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Bonetti: "Con il Family Act una nuova e feconda alleanza tra generazioni"

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Intervista di Antonio Sanfrancesco, "Famiglia Cristiana", 24 luglio 2022.

«Quello che abbiamo costruito con il Family Act è una visione di investimento nelle politiche familiari anche a sostegno di una rinnovata alleanza tra le generazioni, tra giovani e anziani, e per invertire il trend demografico segnato dal calo delle nascite che è sempre più drammatico». Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, ospite il 23 luglio del convegno organizzato da "Famiglia Cristiana" ad Amalfi in occasione della seconda Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, traccia un bilancio della riforma del Family Act, diventata legge lo scorso aprile, e individua i prossimi obiettivi per le politiche familiari, a cominciare dall'agenda del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza).

Il deficit di politiche familiari storicamente ha penalizzato giovani e bambini. Come investire di più su di essi senza togliere risorse agli anziani?
«Con il Family Act c'è stato un riequilibrio importante perché la visione di fondo è quella di creare un'alleanza e un nuovo rapporto tra generazioni. Questo si può ottenere, da un lato, con un investimento fattivo di carattere economico e di infrastrutture per la fascia più giovane e, dall'altro, creando le condizioni perché ci sia un percorso di invecchiamento attivo e protagonismo sociale per gli anziani. È una visione nuova che supera quell'approccio a legiferare che ha creato i diritti contrapposti: i diritti degli anziani contro quelli dei giovani, quelli degli uomini contro quelli delle donne. Nella pandemia abbiamo imparato che ci salviamo se questi diritti vengono ricomposti e si sostengono a vicenda».

La denatalità è un'emergenza sempre più drammatica per il nostro Paese. È una priorità anche per il governo? Sarà posta in cima all'agenda dei progetti del Pnrr?
«Il tema è stato al primo posto della mia azione come ministra da subito e ha trovato nel presidente Draghi piena condivisione e il coraggio di dare una risposta a questa emergenza. Non è stato semplice farlo, serviva il coraggio di una politica che investisse oggi attivando un processo urgente, ma i cui risultati si vedranno nel medio e lungo periodo, di una politica lungimirante e coraggiosa che non guarda solo al consenso del giorno dopo. Il Pnrr è uno strumento fondamentale per risolvere questa emergenza e lo è perché ha dichiarato che una delle riforme strategiche di accompagnamento è proprio quella del Family Act. La parte dell'assegno unico e universale, che è finanziata dal bilancio dello Stato, ha visto un investimento di 20 miliardi di euro strutturali ogni anno, e non una tantum».

Che però non basta.
«È così, l'assegno da solo non basta. Infatti, il Family Act affronta la denatalità con misure integrate, attivando processi che lavorano sulle diverse cause del fenomeno: uno è il sostegno economico con l'assegno, un altro dato rilevante è che il tasso di denatalità corrisponde a una bassa occupazione femminile. Per esempio, il Pnrr prevede di finanziare con strumenti specifici azioni di aumento dell'occupazione femminile agevolando l'imprenditoria delle donne. C'è un investimento sul nuovo welfare con 4,6 miliardi di euro destinati agli asili nido e che permetteranno nel Sud di triplicare i posti di qui al 2026. I progetti per il tempo pieno nella scuola, quelli per le infrastrutture per l'educazione sportiva, il sostegno agli enti territoriali perché offrano servizi diffusi nelle molte aree interne che si stanno spopolando. Un'altra priorità è abbassare il costo della maternità e della paternità per il mondo del lavoro. E c'è l'investimento nell'autonomia dei giovani e delle giovani coppie, dall'ingresso nel lavoro all'affitto o l'acquisto di una casa. Sono tutti investimenti grandi e inediti, di sistema, perché contro la denatalità che spegne il futuro abbiamo bisogno di riaccendere insieme e con decisione la speranza».

A fine giugno, dopo tre mesi, le richieste dell'assegno sono arrivate all'85%. Come lo giudica?
«Molto positivamente. La diffusione della misura è stata molto ampia e capillare, ogni famiglia con figli può fare domanda anche senza presentare l'Isee. Bisogna comunque continuare con l'informazione e il monitoraggio».

La percentuale alta non significa che non ci siano aspetti da migliorare.
«Ora è prioritario studiare la distribuzione finanziaria dell'assegno e capire quanto incide nell'economia familiare. Quasi la metà delle famiglie prende il massimo dell'assegno: 175 euro mensili per ciascun figlio, che salgono a 205 se lavorano entrambi i genitori. Poi, 260 euro, dal terzo figlio e con un aumento in caso di disabilità. Sono cifre estremamente significative. Con un Isee sotto i 20mila euro l'assegno va dai 120 a 175 euro. Detto questo, c'è anche un 20% che ha fatto richiesta senza presentare l'Isee e quindi scegliendo di ricevere la cifra minima. Al governo stiamo lavorando per valutare eventuali correttivi».

Con i criteri di calcolo attuali dell'Isee non c'è il rischio che le famiglie numerose siano più penalizzate?
«Oggi una famiglia con Isee sotto i 15mila euro riceve 350 euro per i primi due figli, dal terzo riceve un assegno di 260 euro a figlio e per le famiglie con più di 4 figli si aggiungono 100 euro al mese. Questo meccanismo, che aumenta significativamente l'importo dell'assegno con l'aumento del numero dei figli, lo abbiamo introdotto proprio per coprire la potenziale criticità dell'Isee rispetto al numero dei figli. Un intervento di questo tipo, che incentiva la natalità, non c'era mai stato. Le politiche familiari hanno bisogno di strumenti specifici per essere efficaci ed è questo il grande lavoro di riforma che stiamo facendo e che cambierà il Paese».