Intervista di Gianluca Coviello, "l'Edicola del Sud", 28 luglio 2022
Teresa Bellanova, viceministra delle infrastrutture e della mobilità sostenibili nel governo Draghi, non ebbe dubbi nel seguire Matteo Renzi fuori dal Pd. È tra le fondatrici di Italia Viva. Per lei e per la nuova formazione politica le prossime elezioni saranno il banco di prova più importante. Anche nella sua Puglia.
Viceministra, senza alleanze per tutti i partiti diventa difficile vincere nei collegi uninominali. Andare da soli è l`unica strada possibile comunque?
«In questi giorni ho invitato a lavorare fino all'ultimo momento utile per cementare l`unione di chi al Senato ha detto senza esitare sì a Draghi: si perde o si vince per un solo voto. Allo stesso tempo non esito: abbiamo idee, coraggio, fierezza, determinazione e passione sufficienti per una campagna elettorale anche in coerente solitudine, senza elemosinare strapuntini. Nessuna paura ad andare da soli. I nostri obiettivi sono chiari. Quelli di chi in questi diciotto mesi ha sempre sostenuto senza esitazione il lavoro del presidente Draghi: mettere in sicurezza il Pnrr, accelerando e semplificandone l'attuazione, confermando l'intreccio irreversibile investimenti-riforme; impedire all'Italia una deriva sovranista e populista con intrecci pericolosissimi a livello internazionale i cui contraccolpi potrebbero essere devastanti; rispondere all'emergenza lavoro spostando l'asse dall'assistenzialismo alle politiche attive per mantenere fede al patto di genere e intergenerazionale che il Pnrr sigla; mantenere ben saldo l'asse europeista e atlantista del nostro Paese; dire con chiarezza come rispondere su crisi energetica, inflazione, salari, fisco. Punti inderogabili. Non ho in mente belle citazioni ma la carne viva del Paese. Chi vuole discuterne sa dove siamo».
Da parte del Pd sembra sopravvivere un veto nei confronti di Matteo Renzi. Al di là delle questioni personali, a livello strettamente programmatico, quanta distanza c'è oggi tra Italia Viva e i democratici?
«Per vincere servono i voti ma le intese non si reggono solo sui seggi: mi auguro che tutti lo abbiano ben presente. A livello programmatico ricordo che passaggi decisivi come la Riforma del Terzo settore, il Reddito di inclusione, Industria 4.0, le unioni civili, il Decreto Mezzogiorno che sanciva la centralità del Sud per il Paese, perfino le Zes che oggi finalmente abbiamo sbloccato e dotato di risorse, sono tutti tasselli della straordinaria stagione riformatrice del Governo Renzi dove sedevano convinti ministri Pd, in parte poi presenti nel Conte due e nel governo Draghi. E che persino un tema come il salario minimo era già contemplato nel programma elettorale 2018 del Pd, Renzi segretario. Mi chiedo come mai finora, se era così essenziale, sia rimasto lettera morta».
Cosa risponde a chi vi accusa che sui temi dal lavoro all'economia soprattutto vi siete spostati troppo a destra?
«Non rispondo alle provocazioni. Voler saldare inclusione sociale e politiche attive è di destra? Aver varato Industria 4.0 per rilanciare le dorsali produttive costruendo le condizioni per nuova occupazione a tempo indeterminato è di destra? Avere prima e meglio degli altri intuito che sul tema delle migrazioni bisognasse rafforzare le relazioni diplomatiche ed economiche con un continente sterminato come l'Africa è di destra? È di destra aver sostenuto la realizzazione del Tap per la diversificazione energetica a difesa dell'interesse nazionale? È di destra difendere il lavoro, voler creare le condizioni per ampliare la base produttiva e aprire il mercato del lavoro alle nuove generazioni e alle donne, sostenere le famiglie con il Family Act?».
Intorno a Carlo Calenda si stanno ritrovando i fuori usciti di Forza Italia, a cominciare da Gelmini e Brunetta. Si sentirebbe in imbarazzo, vista la sua storia politica e sindacale, qualora riusciste a chiudere una intesa con "Azione"?
«Proprio quella storia mi porta a dire, invece di alzare muri o fare spallucce, che dai tavoli ci si alza solo dopo aver raggiunto la migliore delle intese. Nessun imbarazzo se la discussione è nel merito e il risultato migliora le condizioni del Paese e la qualità della vita delle persone».
Italia Viva è stata la prima forza politica a puntare su Mario Draghi. È da escludere il fatto che, dopo le elezioni, si riparta proprio dall'ex numero uno della Bce?
«Lo capiremo il 26 settembre. Oggi so con certezza che Mario Draghi ha svolto un lavoro straordinario di cui gli siamo grati e di cui eravamo certi. Sì, siamo stati la prima e all'inizio l'unica forza politica a puntare su di lui. Avevamo visto giusto, anche a costo di dimetterci, e di questo siamo enormemente fieri».
Come valuta le scelte di Antonio Decaro e Michele Emiliano a restare (al momento) in Puglia?
«Ne ho letto solo sulla stampa, non ho elementi per una valutazione che coinvolge i singoli e i rispettivi campi di appartenenza. Sotto il profilo istituzionale la ritengo una scelta saggia: il governo delle istituzioni e i cittadini hanno bisogno di certezze».