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Bonetti: "Noi ministri tenuti ancora all'oscuro. Se le nostre idee non servono lasciamo"

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Intervista di Barbara Acquaviti, "il Messaggero", 6 gennaio 2021.

Pronta a tornare alla sua attività di docente e ricercatrice, con la lettera di dimissioni già scritta. Perché il tempo, è il messaggio che la ministra delle Pari opportunità Elena Bonetti di Italia Viva invia al premier Conte, «sta per scadere non per Italia Viva ma per il Paese». «Non saremo complici di scelte sbagliate e per evitarle faremo di tutto. Io ho scelto di servire il Paese con le idee e non con le poltrone. Se le nostre idee non servono, lasciare sarebbe doveroso».

Ormai sono giorni che si parla dell'addio dei renziani al governo. Il tempo è scaduto?
«Il quando non dipende da me né da Italia viva, siamo ancora in attesa di risposte alle nostre proposte. Il tempo sta per scadere per il Paese. Non è tanto una questione di dibattito interno alla maggioranza, ma tra poco riprenderà tutta l'attività istituzionale, e a quel punto deve esserci una proposta chiara. Abbiamo detto con chiarezza che per servire il Paese con una politica che si rivolga davvero alla costruzione del futuro dei nostri figli, ci siamo e ci saremo. Siamo il partito che ha portato in questo governo il Family Act, l'unico disegno di riforma organica finora approvato. Ma l'esercizio del potere fine a sé stesso è uno stile che non ci appartiene».

Quindi siete ancora in attesa che il presidente del Consiglio risponda alle vostre proposte?
«Ci saremmo aspettati in questi giorni delle risposte e devo dire che il fatto che non siano ancora arrivate mi fa ipotizzare che per qualcun altro il tempo abbia una dimensione più dilatata. E invece è urgente dare una risposta a delle domande di fondo: quale visione di futuro vogliamo presentare in Europa con i 209 miliardi del Recovery plan, quale piano di vaccinazione dobbiamo mettere in campo per arrivare al maggior numero di persone nel più breve tempo possibile, quale proposta abbiamo per la riapertura delle scuole che continuiamo a rimandare perché di fatto non riusciamo a trovare una convergenza».

A questo punto il Recovery plan dovrebbe passare in Consiglio dei ministri, ma senza un voto. È una strada percorribile?
«Il tema non sono gli escamotage con i quali si fa passare un provvedimento in Consiglio dei ministri, ma la costruzione di un piano che sia condiviso da tutto il Paese, dal Parlamento, dalla società civile, dagli amministratori locali. Quella che dobbiamo portare avanti è la progettualità di una politica seria, noi questa finora non l'abbiamo vista. Devo dire con estrema chiarezza che non so a che punto siamo con il nuovo testo perché noi ministri non abbiamo ricevuto nessuna ulteriore riformulazione».

Davvero l'obiettivo non è soltanto un rimpasto di governo?
«Assolutamente. Se riconosciamo che non ci sono le condizioni per proseguire, o se quello che si vuole portare avanti è un progetto che creerà dei danni al Paese, noi non soltanto non vogliamo essere complici ma faremo in modo che non accada. E se questo significa dimetterci, ovviamente lo faremo. Siamo davvero disposti a fare di tutto perché si riesca a fare il bene del Paese».

Lunedì si è tenuto l'ennesimo Consiglio dei ministri notturno. Questo non è in contrasto con la vostra richiesta di trasparenza?
«Se serve lavorare di notte, perché si va avanti senza sosta, lo si fa senza lamentarsi. Ma questo arrivare sempre all'ultimo minuto credo sia un sintomo di un'organizzazione che va migliorata e inoltre non ci mette nelle condizioni di avere una serenità di scelta. Per decidere responsabilmente occorre conoscere, e bene».

Nell'ultimo Consiglio di ministri lo scontro è stato soprattutto sulla riapertura delle scuole. Franceschini ha spiegato che il rinvio era un tema politico. Anche per voi è questione sul piatto della crisi di governo?
«L'educazione è la principale responsabilità di un Paese, quindi per noi è la prima questione politica. L'altra sera siamo arrivati in Consiglio dei ministri ed è emerso che non si era arrivati a conclusione di un percorso di riorganizzazione che noi avevamo chiesto con forza e da tempo. Per questo abbiamo condannato con fermezza questo caos».

E di chi è la responsabilità, del ministro Azzolina?
«Prima che indicazioni di responsabilità, arrivati a questo punto agli studenti e alle famiglie dobbiamo risposte certe. Oggi un governo serio deve mettersi al lavoro e riaprire le scuole il prima possibile, in sicurezza e in tutte le Regioni».