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Bellanova: "Qualità, giovani, innovazione: ecco l'agricoltura del futuro"

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Intervista di Enrico Mirani, "Giornale di Brescia", 10 gennaio 2020.

«L'agricoltura deve tornare centrale nell'agenda politica italiana, parlando dei suoi problemi, ma soprattutto della sua importanza e delle sue eccellenze. Ne abbiamo tantissime, basta pensare al territorio Bresciano così ricco di qualità. Dobbiamo trasmettere fiducia alle imprese, ai consumatori, ai cittadini».

Giornata bresciana ieri per la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova. Accompagnata dal presidente nazionale della Coldiretti, Ettore Prandini, ha visitato alcune aziende, in particolare la cooperativa Gardalatte di Lonato. Preziosa, l'occasione, per fare il punto sulle sfide che l'agricoltura italiana ha davanti.

Ministra, che prospettive vede?
«L'agroalimentare è il settore del futuro. Bisogna puntare sui giovani e sulle donne, che sono il più grande fenomeno di innovazione. Ai giovani si deve spiegare che in questo lavoro non ci sono soltanto la fatica e il sacrificio, ma anche la bellezza del produrre eccellenze. Certo, è fondamentale la sostenibilità economica, la garanzia del reddito».

Cosa fa il governo per favorire l'ingresso dei giovani?
«Nella recente legge di bilancio abbiamo inserito diversi provvedimenti. Ad esempio, la possibilità, per chi ha meno di 40 anni e vuole cominciare l'attività in agricoltura, di non pagare i contributi previdenziali nei primi due anni. Ci sono mutui a tasso zero per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile. Nel 2020 faremo dei bandi giovani per assegnare aree montane di proprietà pubblica e per sostenere l'acquisizione di aziende agricole in pianura con interessi bancari moderati dall'intervento dell'Ismea».

Sull'agro alimentare di qualità pesano i dazi Usa. Per altro, questa misura ha fatto crescere del 30% la vendita dei prodotti di imitazione Italian sounding.
«Dobbiamo lavorare insieme all'Europa perché le nostre produzioni non vengano ulteriormente penalizzate. Bisogna agire sul presidente Trump, ma anche sui cittadini americani con una campagna di informazione mirata. I consumatori devono capire che sono loro a pagare il prezzo più alto dei dazi, perché sono privati di prodotti di alta qualità al prezzo giusto. Devono ricorrere alle contraffazioni».

Il tema dei finti marchi italiani è un'altra emergenza. Come pensa di affrontarla il governo?
«L'export dell'agroalimentare italiano vale 42 miliardi l'anno. Con le nostre politiche stiamo spingendo perché arrivi a 50 miliardi. Ma l'Italia e l'Europa devono fare di più per contrastare la contraffazione. Nel mondo si vendono prodotti spacciati come italiani per 100 miliardi di euro. Bisogna far capire ai consumatori che dietro il risparmio ci sono la concorrenza sleale, lo sfruttamento dei lavoratori, nessuna garanzia di buona coltivazione o di benessere nell'allevamento degli animali. Il governo, nella legge di bilancio, ha stanziato i fondi per una campagna informativa in tal senso in Italia e all'estero».

Cosa può fare la grande distribuzione?
«La sua collaborazione è decisiva. Faccio un appello: non si possono mettere sullo stesso scaffale i prodotti Dop e le imitazioni. Si devono valorizzare i nostri alimenti di qualità. Come governo intendiamo far approvare rapidamente le norme europee contro le aste a doppio ribasso e contro la concorrenza sleale».

Sul tema delle etichettature e della tracciabilità cosa intendete fare?
«Una battaglia senza limiti in Europa, perché ai consumatori arrivi una informazione corretta e non semplificata. Diciamo no all'etichetta "semaforo", la nutri-score, che si limita a dire quanti grassi, sale o zucchero ci sono in un alimento. Vogliamo una etichetta che renda invece chiara la provenienza per singoli Stati membri dell'Unione, le quantità delle materie e i contenuti nutritivi. La dieta mediterranea è riconosciuta dall'Unesco, fa bene al gusto e alla salute. Difenderemo i nostri prodotti. Abbiamo già dato un messaggio chiaro su questo e altri temi all'Europa, dove l'Italia è stata troppo assente in passato».

A proposito di Europa, cosa può dire sulla Politica Agricola Comune?
«Difenderemo i fondi per le nostre imprese. No a tagli. Vorrei dire ancora una cosa sulla qualità. Il governo italiano deve fare squadra con le imprese perché si investa e si innovi, puntando sempre di più su di essa, cercando di conquistare i mercati che si possono permettere il made in Italy».

Una delle richieste del mondo agricolo allo Stato è di avere meno burocrazia.
«Ha ragione. Le imprese ci chiedono più spesso questo, che i soldi. Il Ministero ha attivato un tavolo con le rappresentanze degli agricoltori per semplificare le procedure. Avolte basta poco per rendere più facile la vita delle aziende. In febbraio, invece, istituiremo un altro organismo importante».

Quale?
«La Consulta contro i cambiamenti climatici. Ci saranno allevatori, coltivatori, trasformatori, distributori, grandi enti di ricerca. In Italia l'agricoltura viene talvolta assimilata ai fattori che creano problemi. Invece è vero il contrario. Se ritorniamo alla buona agricoltura e alle buone pratiche di coltivazione, utilizzando sempre più gli strumenti di innovazione tecnologica che la ricerca ci mette a disposizione, l'agricoltura può essere una parte importante della soluzione al problema dei cambiamenti climatici. Bisogna favorire il ripopolamento delle montagne, facilitare l'accesso alla terra».