Famiglia inhomepage pari opportunità

Bonetti: "Le buone intenzioni adesso sono leggi e finanziamenti veri al lavoro femminile"

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Intervista di Laura Berlinghieri, pubblicata da "La Nuova Venezia e Mestre", 6 giugno 2022.

C'è un mondo che corre, una realtà a cui la politica è chiamata ad adeguarsi, un presente che preme. Si parla di quote rosa, ma troppe donne devono scegliere tra lavoro e famiglia, e si fanno sempre meno figli. Ai vertici delle principali società continuano ad apparire solo nomi maschili. Ma i leader di domani avranno anche i cognomi delle mamme. I femminicidi macchiano le pagine dei quotidiani. Mentre i Paesi europei procedono alla spicciolata, nel tentativo di dare risposte a istanze ora finalmente avvertite. Temi di cui parla Elena Bonetti, ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, oggi tra Mestre e la Riviera miranese per incontrare le categorie e per un tour elettorale.

Ministra, giusto?
«Ministra. È importante, per la caratterizzazione al femminile di un ruolo istituzionale che può essere vissuto con la stessa responsabilità da donne e uomini. Tendo a sottolineare le differenze, per costruire pari opportunità».

Iniziamo dal Veneto. Alcuni giorni fa è scoppiato il caso Veronafiere, con la nomina di un Cda tutto al maschile. In generale, ci sono soprattutto uomini ai vertici delle società di questa regione. Cosa pensa delle quote rosa?
«Questa vicenda dimostra che le quote rosa sono ancora necessarie per imporre un processo di selezione di merito e competenze veramente paritario tra donne e uomini. È falso e offensivo dire che in tutto il Veneto non ci sono donne altrettanto se non più competenti degli uomini per ricoprire cariche di responsabilità. Per questo, con la strategia nazionale per la parità approvata dal governo, lavoriamo sulla trasparenza nei processi di selezione».

Dando un'occhiata all'estero, l'impressione è che l'Italia sia sempre a traino degli altri Paesi. In Spagna si discute persino di congedo mestruale. Potremo mai ambire anche noi a un ruolo di apripista?
«In realtà, con questo governo, l'Italia in Europa è considerata tra i Paesi apripista per le pari opportunità. Siamo stati tra i primi a dare vita a una strategia per la parità di genere. Il primo Paese che nella presidenza del G20 ha posto il tema di pari opportunità ed empowerment femminile, organizzando la prima conferenza su questo tema. Abbiamo costruito tutto il Pnrr con clausole di condizionalità per l'assunzione di donne e giovani, con la certificazione per la parità di genere, modificando il codice degli appalti e introducendo benefici fiscali per le imprese che la ottengono. Quanto al congedo mestruale, la tutela della salute femminile pienamente integrata nel lavoro è tra le priorità del nostro governo. Ma stiamo molto attenti a introdurre strumenti che dicano che, a causa delle mestruazioni, le donne sono più fragili degli uomini. Tutelare la salute delle donne è fondamentale, ma non possiamo tornare indietro di anni, quando si utilizzava proprio l'argomento delle mestruazioni come pretesto per escludere le donne dal lavoro e dai ruoli di responsabilità. Sarebbe inaccettabile».

Ma, nei fatti, in Italia non si fanno più figli. E spesso le donne devono scegliere tra lavoro e famiglia. Come proverete a invertire il trend?
«L'approvazione del Family act mira a risolvere un problema strutturale del nostro Paese, con investimenti nei servizi territoriali — asili nido, servizi educativi, infrastrutture sociali —, congedi di paternità e maternità paritari e supporto alle donne lavoratrici, anche con un sostegno per i servizi domestici ed educativi territoriali. Domani (oggi, ndr) sarà pubblicato il bando RiParto, da 50 milioni di euro, da destinare alle imprese perché sostengano strumenti e politiche che favoriscano il rientro delle donne al lavoro dopo la maternità. La scelta tra famiglia e lavoro ha avuto effetti devastanti, dal punto di vista demografico e, per le donne, lavorativo e salariale».

Ci sono le buone intenzioni, arriverà il denaro: teme che la mentalità della gente, donne e uomini, possa essere un ostacolo?
«Intanto adesso, più che le buone intenzioni, abbiamo le leggi. Nel Paese è ancora presente una subcultura di prevaricazione del maschile sul femminile, che alimenta forme di discriminazione alla base anche della violenza sulle donne. Ma l'Italia sta facendo passi avanti importanti nel riconoscimento del valore femminile: penso al Veneto, con le sue tante imprenditrici. Alcune le incontrerò oggi con la deputata Sara Moretto».

Parlava di violenza sulle donne. I femminicidi sono tra i grandi drammi del nostro tempo. Quali azioni metterete in atto per tentare di frenare questa emorragia?
«Da quest'anno abbiamo reso strutturale il piano strategico contro la violenza sulle donne e le risorse per servizi territoriali, centri antiviolenza e case rifugio. Puntiamo sulla prevenzione e sulla protezione delle vittime. È ora in discussione al Senato il nuovo disegno di legge, presentato con le ministre Cartabia e Lamorgese, che prevede anche il fermo immediato per stalker e violenti e l'estensione dell'utilizzo del braccialetto elettronico. E poi abbiamo lavorato sull'indipendenza economica delle donne, che spesso non denunciano i loro compagni violenti perché non saprebbero come mantenere se stesse e i figli, da sole. Anche per questo è importante incentivare il lavoro femminile. Abbiamo introdotto il reddito di libertà, 12 milioni per sostenere economicamente le donne in difficoltà, già vittime di violenza, e il microcredito di libertà, con un fondo di garanzia da 3 milioni».

Un paio di giorni fa, sei ragazze hanno denunciato di essere state molestate sul treno da alcuni coetanei reduci da un raduno trap a Peschiera.
«Un fatto grave, bisogna individuare subito i colpevoli. Bravissime le ragazze a denunciare, il loro coraggio è l'esempio da seguire».

Nella parità di genere, la forma può essere sostanza? Mi riferisco alla decisione della Corte Costituzionale di introdurre il doppio cognome per i nuovi nati.
«È un tema che mi sta a cuore e che avevo sollevato più volte: riconosce che la nostra democrazia si fonda sulla parità reale e fattiva tra donne e uomini. Le nuove generazioni potranno portare avanti identità e storie personali delle madri e dei padri. La scelta non può mai essere la prevaricazione del maschile sul femminile, a partire dall'ambito familiare».

Torniamo alla cronaca territoriale: l'ennesima polemica estiva nelle scuole, per il "dress code" degli studenti. Lei cosa pensa?
«La libertà personale deve essere sempre garantita nel rispetto delle regole della convivenza sociale. L'importante è che queste non riguardino solo le ragazze, ma anche i ragazzi. Altrimenti è discriminazione e non è accettabile».