Intervista di Nando Santonastaso, il Mattino, 27 marzo 2020.
Ministra Bellanova, partiamo dall'attualità politica: si continua a ventilare l'ipotesi che a fine emergenza sia Mario Draghi a guidare un governo di super-esperti per gestire la ripresa dell'economia nazionale. Lei che ne pensa?
«Mario Draghi con grande nettezza ha indicato le priorità di questo momento. Nell'intervista al Financial times parlava ai Paesi, è evidente, ma soprattutto all'Europa e alla Bce. Credo che in momenti straordinari come quello che viviamo la lucidità della visione sia una condizione essenziale perché determina la strategia da mettere in campo e la qualità delle scelte successive. Quelle parole, e quanto potrà fare in futuro, sono un contributo rilevante, prezioso, da raccogliere».
Per lei non è un argomento all'ordine del giorno?
«Adesso concentriamoci su questa fase di assoluta emergenza, dando fiducia al paese. Con l'accortezza di mettere a regime ogni contributo che Draghi ci offre».
Come giudica l'atteggiamento delle opposizioni in questa crisi, l'idea di un governo di unità nazionale vi è sembrata attuabile veramente?
«Il luogo dove maggioranza e opposizione si misurano e contribuiscono concretamente a migliorare le norme e le decisioni è il Parlamento. Come Italia Viva lo abbiamo detto con chiarezza fin dall'inizio. Bene ha fatto Conte a fare sua la nostra sollecitazione. Non a caso il Presidente Mattarella, proprio nel giorno delle Fosse Ardeatine, ha invitato tutti a una maggiore responsabilità. Appello a cui le opposizioni stanno rispondendo in larga parte. Eccezion fatta, constato, per l'intervento di Salvini oggi (ieri, ndr) in Senato».
I sondaggi di questi giorni premiano però Conte e il Pd, non avete qualcosa da rimproverarvi come Italia Viva per i dubbi espressi prima della crisi sanitaria sull'uno e sull'altro?
«I sondaggi non mi hanno mai appassionata, e non credo sia il momento in cui farsene condizionare. Mi auguro sia così per tutti. Dobbiamo garantire il Paese, non il nostro personale futuro. Vale a maggior ragione adesso. Sarebbe imperdonabile anche solo pensarla diversamente».
Il debito pubblico italiano in rapporto al Pil rischia di tornare ai livelli della Prima e della Seconda guerra mondiale...
«Rischia di esserlo, e per questo dico: responsabilità nelle scelte e rigore nelle decisioni. Non si può promettere tutto a tutti ma definire con chiarezza le priorità. Le risorse che spendiamo adesso non devono scaricarsi sulle spalle dei nostri figli, né dei loro. Ogni euro che spendiamo deve essere considerato un investimento sul futuro. E questo lo spirito con cui lavoro sui provvedimenti».
La filiera agroalimentare è sotto pressione ma sta rispondendo con grande impegno. Lei ha proposto un riconoscimento per questo sforzo, pensa a qualcosa di strutturale?
«Abbiamo centinaia di migliaia di aziende e milioni di addetti che stanno continuando a lavorare. La gratitudine non è sufficiente. Queste lavoratrici e questi lavoratori vanno garantiti. Nei giorni scorsi gli assembramenti e le file davanti ai supermercati rischiavano di determinare un'emergenza ulteriore. Se si rende necessario diluire l'acceso per evitare assembramenti e riconsiderare gli orari di apertura, occorre immaginare una differente organizzazione del lavoro. Magari l'assunzione di ulteriore personale, sostenendo le aziende con la decontribuzione totale. Sono scelte complicate ma noi siamo chiamati proprio a questo. Le risorse e le misure già presenti nel Decreto Cura Italia per la filiera alimentare andranno assolutamente rafforzati».
Il made in Italy agroalimentare rischia di perdere forti quote sui mercati internazionali. Basterà la sola domanda interna?
«No. Ogni scelta fatta adesso deciderà del futuro di questa filiera come del sistema-paese. Non dobbiamo dimenticare che la chiusura di ristoranti, bar, agriturismi ha determinato un vulnus rilevantissimo. La domanda interna non è in ogni caso sufficiente. Lo dicono le performances registrate nel 2019, con un record del fatturato all'estero di circa 45miliardi di euro, e una crescita del 5,3% rispetto al 2018. L'export per il nostro alimentare è determinante. Appena passata l'emergenza bisognerà lavorare per rafforzare il nostro posizionamento. Intanto abbiamo fatto di tutto per garantire la circolazione dei prodotti in Europa e continueremo a vigilare».