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Bonetti: "Solo la vera parità di genere può sconfiggere la violenza"

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Intervista di Claudia Guasco, "il Messaggero", 27 novembre 2020.

Due femminicidi alla vigilia della Giornata Contro la Violenza sulle Donne, un altro la sera stessa. Sembra che le parole si perdano nel vento, che sia una battaglia senza possibilità di vittoria. «Non è così, la giornata del 25 novembre serve per continuare in modo tenace e costante a combattere questa orribile violenza, per creare la coscienza del Paese, per comprendere fino in fondo la gravità del fenomeno e ripudiarlo senza nessuna timidezza. Non solo. Ieri sono stati presi impegni importanti, di grande concretezza», afferma Elena Bonetti, Ministra per le Pari opportunità e la Famiglia.

Sono trascorsi venticinque anni dalla Piattaforma d'azione di Pechino e la Ministra è reduce da una giornata di confronto a cui ha convocato i colleghi Luciana Lamorgese e Alfonso Bonafede, con Susanna Camusso e Maria Elena Boschi, le associazioni e la rete antiviolenza. «Serve una risposta forte e comune. Abbiamo preso impegni concreti», afferma la Ministra Bonetti.

Da dove comincerete?
«La vera arma di fondo che dobbiamo mettere in campo è promuovere una strategia di parità di genere effettiva, perché solo in questo modo verranno eliminate le precondizioni su cui la violenza si insinua. Questo farà parte del Piano strategico nazionale antiviolenza 2021-2023, che proseguirà l'attuale iniziativa di approccio metodologico al problema: i diversi soggetti competenti collaboreranno per un'azione sinergica. Serve una visione complessiva del fenomeno: c'è il tema delle politiche di tutela dei diritti, l'aspetto giudiziario, quello sanitario, psicologico, sociale e lavorativo. Nella cabina di regia abbiamo ribadito la necessita di continuare con determinazione sul percorso delle "tre P", prevenire, proteggere, perseguire. Ma a questo si affianca la necessità della promozione della parità di genere. Significa autonomia economica e lavorativa delle donne affinché abbiano a disposizione gli strumenti per sottrarsi alla violenza. C'è molta strada da fare, ma ritengo che l'Italia abbia raggiunto la consapevolezza necessaria per tracciare il cammino che porterà a colmare il gap che ci distanzia dalla parità di genere. Non è solo la risposta a un diritto delle donne, è anche un necessario elemento per lo sviluppo e la pace».

Però intanto, nei casi di violenza, c'è ancora chi dice della vittima: «Se l'è cercata».
«Sono due le direzioni attraverso cui agire. È necessario un cambio di linguaggio a livello di istituzioni e di media, che eviti di affiancare il racconto della violenza con giustificazioni che la rendano possibile, quasi a voler anestetizzare le nostre coscienze e come se ci fosse una causa nel rapporto di coppia conflittuale, nell'abbigliamento della vittima o nell'essere rientrata tardi la sera. Dobbiamo dire che l'atto della violenza non ha mai alcuna ragione di esistere. E poi c'è il tema educativo: bisogna lavorare nelle scuole su un percorso di affettività, rispetto, educazione civica. Troppo spesso accade che le donne siano colpevolizzate»

E a paralizzarle c'è anche il timore di non essere credute.
«Purtroppo è la conseguenza di una rappresentazione molte volte alterata. Quando una donna viene aggredita e di lei si racconta che si voleva separare dal compagno, si sta di fatto attribuendo la responsabilità della violenza alla vittima. Bisogna mettere in campo un'azione coordinata affinché le donne non siano lasciate sole. Percorsi a loro dedicati nell'ambito dei commissariati di polizia e caserme dei carabinieri, dei tribunali, dei pronto soccorso. L'ideale sarebbe un centro unico che garantisca l'anonimato. Si stanno già sperimentando alcuni percorsi di questo tipo e bisogna lavorarci».

Poi però si accende la televisione e alle donne si insegna come fare la spesa sexy, o il dibattito per il giorno contro la violenza viene cancellato perché, testuale, «è morto Maradona».
«Le notizie ci sono, accadono, vengono raccontate. La violenza contro le donne però è molto più che una notizia, è un processo che permea il vivere sociale e che deve essere sempre letto in tutte le implicazioni. Perciò è indispensabile attivare processi di cambiamento e di speranza collettiva. Ciò che va condannato ed evitato con forza è la promozione degli stereotipi».