Famiglia pari opportunità

Bonetti: "Saman, un femminicidio. Siamo tutti responsabili"

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Intervista di Mariagiovanna Capone, "il Mattino", 18 giugno 2021. 

La ministra della Famiglia e delle Pari Opportunità, Elena Bonetti, ha ben chiare le strategie di sostegno alle donne vittime di violenza. La tragedia di Saman Abbas è forse stata un punto di svolta da cui partire per migliorare il Codice Rosso e attivare politiche di prevenzione più stringenti.

Ministra Bonetti, cosa ci ha insegnato la vicenda di Saman.
«Premesso che è necessario avere tutti gli elementi accertati dal punto di vista delle indagini, è chiaro che ci troviamo di fronte all’ennesima e gravissima violenza nei confronti di una donna privata di ogni forma di libertà, fino alla violenza estrema. Va usata la giusta parola: femminicidio. E nel pronunciarla dobbiamo avere il coraggio di denunciare la disumanità di una subcultura di prevaricazione nei confronti delle donne, che attraversa purtroppo in modo pervasivo tanti e diversi contesti, anche sociali, ed è profondamente radicata nel nostro Paese».

Potevamo fare qualcosa per aiutarla o mancano ancora strumenti efficaci?
«Credo ci sia una responsabilità grande da parte di tutti. Non si tratta di individuare delle colpe: in casi simili, dobbiamo attivare e consolidare i percorsi di prossimità territoriale, le comunità più vicine che hanno possibilità di intercettare le forme di disagio profondo e prevaricazione. Le vittime di violenza sono spesso nascoste, tacciono o lanciano messaggi che devono essere decodificati. E possono riuscirci sentinelle sul territorio come scuola, reti di solidarietà, amicizie e contesti di lavoro. Più le donne si sentono sole, più sono vittime silenziose. Altro tema è poi quello di costruire dei percorsi concreti di presa in carico: la rete dei centri antiviolenza, case rifugio, mondo sociosanitario, forze dell’ordine. Oggi, solo una sinergia tra questi soggetti può mettere in campo misure efficaci».

Riguardo i Cav, il Comune di Napoli ne ha uno solo aperto ma su base volontaria poiché la gara per l’affidamento è bloccata da mesi.
«Da quando sono ministra, il governo ha erogato le risorse previste dal piano nazionale antiviolenza: 30 milioni il primo anno, altri 28 il secondo, cui sono stati aggiunti 5 e mezzo direttamente a Cav e case rifugio. Quindi oltre 60 milioni di euro erogati. Come ministero stiamo rivedendo l’elenco dei Cav accreditati, che risale al 2014, e per la prima volta abbiamo attivato dei tavoli di monitoraggio con le Regioni, per verificare che i fondi erogati vadano effettivamente a sostegno di case rifugio e Cav. Tuttavia, credo sia arrivato il tempo di rendere strutturale questo finanziamento e per questo sto lavorando a una norma. Inoltre, accanto a questi finanziamenti strutturali, ci saranno anche fondi con bando per la formazione di operatori e campagne di promozione culturale. Lo stile del governo Draghi è progettualità e strutturalità. Non dobbiamo solo rispondere alle ferite ma dobbiamo attivare processi che le prevengano». 

La legge Codice Rosso compie tra poco due anni: è uno strumento valido o occorre un’integrazione?
«Con le ministre Cartabia e Lamorgese stiamo lavorando a eventuali rafforzamenti normativi di protezione e di prevenzione. Per esempio, offrire un sostegno alle vittime prima ancora della denuncia, mantenendo ovviamente un’ottica garantista».

Molte vittime di violenza, poi, chiedono che le pene per i loro aguzzini siano inasprite.
«La ministra Cartabia sta portando avanti con grande capacità di composizione una riforma necessaria e non più rimandabile. Detto ciò, oggi il tema secondo me è che va restituita la credibilità alla voce delle donne vittime di violenza. Nel dibattito pubblico troppo spesso sono vittimizzate in modo secondario, non credute o si danno giustificazioni alle violenze che hanno subìto. Parlare di inasprimento delle pene è essere arrivati già tardi. È il prima quello su cui dobbiamo lavorare».

Come riuscirci?
«Eliminando disparità e discriminazione che permettono agli uomini di pensare che le donne siano un oggetto, al punto da privarle di libertà e dignità. Va promossa una piena parità e riconosciuto protagonismo alle donne. A breve avremo la prima Strategia nazionale per la parità di genere, fondamentale anche per la prevenzione della violenza. Accanto occorre una chiarezza del linguaggio e dello sguardo a partire dalle istituzioni».

Attuazione della parità anche a livello economico?
«Assolutamente, la violenza economica è tra quelle che le donne subiscono maggiormente, perché le priva della libertà di scegliere. Non devono invece dipendere da nessuno, per questo tra gli strumenti attivati ci sono credito e microcredito di libertà, con cui restituiamo piena dignità e fiducia nel futuro».

Se parliamo di donne del Sud, queste disparità raddoppiano.
«La disparità delle donne del Sud è un problema che vogliamo colmare, è una priorità del Family Act, dai servizi per la prima infanzia al lavoro femminile. È un mio impegno, che la ministra Carfagna condivide con la sua sensibilità e su cui potremo collaborare in modo proficuo».