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Bonetti: "La nostra non è una battaglia per sole donne, è la battaglia di tutti"

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Intervista di Patty Torchia, "Fortune", 5 maggio 2022.

Ministro Bonetti...anzi ministra, so che ci tiene. Allora perché non ministrə?
Guardi, per troppo tempo ci siamo convinti che l'universalità e le pari opportunità fossero motivati dal fatto che siamo tutti uguali e per questo dovessimo avere tutti gli stessi diritti. Ma il presupposto è sbagliato, non siamo tutti uguali. Fare parti uguali per diseguali non porta alle pari opportunità.

Se dico Schwa cosa risponde?
Faccio una premessa doverosa, poi arrivo al punto. Nel nostro Paese storicamente e socialmente esiste diversità di posizioni tra donne e uomini. Le faccio un esempio pratico: a un figlio si attribuisce in automatico il cognome paterno (ndr. intervista realizzata prima della sentenza di Corte Costituzionale che ha annullato l'automatismo) perché è sempre stato cosi, tutto nasce da una scelta culturale antica di prevalenza del maschile sul femminile. Ma non è che se annulli il maschile o il femminile allora garantisci pari dignità. È riconoscendo la differenza di queste due esperienze umane che valorizziamo la diversità. Ursula von der Leyen ha detto che servono più donne leader non perché sono migliori degli uomini, ma perché sono diverse. La gestione della complessità e dello sviluppo sostenibile richiede diversità e questa diversità va evidenziata, valorizzata e promossa. Per farlo non serve creare muri, mettere gli uni contro gli altri o provare ad annullare le differenze. E arrivo al punto: nel linguaggio il pluralismo inclusivo non si realizza annullando le cose, ma ricomponendo le differenze, accostandole. Io mi faccio chiamare ministra perché una donna può diventare ministra con la sua esperienza personale e interpretare il suo ruolo in modo diverso, non come un ministro, ma come una ministra. Tengo a marcare la desinenza per evidenziare la differenza. Il neutro fa prevalere il nulla.

La ministra mi dice che queste sono giornate complicate perché adesso, oltre agli impegni ordinari e all'emergenza pandemica, c'è la guerra.
Se oggi siamo qui in questo ufficio, io da ministra, lei da giornalista, lo dobbiamo alle 21 madri costituenti che hanno avuto coraggio di aprire percorsi inediti in un momento difficile. Da ministra ho profonda consapevolezza della gratitudine che dobbiamo a loro, perché hanno riempito la costituzione e la democrazia di un elemento profondamente femminile di valorizzazione delle diversità. Pensiamo alla parità salariale: non l'abbiamo ancora raggiunta in concreto, ma il percorso è aperto e lo sforzo è effettivo, costante. Noi donne oggi partecipiamo alla vita sociale attivamente perché altre donne hanno lottato per noi, hanno intrapreso questo percorso. Gli ostacoli però ci sono e vanno superati: la violenza contro le donne, per dirne uno, è la più grande negazione del diritto a esistere e del diritto alla dignità. Quindi dobbiamo essere consapevoli che siamo sulla strada giusta, ma dobbiamo percepire la mancanza di una totale compiutezza. Dobbiamo raccogliere il testimone delle madri costituenti e diventare protagoniste.

In questo percorso gli uomini sono ammessi? E che ruolo giocano?
La nostra non è una battaglia per sole donne, è la battaglia di tutti, anche degli uomini. La nostra lotta è percepita dalla coscienza del Paese tutto. Il presidente del Consiglio Draghi e il capo dello Stato Sergio Mattarella la considerano una leva necessaria per lo sviluppo della democrazia. Draghi e Mattarella incarnano la visione di Paese che vuole le donne protagoniste.

Ma dove lo vede questo protagonismo? E come si manifesta?
Si manifesta con il Pnrr che è uno strumento inedito per quantità di risorse, per numero di progetti e per molteplicità di soggetti e competenze coinvolti. Il Pnrr rilancia il nostro Paese attraverso una riforma strutturale importante di cui la parità di genere non è solo una leva, una fragilità da risanare, ma un asset vero e proprio. Le donne diventano protagoniste perché possono farlo, perché tutti quei processi che finora le hanno inibite adesso vengono riformati.

Come?
Si parte dagli investimenti sugli asili nido che oggi coprono un'offerta del 17% sul territorio nazionale e che domani deve arrivare almeno al 50%. Ci impegneremo affinché ci siano almeno 33 posti ogni 100 bambini. E poi c'è il tema del carico di cura familiare: in Italia, almeno nell'ambito della prima infanzia, è prerogativa delle donne. Ebbene questo deve cambiare, è necessario migliorare i servizi relativi alla prima infanzia e distribuire equamente il carico dì cura familiare fra uomo e donna.

Parliamo del lavoro...
400 min di euro sono destinati all'imprenditoria femminile. Si investe non solo nelle risorse di accesso al credito per riqualificare l'imprenditoria femminile, ma si incentivano competenze tecnologiche e digitali. Oltre un miliardo di euro è destinato alla formazione nell'ambito delle materie Stem, fondamentali per affrontare le sfide lavorative del futuro. Il gap di genere in questo campo è alto, in Italia è più alto della media europea.

Poi c'è la certificazione della parità di genere... che cos'è e come funziona?
È un meccanismo che incentiva le imprese a promuovere e valorizzare il lavoro delle donne attraverso premi, agevolazioni e riconoscimenti. Parliamo di sostegni alla genitorialità e al welfare, parliamo di agevolazioni fiscali e percorsi prioritari nelle gare d'appalto pubblico. La certificazione è già stata presentata, siamo in fase di implementazione normativa, ma contiamo di chiudere entro metà anno. Le imprese pubbliche e private destinatarie dei fondi del Pnrr sono tenute all'assunzione del 30% di donne e giovani nel momento dell'esecuzione dei contratti, anche nei settori che in genere sono scarsamente interessanti dalla presenza femminile, come il digitale e l'edilizia. Non solo: insistiamo anche sulla rendicontazione. Le imprese devono fare auto analisi e rimediare a errori e mancanze. Devono chiedersi: come siamo messi a parità di genere? Com'è distribuito il part time tra uomini e donne? Cosa possiamo fare per colmare eventuali gap?

Si è data una scadenza affinché questo si realizzi oppure, questa 'rivoluzione' non ha un tempo?
Io ho preso un impegno come ministro di fronte al Paese: la strategia di parità di genere ha obiettivi puntali fissati al 2026. Aumentare il tasso di occupazione femminile e le competenze digitali e Stem, diminuire il gap occupazionale tra donne e uomini, ridurre il gap salariale, incrementare il numero di donne in posti di governance, distribuire più equamente il carico di cura familiare tra uomo e donna. Sappiamo di non poter fare miracoli, ma puntiamo a ridurre questo gap di almeno 5/6 punti percentuali da qui al 2026.