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Bellanova: "La mia dura battaglia per fermare la Xylella"

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Bellanova: «La mia dura battaglia per fermare la Xylella»
di Marco Mangano, Gazzetta del Mezzogiorno 5 ottobre 2019

 

 

«Non credo si possa negare qualcosa che è sotto gli occhi di tutti». Teresa Bellanova (Italia Viva), ministro delle Politiche agricole, nata sessantuno anni fa a Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, non usa mezzi termini per far comprendere la sua posizione sulla Xylella fastidiosa, la batteriosi che devasta gli uliveti di gran parte del Salento.

Ministro, sulla patologia si volta pagina?
«È quello che ho detto nell'incontro di coordinamento che abbiamo tenuto al ministero a pochi giorni dal mio insediamento. Una delle prime iniziative che ho voluto assumere per lanciare un segnale esplicito: alle nostre spalle ci sono le polemiche, noi dobbiamo mettere mano al Piano di rigenerazione del paesaggio agricolo salentino e pugliese ed essere nella condizione di spendere in modo proficuo le risorse da gennaio. Non possiamo permetterci il lusso di sprecare altro tempo, di non contenere in tutti i modi l'avanzare della batterlesi, di tutelare, come è sacrosanto, il reddito delle imprese. Abbiamo condiviso un ordine di priorità chiaro: acceleriamo sugli investimenti per rilanciare le aree colpite, assicuriamo serietà nel contenimento, garantiamo massima disponibilità su tutti gli aspetti e nell'interlocuzione costante con Bruxelles».

Scendendo nello specifico?
«Partirei da alcune parole chiave: ricerca, campi di sperimentazione a cielo aperto, sostegno alla filiera. Serve una progettazione territoriale, si deve guardare ai prossimi dieci anni e rilanciare L'agricoltura salentina che non è solo Xylella. Abbiamo i fondi: dobbiamo spenderli al meglio per i reimpianti degli ulivi e per gli investimenti in ricerca e diversificazione del reddito agricolo. E lavoriamo anche per superare alcuni ostacoli all'impianto che bloccano le imprese».

Cosa pensa dei negazionisti?
«Ho un metodo e non intendo derogare: parlare delle cose da fare. Non penso sia possibile negare ciò che i sotto gli occhi di tutti. Anche così si è alimentato, in modo il procedere della batteriosi. Abbiamo una letteratura scientifica di cui siamo obbligati a tenere conto: non farlo sarebbe un suicidio. Se non sbaglio, andava proprio in questa direzione l'intervista (a Purcell. ndr) di oggi (ieri per chi legge, ndr) sella Gazzetta. La scienza, la ricerca e l'innovazione, devono essere nostre preziosissime, insostituibili alleate. Ripeto. se vogliamo davvero garantire serio contenimento, sostegno all'olivicoltura, rigenerazione del paesaggio, bisogna voltare pagina Stiamo iniziando a farlo».

Lei è pugliese, è sempre stata in prima linea nella difesa dei braccianti. II suo nemico acerrimo è sempre stato il caporalato. Pensa che la legge contro questo malcostume sia efficace?

«Non è malcostume, è criminalità. Una criminalità perversa che lega a se i lavoratori e le lavoratrici come anche gli agricoltori. Se vogliamo sconfiggerla. dobbiamo essere capaci di coglierla nella sua complessità, altrimenti non ci riusciremo. E mia battaglia soprattutto culturale: il primo mito da sfatare è che il caporalato sia un relitto di tempi remoti. Non è così: è una dinamica economica della modernità. La norma che abbiamo approvato con il governo Renzi nel 2016 è eccellente, considerata best practice a livello internazionale. È una norma costruita per contrastare sfruttamento e riduzione in schiavitù, difendere il lavoro e l'impresa di qualità in agricoltura spesso messa sotto scacco dalla concorrenza sleale e dal dumping».

Alcuni ritengono che la legge, in certi casi, si riveli un po' troppo severa. Sarà il caso di metter mano?
«Francamente non ho questa impressione. Deve essere applicata integralmente, questo sì. Non solo nella parte repressiva. per cui sta dando risultati rilevanti. ma in quella legata alla prevenzione e alla rete del lavoro agricolo di qualità. Va spezzata il legame malato e illegale tra caporali e imprese e tra caporali e lavoratori. Non è quello il luogo dell'intermediazione sana e trasparente del lavoro. L'incrocio tra domanda e offerta va garantito in altro modo e ci stiamo lavorando. E va smontato, subito e dovunque, t'asservimento dei lavoratori sul versante dei servizi, trasporti e ospitalità. Uno sforzo enorme che vogliamo compiere insieme alle aziende, alle organizzazioni di rappresentanza. all'intera filiera: produzione, trasformazione, distribuzione. commercializzazione. Le aste al doppio ribasso sono caporalato in giacca e cravatta. Se il consumatore paga un prodotto meno del suo costo di produzione, dobbiamo sapere che da qualche parte quel costo qualcuno lo sta pagando. Spesso a rischio della vita. Per questo l'alleanza con i consumatori è indispensabile. Il nostro motto è buona agricoltura, buon cibo, La consapevolezza è essenziale. Stiamo condividendo coni ministri Catalfo e Lamorgese un'azione ampia per poter intervenire su tutti gli aspetti del problema. Sono fiduciosa».

Alcuni produttori obiettano che, però, non esista un organismo in grado di reperire manodopera in tempi molto celeri, tosi come impone l'agricoltura.
«Domanda e offerta devono incontrarsi. ma su tana piattaforma trasparente. Le imprese devono poter trovare lavoratori, anche nell'arco di 21 ore, senza ricorrere ai caporali È un obiettivo irrinunciabile».

Ultima domanda: i dazi minacciati da Trump. Le associazioni stimano perdite notevolissime. Lei ha scritto al presidente Giuseppe Conte e al ministro Di Maio per un'azione congiunta del governo.
«Non solo. Ieri (giovedì per chi legge, ndr) ho scritto anche al commissario Hogan. Serve un Fondo europeo per azzerare l'effetto dei dazi, Mettere a rischio i nostri prodotti, che sono l'identità dei nostri territori, è inaccettabile. Ora è il momento della diplomazia, bisogna trovare un accordo con l'amministrazione Trump perché questa guerra la pagheranno solo cittadini e imprese. E anche i consumatori americani poiché dovunque nel mondo il made in Italy significa buona agricoltura, buon cibo. Cibo che fa bene. La diplomazia é importante, ma non sufficiente. Per l'Europa credo sia arrivato il momento di anticipare i rischi perché non si può intervenire con armi di ritardo, Quando magari le aziende chiudono. Ecco allora la necessità di un fondo "Azzera dazi". E l'obbligo di valutare ogni azione necessaria in tema di restituzioni all'esportazione».