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Bonetti: "Parità di genere, priorità dell’UE"

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I governi nazionali europei hanno bisogno di un forum per costruire politiche comuni sull’uguaglianza uomo-donna: l'intervento della Ministra Elena Bonetti, pubblicato dal magazine on line Politico.eu, realizzato in collaborazione con Marlène Schiappa, Segretario di Stato francese per le pari opportunità tra donne e uomini; Dacian Cioloș, presidente del gruppo Renew Europe, entro il Parlamento Europeo; Nathalie Loiseau (Francia), Sophie In 't Veld (Paesi Bassi), Irène Tolleret (Francia), Chrysoula Zacharopoulou (Francia) e Sylvie Brunet (Francia), parlamentari del gruppo Renew Europe.

Quest'anno potrebbe essere un anno decisivo per l'uguaglianza di genere nell'Unione europea. Con una donna responsabile della Commissione europea, un commissario dedicato esclusivamente alla promozione dell'uguaglianza e una maggioranza progressista al Parlamento europeo, le stelle sembrano essere allineate. Ma nell'UE manca ancora un'importante istituzione.

Al Consiglio dell'Unione Europea, dove i rappresentanti dei governi nazionali si riuniscono per lavorare insieme sulla politica europea, non esiste un forum dedicato alla parità di genere. È importante crearlo il prima possibile. Il Consiglio è attualmente diviso in 10 cosiddette configurazioni. Il Consiglio Affari esteri prende decisioni sugli affari internazionali. Il Consiglio Affari economici e finanziari si occupa di questioni economiche e regola gli affari finanziari. Organismi simili si occupano di agricoltura e pesca, ambiente, giustizia e affari interni, istruzione, gioventù, cultura e sport. Non esiste ancora una configurazione dedicata alla promozione e alla garanzia della parità di genere.

Ciò, non solo trasmette il messaggio secondo cui il Consiglio considera la questione una priorità di secondo livello, ma evidenzia che il processo decisionale in materia di parità di genere è suddiviso tra le diverse riunioni dei ministri. Per anni, il Consiglio e alcuni Paesi membri sono rimasti indietro rispetto ai dossier chiave che mirano a promuovere l'uguaglianza di genere. Se l'uguaglianza tra donne e uomini è un valore fondante dell'UE, l'architettura istituzionale non dovrebbe rifletterlo?

Questo è il motivo per cui chiediamo la creazione urgente di una configurazione del Consiglio dedicata, che riunisca ministri e segretari di Stato dell'UE incaricati della parità di genere. Uno specifico luogo di confronto fornirebbe uno spazio necessario ai rappresentanti dei governi nazionali per discutere di politica, scambiare le best practices e muoversi nella stessa direzione. Incoraggerebbe, inoltre, i Paesi membri ad individuare l’organo responsabile delle suddette tematiche. Soprattutto, potrà garantire che l'uguaglianza di genere diventi una priorità politica, sia a livello di UE che di governo nazionale.

La necessità di un tale organismo è chiara. Oggi in Europa una donna su tre è stata vittima di violenza fisica o sessuale e una donna su 20 è stata violentata. In tutti questi casi, la salute e i diritti sessuali e riproduttivi sono stati messi a repentaglio. Le donne subiscono anche un divario retributivo di genere del 16% e un divario pensionistico del 40%. Gli impegni per proteggere i diritti umani fondamentali, per dare forza alle donne e alle ragazze e per liberarle dalla discriminazione e dalla violenza devono tradursi in azioni concrete. Eppure, per anni, il Consiglio e alcuni paesi membri sono rimasti indietro rispetto ai fascicoli chiave che mirano a promuovere l'uguaglianza di genere.

La direttiva proposta sull’anti-discriminazione - che vieterebbe la discriminazione per motivi di religione, disabilità, età o orientamento sessuale - è bloccata dal 2008. Allo stesso modo, la direttiva sulle “donne nei consigli di amministrazione”, volta a combattere la discriminazione nei consigli di amministrazione, è in stallo dal 2012. Alcune presidenze del Consiglio hanno fatto uno sforzo per rinnovare questi dibattiti, ma i Paesi membri si sono focalizzati soprattutto sul tema della competenza nazionale o europea della questione.

La verità è che, anche su questioni puramente nazionali, stiamo ancora aspettando risultati concreti (ad esempio l'adozione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica). Esiste un nesso tra l'inazione del Consiglio e la mancanza di una configurazione dedicata all'uguaglianza di genere? Considerando che questa situazione non sta dando risultati, provare qualcosa di nuovo non farà certo male. Gli impegni per proteggere i diritti umani fondamentali, per dare voce alle donne e alle ragazze e per liberarle dalla discriminazione e dalla violenza, devono tradursi in azioni concrete. Un quadro istituzionale più ambizioso è un primo passo e la buona notizia è che non richiede alcun cambiamento di trattato.

Come membri di Renew Europe, ci impegniamo a portare avanti la parità di genere sia a livello nazionale che europeo. Ne è un esempio la nostra proposta del Patto Simone Veil, che richiede ai Paesi membri un impegno politico ad adottare le misure nazionali più progressiste per i diritti delle donne e la parità di genere nell'UE su base volontaria.

È tempo che i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere siano in prima linea nell'agenda politica dell'UE. Quando si tratta di mantenere la promessa di uguaglianza tra esseri umani, non possiamo ridimensionare le nostre ambizioni per adattarci all'attuale quadro istituzionale dell’UE.


Il testo originale, in lingua inglese
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This year could be a decisive year for gender equality in the European Union. With a woman in charge of the European Commission, a commissioner devoted exclusively to promoting equality and a progressive majority in the European Parliament, the stars seem to be aligning. But there’s one important EU institution that’s still missing in action. At the Council of the European Union, where representatives of national governments gather to work together on EU policy, there is no forum dedicated to gender equality.

It’s important that we change this as soon as possible. The Council is currently divided into 10 so-called configurations. The Foreign Affairs Council makes decisions on international affairs. The Economic and Financial Affairs Council takes on economic issues and regulates financial affairs. Similar bodies work on agriculture and fisheries, the environment, justice and home affairs, and education, youth, culture and sport.

But there is no configuration dedicated to promoting and ensuring gender equality. Not only does this send out the message that the Council considers the issue a second-rate priority, it means that policymaking on gender equality ends up sliced up between different ministers’ meetings. If equality between women and men is a founding value of the EU, shouldn’t the institutional architecture reflect that? That is why we are calling for the urgent creation of a dedicated Council configuration gathering EU ministers and secretaries of state in charge of gender equality.

A specific forum for discussion would provide a much-needed space for representatives of national governments to discuss policy, exchange best practices and move in the same direction. It would also encourage member countries to clarify who is in charge when it comes to delivering and being held accountable on the issue. Most importantly, it will ensure that gender equality is a political priority at both the EU and national government levels.

The need for such a body is clear. In Europe today, 1 in 3 women has been subjected to physical or sexual violence, 1 in 20 women has been raped, and sexual and reproductive health and rights are being jeopardized. Women also suffer a gender pay gap of 16 percent and a pension gap of 40 percent. And yet, for years, the Council and some member countries have been lagging behind on key dossiers aiming to advance on gender equality.

The proposed Anti-Discrimination Directive — which would ban discrimination on the grounds of religion, disability, age or sexual orientation — has been blocked since 2008. Similarly, the Women on Boards Directive, aimed at tackling discrimination in the boardroom, has been stalled since 2012. Some Council presidencies have made an effort to revamp these debates, but member countries have derailed progress with debates over whether the matter should be a national or a European competence.

The truth is that even on purely national matters — the adoption of the Istanbul Convention on preventing and combating violence against women and domestic violence, for instance — we are still waiting for concrete results. Is there a clear causal link between the Council’s inaction and the lack of a dedicated configuration on gender equality? What we do know is that if business as usual isn’t delivering, there’s certainly no harm in trying something new.

Commitments to protect fundamental human rights, to empower women and girls and to free them from discrimination and violence must translate into concrete actions. A more ambitious institutional framework is a first step, and the good news is it does not require any treaty change. As members of Renew Europe, we are committed to progress on gender equality at both national and European levels.

One example of that is our proposed Simone Veil Pact, a political commitment by member countries to adopt the most progressive national measures for women’s rights and gender equality in the EU on a voluntary basis. It is time for women’s rights and gender equality to be at the forefront of the EU political agenda. When it comes to fulfilling the promise of equality between human beings, we cannot downsize our ambitions to fit the EU’s current institutional framework.