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Bonetti: "Aumenti alle donne che rientrano al lavoro dopo un figlio"

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Intervista di Giovanna Casadio, "la Repubblica", 14 novembre 2020. 

Ministra Elena Bonetti, responsabile della Famiglia e delle Pari Opportunità, è riuscita a fare inserire nella Legge di bilancio misure a vantaggio delle donne?
«Il Paese deve mettere subito in campo strategie di ripartenza e sviluppo. Investire in lavoro femminile è la prima arma per superare lo stallo. È una priorità non solo giusta per le donne, ma conveniente per tutto il Paese. Nel Recovery Plan italiano ho insistito perché la parità di genere fosse una delle missioni che ci assumeremo. Così sarà».

In concreto, cosa c’è nella manovra?
«Ci saranno già alcune anticipazioni del Recovery: il fondo per le imprese femminili, il sostegno al credito e la formazione, il piano per gli asili nido. E deve esserci una decontribuzione del lavoro femminile, ci stiamo lavorando con la ministra Catalfo: il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri ha aperto. Ma c’è un’altra misura a cui tengo molto, anche questa proposta dalla mia task force di donne: va incentivato il rientro o l’ingresso nel mondo del lavoro delle donne dopo la maternità»

Come? E su quali altri provvedimenti punta?
«Quello è un momento di fragilità, tanto che i dati pre-Covid parlavano di 37 mila donne che hanno lasciato il lavoro dopo il primo figlio. Impressionante.Quindi dopo la maternità le donne che rientrano al lavoro, devono avere un vantaggio economico: un aumento in busta paga. Anche per l’azienda non deve risultare penalizzante la sostituzione per maternità. E i vantaggi della decontribuzione devono valere anche per le libere professioniste. Sugli altri provvedimenti, un punto qualificante, per cui mi batto, è la formazione femminile nelle materie Stem, le discipline scientifico-tecnologiche, perché le donne devono poter abitare i lavori del futuro».

Da matematica, prima ancora che ministra, ritiene adeguata la griglia di dati in base ai quali le Regioni sono classificate in zone rosse, arancioni e gialle?
«Il governo ha scelto lo schema ambizioso di gestire la pandemia con una valutazione di aperture e chiusure parziali a carattere territoriale. Le chiusure sono chirurgiche, il paese un nuovo lockdown generale non lo avrebbe retto dal punto di vista sociale ed economico. Non sarebbe stata neppure la scelta più efficace. Come ministra e come scienziata, anche a nome del mio partito, Italia Viva, ho chiesto la massima trasparenza dei dati in forma disaggregata per regione, per provincia, per genere, per età».

È sempre dell’opinione che tenere aperte le scuole sia una priorità?
«Sì. E non voglio che le scuole restino chiuse fino a marzo. Perciò vorrei avere un modello scientifico che mi dia indicazioni su quali iniziative e regole mettere in campo per riaprire le scuole senza che vadano a danneggiare la salute pubblica e senza che siano elemento di diffusione di contagio . Ancora di più nei territori provati dal disagio sociale e dalla povertà educativa infantile, le scuole sono presidi indispensabili».