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Bonetti: "Diciamo alle donne: anche ora potete liberarvi"

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Intervista di Rossana Linguini, "Gente", 3 aprile 2020.

C'è un'emergenza nell'emergenza in questa nostra vita dentro casa, che non sempre è fatta di torte sfornate, libri e serie Tv divorate, lezioni scolastiche dei figli su Zoom e aperitivi virtuali su Skype. È quella delle donne che convivono con un uomo violento, ora senza un attimo di tregua: per loro la quarantena è una trappola senza via di fuga. Un dramma, ma silenzioso, di cui ben dicono le chiamate al 1522, il numero verde antiviolenza e antistalking, che oggi sono pressoché dimezzate.

«Ci sono donne che si trovano in una situazione di violenza apparentemente non efferata, eppure continua», ci spiega la Ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti. «In questo caso iniziare un percorso per uscire dal problema è molto difficile, richiede estrema sensibilità e un approccio multidimensionale. Spesso le vittime hanno bisogno di mantenere l'anonimato, necessitano di un accompagnamento psicologico che va preservato e della fiducia che dall'altra parte ci sia qualcuno che le può accogliere. Ecco, le donne devono sapere che anche in questo momento, mentre viviamo situazioni di solitudine e di relazioni sociali dimezzate, abbiamo voluto rinforzare la rete a cui ci si può rivolgere per chiedere aiuto. Il messaggio che vogliamo far arrivare è che nessuna è sola».

In che modo lo fate?
«Abbiamo rilanciato la campagna di sensibilizzazione sul tema della violenza domestica "Libera puoi", anche grazie alla generosità di alcuni artisti: Caterina Caselli, Paola Cortellesi, Marco D'Amore, Anna Foglietta, Fiorella Mannoia, Emma Marrone, Vittoria Puccini, Giuliano Sangiorgi e Paola Turci si sono resi disponibili a realizzare un video per promuovere il numero verde 1522, al quale le donne possono rivolgersi per chiedere aiuto».

Non solo telefonate, il 1522 è anche una app attiva 24 ore su 24...
«Sì, esisteva già, ma non era particolarmente utilizzata e promossa perché nella normalità una telefonata risulta essere un modo più agevole per comunicare, permettendo anche un dialogo più attento con l'operatrice. Al contrario, in questa situazione di convivenza continua magari proprio con l'uomo maltrattante, telefonare può essere più complicato che mandare un messaggio in una chat, per cui abbiamo voluto promuovere, anche nello spot, la app».

Ci sono altre iniziative?
«Avevo sensibilizzato sul tema la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, che ha risposto subito promuovendo Youpol, una app della polizia di Stato alla quale ci si può rivolgere per segnalare qualsiasi forma di violenza domestica, accedendo direttamente alla questura più vicina».

Ma una donna che ha bisogno di supporto, pur non in immediato pericolo di vita, può uscire di casa e violare la quarantena?
«Certo, le donne possono uscire di casa per recarsi in un centro antiviolenza e, se controllate dalle forze dell'ordine, possono dichiararlo perché si tratta di una ragione riconosciuta come urgenza e necessità. Non solo possono uscire, ma le invito a farlo contattando le strutture territoriali e chiamando il numero 1522 per un aiuto e prime indicazioni».

Come fanno i centri antiviolenza a garantire i servizi alle donne maltrattate e tutelare la salute pubblica?
«Ho chiesto al capo della Protezione Civile Angelo Borrelli che i centri antiviolenza e le case rifugio siano dotati di tutti i dispositivi di protezione necessari perché si possa continuare a operare in sicurezza. C'è anche un'esigenza di spazi e alloggi, perché prima di entrare in una casa rifugio è necessario permettere a una donna di alloggiare in isolamento e protetta: per questo, ancora assieme alla ministra Lamorgese, abbiamo attivato i prefetti perché si adoperino per trovare alloggi straordinari da destinare a questo scopo, coperti da un fondo di 2 milioni del mio ministero».

Il decreto "Cura Italia" prevede qualcosa?
«Non in modo esplicito, però i centri antiviolenza fanno parte di quegli enti che possono rimandare il pagamento dei contributi dei propri dipendenti, e quindi avere maggiore liquidità. Detto questo, io ho proposto un decreto per sbloccare i 30 milioni stanziati nel 2019 per centri antiviolenza e case rifugio e non ancora assegnati alle Regioni, che non hanno ottemperato all'invio della necessarla programmazione. E con analoga celerità provvederò al riparto alle Regioni dei 20 milioni previsti per il 2020 e a far uscire un bando del valore di 10 milioni per i centri antiviolenza con la finalità specifica della gestione del dopo emergenza coronavirus».

Questa pandemia ci insegnerà qualcosa?
«Dico che è nostra responsabilità agire perché questo accada: questa condizione di cura reciproca che ciascuno di noi sa di esercitare rispetto agli altri è importante e spero entri a far parte della nostra sensibilità. Anche la violenza di genere dipende da tutti noi, e spero che questa nuova dimensione di solidarietà permetta alle donne di sentirsi meno sole e a noi tutti di sentirci più responsabili della loro protezione».