Intervista di Annachiara Valle, "Famiglia Cristiana", 23 aprile 2020.
«Nessun agricoltore, allevatore, pescatore deve smettere di lavorare. Nessuno tra quanti operano nella filiera agroalimentare e nella ristorazione. Né tra magazzinieri, trasportatori, banconiste, commesse. E nessun cittadino deve rimanere senza il cibo necessario». È determinata la ministra delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Teresa Bellanova, 61 anni, mentre parla del lavoro e delle misure già adottate e da adottare per la filiera alimentare in queste settimane di emergenza da coronavirus.
Intervenendo in Parlamento, per illustrare le sue proposte, la chiama la «filiera della vita». Quella che in questi mesi non si è mai fermata, garantendo approvvigionamenti costanti nonostante le difficoltà di alcuni comparti.
«Dobbiamo essere grati alle migliaia di donne e uomini, spesso alle prese con mansioni umili, che stanno garantendo al Paese un bene essenziale come il cibo», afferma. Ribadendo che è «per questo che ho detto a Bruxelles che la filiera alimentare è una priorità europea».
Sottolinea che «non sono stati indolori i blocchi alle frontiere delle prime settimane e la richiesta, inconcepibile, di certificati "virus free" per i nostri prodotti». La ministra ha lavorato per arrivare ad avere «i corridoi verdi per la circolazione dei prodotti essenziali come quelli alimentari e anche, tra gli altri, dei lavoratori stagionali in agricoltura».
D'altra parte, prosegue la Bellanova, per alcuni comparti è pesante «il fermo di hotel e ristorazione e la chiusura di canali commerciali fondamentali come i mercati esteri, con perdite economiche in alcuni casi rilevantissime». Criticità che si sommano alla carenza di lavoratori stagionali che arrivano, secondo le associazioni di categoria, tra le 270 mila e le 350 mila unità.
E poi il capitolo immigrati: «Le lavoratrici e i lavoratori stranieri, con oltre 30 milioni di giornate lavorative, rappresentano il 26,2% del totale del lavoro necessario nelle campagne italiane. La nostra agricoltura è anche un grande laboratorio di integrazione», precisa. Per poi sottolineare con forza la presenza di «quei 600 mila altri lavoratori, invisibili ai più, cosiddetti irregolari, alla mercé, insieme alle imprese a cui danno le braccia, di quella criminalità che chiamiamo caporalato. E che per me significa mafia». Le risposte devono essere «necessariamente strutturali» e affrontare anche «la piaga del lavoro nero».
Tre le questioni che la ministra pone come prioritarie: «L'agevolazione dei rientri in Italia e le proroghe dei permessi di soggiorno per gli immigrati; la lotta al caporalato, anche mediante la regolarizzazione; la facilitazione delle assunzioni di lavoratori al momento inoccupati. Occorre un piano emergenziale per il lavoro e l'istituzione di una piattaforma di iscrizione dei potenziali lavoratori agricoli per far incrociare la domanda e l'offerta. Stiamo lavorando perché tutto questo si realizzi in tempi molto rapidi».