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Bellanova: “Scriviamo in Costituzione anche il diritto al cibo”

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La proposta della ministra delle Politiche agricole e alimentari, Avvenire, 5 aprile 2020

Caro direttore, prendersi cura. Di chi è malato. Di chi ha fame. Oggi più che mai il compito dello Stato è questo. Ho più volte asserito che a una situazione straordinaria devono corrispondere misure serie e straordinarie. Non è uno spot ma reale consapevolezza che muove da un dato oggettivo. Ci troviamo ad affrontare una prospettiva del tutto nuova, alla quale dobbiamo far fronte con rapidità. E che dobbiamo essere capaci di assumere per intero.

All’emergenza sanitaria che ha investito il nostro Paese, si aggiunge in queste settimane l’emergenza alimentare. Il blocco delle attività adottato come misura necessaria per arginare i contagi sta di fatto incidendo pesantemente sulla vita di tante famiglie italiane, con pesanti effetti economici e sociali. Alla platea delle persone in difficoltà censite sui registri dei servizi sociali oggi se ne aggiungono altre, nuove e mai censite. Alle quali abbiamo il dovere di dare un sostegno concreto nel segno dell’empatia e, mai, della perdita di dignità. Con soluzioni concrete, immediate, rigorose, dignitose. E al tempo stesso con uno sguardo lungo che fa tesoro dell’esperienza: il diritto al cibo in Costituzione. Diritto inalienabile.

Per fare fronte a quella che rischia di essere una vera e propria emergenza nell’emergenza, ci siamo attivati immediatamente, prevedendo 50 milioni di euro inseriti nel decreto Cura Italia. Abbiamo già firmato il decreto per utilizzarli presto e bene, intervenendo anche per evitare gli sprechi alimentari. Altri 6 milioni di euro li abbiamo finalizzati all’acquisto di latte. Per salvarlo dallo spreco e destinarlo a chi ne ha bisogno. E abbiamo stanziato con un decreto 400 milioni da distribuire come "buoni spesa". Sono questi i primi passi mossi nel tunnel dell’emergenza. Nessuno può e deve immaginarli come soluzione definitiva del problema che invece - lo ripeto - va assunto per intero e per tutta la sua complessità su un tavolo nazionale.

Alla decisione di demandare ai Comuni un primo segnale di attenzione verso i cittadini per rispondere a questo crescente disagio, deve seguire la presa in carico del problema su un tavolo necessariamente più ampio. Non certo per mancanza di fiducia nei confronti degli enti locali che stanno svolgendo un lavoro straordinario ma per evitare che su di essi si scarichi più di quanto non siano in grado oggi di sostenere e che gli interventi possano risultare frammentati e disomogenei nei diversi territori.

In questi giorni ho più volte suggerito di attrezzare un coordinamento presso la Protezione civile. Non è un capriccio. Occorre progettare e programmare una strategia di risposte integrate. Così come è necessaria una mappatura puntuale dei territori e quotidianamente aggiornata ai fabbisogni. Avendo ben presente anche nel riparto delle risorse o degli aiuti prossimi e futuri che ogni territorio ha una sua specificità economica e sociale. E gli interventi più sostanziali non possono non essere più consistenti laddove i redditi delle famiglie sono tragicamente crollati.

Mettere in stretta connessione la filiera della solidarietà e del welfare, quella dell’agroalimentare, della distribuzione e quella Istituzionale. È ciò che l’emergenza richiede. Una filiera della vita che assume l’impegno di avere cura di tutti, senza lasciare indietro nessuno. Una filiera della vita che faccia i conti non con l’esplosione di un bisogno sempre più crescente ma con la prevenzione dello stesso. Il diritto al cibo per tutti, sano e di qualità, deve essere punto prioritario nell’agenda di governo. Talmente importante che appena usciti da questa situazione, a mio parere, non potremo più rinviare una riflessione seria e collettiva per metterlo a valore anche nella nostra Costituzione. Sì, proprio là, accanto al lavoro e alla salute, vicino di banco del sacrosanto diritto all’esser trattati con senso di umanità, non può mancare il diritto al cibo per tutti.

Viviamo giorni in cui la speranza è chiamata a fare i conti con numeri che portano dolore. Siamo pronti a ripetere a noi stessi e a coloro che amiamo che andrà tutto bene. Dico di più. Andrà tutto bene se ognuno di noi sarà pronto ad assumere sulle sue spalle il peso sorretto da gambe più fragili. Che non sono solo gli adulti in stato di bisogno, ma anche i bambini che non hanno cibo, come avvertono i numeri drammatici della Fao e dell’Unicef. Andrà tutto bene se avremo la capacità di guardare anche nell’emergenza al dopo, a come costruiamo il domani, programmando sì la ripresa economica e sociale del nostro Paese per non farci trovare impreparati, ma senza dimenticare o tralasciare o, peggio, mettere tra parentesi, quel che abbiamo imparato da queste drammatiche settimane.