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Bonetti: "Il buongiorno alle nuove generazioni"

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Intervista di Alberto Laggia "Famiglia Cristiana", 8 aprile 2021.  

«Un passo storico» e un «buon giorno per l'Italia». Non nasconde la soddisfazione la Ministra per le Pari Opportunità e per la Famiglia Elena Bonetti dopo il plebiscitario, definitivo via libera dato dal Senato all'assegno unico e universale per i figli, divenuto legge il 30 marzo scorso.

«Ho fatto l'esperienza di un Paese che ha saputo assumersi una responsabilità grande, storica direi, e di un Parlamento che ha rimesso al centro le giovani generazioni. Un passo, quello dell'assegno, doppiamente importante, peraltro, vista la drammatica fase emergenziale e il momento di dolore che le famiglie italiane stanno attraversando a causa della pandemia», osserva la Ministra. La prossima tappa a breve sarà la definizione dei decreti attuativi della legge entro il primo di luglio.

Ministra, perché si può, a buon diritto, parlare di provvedimento "storico"?
«Perché con questa legge è stato compiuto un concreto passo in avanti di una riforma, quella del Family Act, attesa da anni. L'assegno è il primo pezzo di questa grande riforma nata da Italia Viva, costruita con un vasto dibattito politico e con tutta la società civile, già approvata nel suo insieme dal precedente Governo e ora in discussione alla Camera. Una riforma complessiva che tratta le politiche familiari finalmente come politiche di investimento nel sostenere le famiglie, in prospettiva di attivarne l'autonomia e la responsabilità educativa, ma anche come risposta di solidarietà di tutta la società nei confronti di questo importante compito, che è di tutti».

Assegno unico, ma anche "universale". Cioè?
«Sarà per tutti i bambini, nessuno escluso. Oggi non è così: non tutte le famiglie ricevono un aiuto da parte dello Stato per il sostegno alla genitorialità. Per esempio, le partite Iva e i lavoratori autonomi non hanno assegni familiari; gli incapienti, proprio le famiglie più povere, non beneficiano di detrazioni fiscali per i figli a carico. E le misure fin qui adottate hanno sempre risposto a bisogni riconosciuti come momentanei, ma che non avevano carattere strutturale, stabile, che è invece l'elemento che distingue una politica di investimento familiare e demografico da una esclusivamente assistenziale e di emergenza».

Ci sta dicendo, quindi, che l'assegno non avrà effetto se non inserito in un progetto di riforma complessivo delle politiche familiari?
«L'assegno è importante, ma sarà efficace dentro un nuovo approccio integrato e multidimensionale al tema. Per investire nella famiglia e riconoscerne il ruolo generativo di valore sociale serve certo un sostegno economico, ma nel contempo si deve investire nell'educazione, nel sostegno alle spese educative, nei servizi scolastici; serve la riforma dei congedi parentali paritari per tutti i lavoratori; serve investire nel lavoro femminile: tutto quanto, cioè, quello che costituisce l'altra parte della riforma del Family Act, compreso infine l'investimento sui giovani, dalla formazione universitaria all'inizio dell'attività lavorativa, fino a un piano-casa per le giovani coppie».

Qualcuno paventa, tuttavia, che proprio l'universalità dell'assegno possa portar via risorse ai figli di chi è in difficoltà per dare anche ai figli dei più abbienti.
«Abbiamo attuato un principio in base al quale la vita di ciascun bambino e bambina è un valore per tutta la comunità e, in quanto bene per tutti, ha diritto a un sostegno da parte di tutti. Proprio come i diritti allo studio e alla salute. Perciò non si toglie affatto ai più poveri per dare ai più ricchi: è garantito a tutti nelle proporzioni delle condizioni in cui ognuno si trova. Non faremo, cioè, parti uguali tra diseguali. L'assegno sarà proporzionato in base al reddito familiare Isee».

La cifra di 250 euro a figlio indicata dal presidente Draghi che senso ha in questo contesto?
«Quello di una media della situazione familiare nel nostro Paese. Sono personalmente convinta, poi, che l'assegno e il Family Act siano gli strumenti più adatti per sostenere le famiglie e riattivare la loro autonomia rispetto ad altre misure, come il Reddito di cittadinanza o il Reddito di emergenza, che non riconoscono adeguatamente il carico di cura genitoriale né il numero dei figli. La copertura complessiva oggi stimata è di 21 miliardi. Sarà un "debito buono", per usare un'espressione del Presidente del Consiglio: un investimento perché le generazioni dei nostri figli abbiano un futuro migliore. Rispetto alle cifre, in Senato tutti hanno insistito sulla necessità di impegnarsi nell'aumento delle risorse, qualora non bastassero quelle previste».

Ma in base ai nuovi parametri, ci sono famiglie che potrebbero perderci rispetto alle attuali detrazioni per figli a carico? E per i figli di oltre 21 anni?
«Come forze politiche concordiamo sulla necessità di trovare le risorse necessarie per rendere l'assegno davvero uno strumento efficace per tutti. La legge delega per ora non quantifica, ma parla, per esempio, di maggiorazione dell'assegno dal terzo figlio in su, per sostenere i nuclei familiari più numerosi, e a favore dei figli con disabilità. Ma su questo, come su sostegni per i figli con più di 21 anni, si interverrà puntualmente nei decreti attuativi».

A proposito, ce la faremo ad arrivare al primo luglio con i decreti attuativi pronti?
«Le posso assicurare che il Governo lavorerà giorno e notte affinché al primo di luglio le famiglie italiane possano avere l'assegno».

L'Italia è l'ultima in Europa a introdurre l'assegno unico per i figli. A quali altri ordinamenti vi siete riferiti?
«Ho guardato in modo particolare al modello francese, proprio perché adotta un approccio strutturale che tocca fiscalità, ma anche carichi di cura e lavoro femminile. L'esperienza francese dimostra che di per sé non basta un assegno unico a fa crescere la natalità, ma che uno dei fattori principali in questo senso è l'occupazione delle donne».