Famiglia donne pari opportunità

Bonetti: "L'Italia deve essere il volto umano della comunità internazionale"

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Intervista di Francesca Paci, "la Stampa", 27 agosto 2021.

Scende la sera sul mare ligure e il silenzio avvolge le delegazioni riunite dalla Ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti a discutere di empowerment femminile: l'urlo di Kabul squassata è quello delle donne afgane e di tutte le donne, la frontiera senza pace dell'emancipazione.

Ministra Bonetti, come si chiude questo suo G20, programmato molto tempo prima della crisi afgana?
«Abbiamo condiviso un forte sgomento a conclusione di una giornata che mostra ancora di più l'urgenza di una posizione univoca e rende evidente il rischio a cui sono sottoposte le donne afgane e la popolazione tutta, non si tratta di timori ma di violenza reale. Il messaggio forte che arriva oggi dal G20 delle donne è che la comunità internazionale non può girare lo sguardo altrove».

Cosa emerge dal vertice ministeriale sull'Afghanistan, durante il quale ha riunito le rappresentanti di Paesi dalle posizioni a dir poco diverse?
«Siamo usciti con una voce unica e un invito alla comunità internazionale, in particolare ai paesi del G20, per riconoscere i diritti delle donne afgane e garantire loro le libertà fondamentali e il livello di non subalternità sociale guadagnato in questi anni. Esiste un pericolo concreto di violenza, abusi e matrimoni precoci che richiede coordinamento e determinazione per attivare tutti gli strumenti a disposizione della comunità internazionale».

Comprese le sanzioni? Sanzioni per difendere le donne?
«Abbiamo bisogno di definire oggi una strategia del dialogo all'interno del G20 che verrà costruito, ogni azione deve avere come precondizione la tutela della popolazione afgana in generale e delle donne in particolare».

Quali sono i punti di forza e quali le debolezze del documento che presenterà al G20 di fine ottobre, un testo firmato dai rappresentanti di realtà politiche non proprio allineate come quella francese, turca, cinese, russa?
«C'è la consapevolezza che la prospettiva di genere, rispetto a cui nessuno dei nostri paesi è veramente risolto, sia necessaria per dare corpo allo sviluppo dell'economia e che le pari opportunità non significhino solo diritti per le donne ma anche opportunità per la comunità. E c'è soprattutto un nuovo sguardo puntato a superare l'approccio contingente di un singolo paese per lanciare un messaggio politico forte».

Crede, come sostiene la sua compagna Boschi, che le femministe italiane abbiano taciuto sulle donne afgane?
«Penso che non sia il tempo di commentare reazioni differenti, urge invece far nascere una coscienza nei confronti della popolazione afgana che si traduca in impegno per i diritti. Il messaggio del premier Draghi al G20 è stato chiarissimo: non possiamo deludere noi stessi. È una convocazione che chiama in causa tutte e tutti: non basta affermare i diritti delle afgane ma bisogna progettare percorsi adeguati per quelle che arrivano in Italia».

Cosa pensa quando sente i suoi colleghi di governo proporre di prendere solo le donne afgane e i bambini?
«Credo che l'Italia non possa mettere i diritti degli uni contro quelli degli altri in un paese in cui sappiamo essere tanto importanti i legami familiari. Penso all'immagine delle madri che abbandonano i propri figli per salvarli: dobbiamo restituire una possibilità a quella disperazione: l'Italia sia volto umano nella comunità internazionale».

Chi lo desidera può leggere l'intervista completa a questo indirizzo.