle carriere e come cambierà il processo con questo intervento?
«Noi di Iv sosteniamo da sempre la separazione delle carriere. Abbiamo appoggiato il referendum e riproposto la pdl promossa dall'Unione delle Camere penali e firmata da migliaia di cittadini. Il testo presentato dal governo non è perfetto, però. Vediamo se cambieranno qualcosa. La riforma segnerebbe l'ultimo passo del processo accusatorio, l'affermazione del giusto processo. La pari dignità tra accusa e difesa di fronte a giudice. Così come avviene, senza destare scandalo, in tanti Paesi europei».
Quali sono, secondo lei, le sfide principali per portare avanti questa riforma?
«Smettere di farla passare per una vendetta per sentenze dei giudici che non piacciono al governo, che sia il caso Diciotti o i centri in Albania, come fanno Salvini e Meloni. Se la maggioranza la vive come una sorta di punizione verso i magistrati, sbaglia. Abbiamo bisogno di una magistratura indipendente, ma non è un attentato al ruolo della magistratura dire che si separano carriere e formazione tra chi accusa e chi giudica. Togliere potere alle correnti, significa "liberare" tantissimi bravi magistrati non incasellati e premiare il merito. Le correnti dovrebbero elaborare approfondimenti di cultura giuridica, non decidere i trasferimenti dei colleghi o ingerirsi, come succede talvolta, nella vita politica del Paese decidendo anche le sorti politiche di chi è votato dai cittadini e magari risulta del tutto innocente dopo anni di massacro in un processo. Per questo mi lascia basita la polemica di Santalucia contro l'istituzione della giornata contro gli errori giudiziari che abbiamo promosso, partendo dal caso Tortora, ma per le migliaia di cittadini risarciti dallo Stato perché vittime di errori giudiziari».
Nel suo discorso in occasione dei 150 anni dell'avvocatura ha accennato al garantismo come principio cardine. Può spiegarci meglio?
«Il garantismo è nella nostra Costituzione. Il giustizialismo è la sua aberrazione. Non sono la stessa cosa come ha invece sostenuto Conte. Se non ci facciamo promotori di una cultura garantista nella società continueremo a sacrificare la vita di persone, aziende, carriere politiche. Ci sono passata con mio padre e so di cosa parlo. Un processo ingiusto, anche se si conclude con una assoluzione piena, ti lascia addosso un marchio incancellabile. Il tribunale dei talk show e della politica giustizialista e populista ti condanna per l'avviso di garanzia e nessuna assoluzione di un giudice basterà mai a far tornare indietro il tempo. Per questo non sopporto l'ipocrisia di chi è garantista con gli amici e giustizialista con gli avversari, come hanno sempre fatto Meloni, Conte e Salvini».
Quali sono le sue riflessioni sulle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane?
«Visito spesso le carceri. Qualche giorno fa ero a Viterbo con Bobo Giachetti. Abbiamo visto detenuti stipati in celle improvvisate, senza bagni, riscaldamento. La polizia penitenziaria sotto organico e con turni massacranti. Lì non c'è rispetto della dignità delle persone, figuriamoci riabilitazione della pena. E la situazione di sovraffollamento è tremenda ormai ovunque. Noi avevamo proposto alcune soluzioni come la liberazione anticipata speciale per decongestionare le carceri ma il governo Meloni ha bocciato tutto, con l'appoggio anche di Forza Italia. E siamo al record di 87 suicidi in carcere. E cosa dire di Delmastro? Se vedere un detenuto senza respiro gli procura "un’intima gioia" dovrebbe dimettersi da sottosegretario, ma dovrebbe anche restituire la toga da avvocato».