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Borghi: «È stato un errore rievocare quegli anni bui. L'eversione nasce dai dossier»

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L'intervista ad Enrico Borghi per «La Repubblica» dell' 8-03-2024

di Giovanna Vitale

Manifestare è un diritto tutelato dalla Costituzione. Una misura come il Daspo per chi protesta sarebbe docilmente applicabile.

Senatore Enrico Borghi, la Premier Meloni ha rievocato gli Anni di piombo e fatto intendere di sentirsi nel mirino. Secondo lei esiste davvero il rischio che in Italia tornino i "tempi bui"?

«Chi riveste incarichi al vertice delle istituzioni nazionali ha il dovere di agire per la coesione sociale, per l'unità del Paese, per discernere i veri facinorosi da chi vuole solo, legittimamente, esprimere dissenso. Alzare la tensione, evocare addirittura il ritorno degli Anni di piombo è un atteggiamento poco responsabile. Da dismettere subito».

È il sintomo di una difficoltà, dopo la sconfitta in Sardegna e la possibilità di un bis in Abruzzo?

«Indubbiamente le urne sarde hanno intaccato il mito dell'invincibilità di Meloni alimentato in questi mesi. Facendo esplodere il riflesso condizionato di una destra che ricerca la postura identitaria per ritrovare sé stessa. Così però si finisce per strumentalizzare le forze dell'ordine e produrre danni incalcolabili».

Quali danni e soprattutto a chi?

«Non bisogna piegare polizia e carabinieri a una logica di fazione. Sono al servizio di tutti e devono essere vissuti come tali. L'aver contrapposto, dopo la brutta pagina di Pisa, gli agenti agli studenti è un errore. E ancora di più lo è accusare le opposizioni di volerli delegittimare. Chi governa dovrebbe invece tenerli al riparo dal fuoco delle polemiche. Al Viminale non serve un approccio da questurino, ma la capacità di far politica, che proprio non si vede».

Che segnale manda la Premier quando convoca a Palazzo Chigi le forze dell'ordine per delineare scenari eversivi?

«Da un lato tradisce l'ansia di chi non tollera contestazioni, nel timore che possano trasformarsi in un attacco a lei e al suo esecutivo, dall'altro si tratta di un maldestro tentativo di appropriarsi delle divise. L'eversione non nasce nei cortei dei ragazzi, la praticano i colletti bianchi e i servitori infedeli dello Stato che confezionano dossieraggi ai danni delle istituzioni. Consiglierei alla Premier di lavorare su questo, anziché evocare fantasmi sul G7 che rischiano poi di materializzarsi».

A quali fantasmi allude?

«Va assolutamente evitato il bis di Genova nel 2001, quando a furia di caricare di tensione il summit scoppiò la drammatica scintilla».

Il Ministro Piantedosi dice però che il pericolo di infiltrazioni dell'ala antagonista c'è ed è alto.

«Non è una novità: ogni ribalta mediatica di quelle dimensioni rischia di innescare circuiti ben conosciuti dai nostri apparati di sicurezza. Il compito di disinnescarli spetta proprio a chi ha la responsabilità di governare l'ordine pubblico».

Basterà introdurre il Daspo per chi protesta?

«Manifestare per le proprie idee è un diritto tutelato dalla Costituzione: una misura di questo tipo sarebbe difficilmente applicabile. Piuttosto lavoriamo sul tema delle sanzioni amministrative e dell'arresto differito come per gli stadi. Soprattutto agiamo sulla prevenzione».

Lei ritiene che l'uso della forza in cortei e sit-in, inclusi quelli studenteschi, faccia parte di una strategia per surriscaldare il clima?

«Intendiamoci: il diritto a scendere in piazza deve coniugarsi con il diritto alla sicurezza di tutti e con il rispetto delle divise che lavorano per l'intera collettività. È un equilibrio non sempre facile da mantenere. Ma si può fare. Si deve fare. La sicurezza è garanzia della libertà individuale e del vivere civile. Va perseguita evitando ogni forma di polarizzazione o, peggio, di strumentalizzazione. Io ho fiducia nella professionalità delle forze dell'ordine. Spero ce l'abbiano tutti».

Con chi ce l'ha?

«Il proverbio dice: "Chi ha la testa ce la metta". Serve responsabilità e attitudine alla guida, che non è enfatizzare i problemi, ma risolverli».