Intervista di Barbara Jerkov, "il Messaggero", 22 febbraio 2020.
Ministra Bellanova, è il secondo Cdm a cui non va. Già con un piede fuori dal governo?
«Se avessi un piede fuori non continuerei a lavorare come sto facendo, senza risparmiarmi. Ero a Lecce per la Business Tourism Management, dove il Ministero aveva per la prima volta uno stand per rimarcare l'alleanza pesca-turismo, che in Puglia è strategica, e promuovere il Feamp, il programma europeo che rafforza la coesione territoriale e sostiene i lavoratori della pesca e dell'acquacoltura nelle comunità costiere e interne. Il Cdm di ieri era stato convocato, annullato, riconvocato. A quel punto avevo già fissato altri impegni. Martedì ci sarò, come mio solito».
Col senno di poi, è stata una buona idea entrare in un governo Conte bis?
«Noi non siamo entrati nel Conte bis, lo abbiamo determinato, non è una differenza da poco. Sì, anche con il senno di poi rivendico tutta la giustezza della decisione di Matteo Renzi, e della sua generosità politica. Per questo adesso poniamo una questione non più rinviabile: cambiare passo. Nel metodo e nel merito».
Ma crede davvero possibile una ricucitura tra Renzi e Conte: i giochi ormai sembrano proprio fatti...
«Abbiamo indicato temi ineludibili: sbloccare i cantieri per utilizzare le risorse già a disposizione e ingessate da anni, rivedere il Reddito di Cittadinanza, giustizia giusta, cambiare insieme le regole per eleggere il sindaco d'Italia. Se i giochi sono fatti lo dirà il presidente Conte. Nessun aut - aut se non quello di occuparsi più del Paese e meno del destino politico dei singoli. Inclusa la cosiddetta alleanza strategica Pd-5Stelle che, pur di essere perseguita, ha reso il Pd una sbiadita, irriconoscibile, fotocopia di se stesso».
Chiedere di smantellare il Reddito di cittadinanza, misura simbolo dei 5Stelle, non è una provocazione fatta per sentirsi dire di no?
«Piuttosto un invito alla verifica dati alla mano. Se ci fossero in giro meno totem, sarebbe invocata come necessaria da tutti. Se una misura congela miliardi preziosi e non funziona, come dicono gli indicatori, correggerla è un atto dovuto. D'altra parte quando tutti ritengono necessario rilanciare sul versante delle politiche attive, non ne stanno riconoscendo il fallimento? Suvvia, un minimo di onestà mentale».
Si parla molto di Responsabili in queste ore: Italia Viva rischia di spaccarsi in caso di crisi?
«Non mi risulta. Italia Viva è nata con un obiettivo preciso: più riformismo nell'azione di governo e nell'offerta politica. Se misuro con l'entusiasmo di ogni iniziativa territoriale cui partecipo, dico che è quello di cui c'è bisogno. Se guardo ai risultati che abbiamo guadagnato con la Legge di bilancio, dal blocco dell'Iva al Family act all'Agricoltura al rinvio di tasse assurde come plastic e sugar che ci siamo impegnati a cancellare definitivamente, mi dico che abbiamo dimostrato cosa può essere il riformismo di governo. Proprio per questo siamo convinti delle nostre ragioni. E poi mi sembra che invece di spaccarci includiamo... Se il Pd o Conte sono alla ricerca di cosiddetti responsabili, aprendo il mercato dei parlamentari, facciano pure. Noi possiamo continuare a indicare agenda e priorità anche stando all'opposizione. Facciamo politica, non populismo. Vorrei però fosse chiaro che quando si apre il mercato dei "responsabili" accanto c'è la bancarella del mercato dei valori e prima o poi bisognerà pure dirlo da dove starebbero arrivando i "responsabili". Forse da Lega e Forza Italia?».
A questo punto delle cose, la nascita di un governo istituzionale potrebbe essere la via d'uscita?
«La via d'uscita è parlarsi in modo franco e diretto. Conte anche in questi giorni ha ribadito che la crescita è una priorità: non avrà difficoltà allora a fare sua Italia Shock, magari a ripristinare le Unità di Missione sciaguratamente smantellate, e a convenire che non si possono cambiare le regole in corso d'opera, con il rischio di far scappare gli investitori. È una questione di coerenza. Mi sembra che a ritenerla necessaria siamo rimasti in pochi».