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Borghi: La sfiducia assist all'esecutivo. Calenda non rappresenta tutti

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L'intervista a Enrico Borghi di Maria Teresa Meli per "Il Corriere della Sera"

Borghi (Iv): sconcertante che il Pd vada a rimorchio di Conte

Enrico Borghi, lei in aula non ha chiesto alla ministra Daniela Santanchè di fare un passo indietro, per quale motivo?

«È molto semplice: siamo garantisti. Noi non chiediamo in automatico le dimissioni di un ministro per un'inchiesta. Nonostante il partito di quel ministro lo abbia fatto più volte con noi. Come dimenticare le parole di Giorgia Meloni sul caso Consip o il fango gettato su Maria Elena Boschi in merito alla vicenda di Banca Etruria?»

E quindi?

«Quindi, la differenza fra populisti e riformisti sta tutta qui: noi scegliamo sulla base di ciò che reputiamo giusto, non sulla base di ciò che solletica la pancia. E dopo una sorta di guerra dei 30 anni tra politica e giustizia, e di cortocircuiti anche mediatici, bisogna tornare a un equilibrio tra poteri, che non significa impunità ma al contrario assunzione di responsabilità nel rispetto dei ruoli. Mi torna in mente Martinazzoli: "Per far funzionare le cose, bisogna uscire dalla retorica delle grandi visioni hegeliane, entrare nel terreno concreto, rifuggire da ogni ideologismo"».

Perciò, non voterete la mozione del M5S come si appresta invece a fare il Pd?

«Chiediamoci il senso e l'utilità politica di una mozione simile. Ottiene quale obiettivo? Fa cadere il ministro, o lo rafforza? Il Pd di Schlein va a rimorchio del M5S: la decisione di accodarsi a Conte politicamente è sconcertante. In buona sostanza lo accredita come leader del campo largo. E poi qualcuno si chiede ancora perché me ne sono andato? Io ricordo un Pd diverso, garantista, che evidentemente non c'è più. Fra l'altro è una mossa che fa il gioco di Meloni, è un vero e proprio assist: ricompatta la maggioranza. E invece la premier dovrebbe prendersi la responsabilità per intero dell'operato del suo ministro».

La posizione di Calenda però sembra diversa, se avesse parlato lui ieri avrebbe chiesto le dimissioni?

«Carlo ha espresso pubblicamente sue opinioni più drastiche, rispetto a quelle di molti di noi. Non è un dramma, ma una diversa sensibilità rispetto a una impostazione garantista peraltro molto diffusa nel Terzo polo, ben oltre il perimetro di Italia viva».

E come mai non avete fatto parlare Calenda?

«Non ha parlato perché la sua posizione non rappresentava l'opinione maggioritaria del gruppo, anche sotto il profilo del metodo. Poteva esprimersi in dissenso al termine della seduta, ha preferito parlare con i giornalisti».

Voi di Italia viva non cambierete idea sulle dimissioni della ministra Santanchè neanche se dovessero emergere altri elementi?

«Il nostro faro è la Costituzione: si è innocenti fino a sentenza passata in giudicato. Per il resto, è una decisione che spetta a Giorgia Meloni. Noi facciamo opposizione, non giochiamo ad aiutare la maggioranza togliendo le castagne dal fuoco al governo».

Con il leader di Azione Carlo Calenda vi divide anche il salario minimo...

«Sul salario minimo c'è rischio boomerang, con aumento tasse e diminuzione livello salari. Meglio agire su contrattazione, politica dei redditi, taglio tasse sul lavoro e redistribuzione utili in busta paga».